ATTO V

 

Scena I

STROBILO, LICONIDE,

 

STROBILO   (uscendo da casa di Megadoro, senza vedere Liconide) Che gioia! Ho una pentola piena d’oro! Esiste un uomo più ricco e più felice di me? (vede Liconide) Oh, ma quello è il mio padroncino! Ora gli dico del mio tesoro, così potrò chiedergli di concedermi la libertà.

 

LICONIDE    (a parte) Ecco Strobilo, forse è riuscito ad incontrarsi con la balia di Fedria e ha saputo qualcosa… (a Strobilo) Strobilo, dov’eri finito?

 

STROBILO   Ho trovato una fortuna! Pensa… una pentola piena d’oro!

 

LICONIDE    Davvero? Cosa mi tocca sentire!

 

STROBILO   (trionfante) L’ho rubata ad Euclione, l’avaro che abita qui accanto.

 

LICONIDE    E ora dov’è quest’oro?

 

STROBILO   Nel baule della mia camera. Ora che sono ricco, voglio liberarmi.

 

LICONIDE    Libero tu? Un ladro come te?

 

STROBILO   Per Ercole! Ti ho messo alla prova… era solo uno scherzo… volevo vedere cosa avresti fatto… No, non ho trovato niente!

 

LICONIDE    Non prendermi in giro e dammi l’oro.

 

STROBILO   Perché mai dovrei darti il mio tesoro?

 

LICONIDE    Per restituirlo al proprietario!

 

STROBILO   Ma di quale oro parli? Dove lo prendo?

 

LICONIDE    Nel baule, me lo hai detto tu!

 

STROBILO   Ma io ho inventato tutto…

 

LICONIDE    Bugiardo!

 

STROBILO   Non te lo darò mai!


Atto V - Scena II

LICONIDE, STROBILO, PRESENTATORE, EUCLIONE

 

La commedia si interrompe per un momento e compare in palcoscenico il presentatore

 

PRESENTATORE                               Il finale della commedia di Plauto è purtroppo andato perduto, ma da un’unica frase ritrovata, è stato così ricostruito… (s’inchina e se ne va)

 

Liconide e Strobilo litigano urlando, nel frattempo esce Euclione correndo

 

EUCLIONE   Che succede?

 

LICONIDE    (ad Euclione, indicando Strobilo) è lui il ladro della tua pentola!

 

EUCLIONE   Cosa? (A Strobilo) Delinquente! Ridammela!

 

STROBILO   Ma io non l’ho rubata, l’ho trovata sotto terra. Chi mi dice che è tua?

 

EUCLIONE   Che faccia tosta! Mi spezzi il cuore! Era l’unica gioia della mia vita…(s’inginocchia) ti prego, ridammela!

 

STROBILO   No, non te la do.

 

LICONIDE    (a Strobilo) Senti, facciamo un patto: se tu restituisci la pentola a Euclione, io ti concedo la libertà. Accetti?

 

STROBILO   (pensieroso) Be’, quasi quasi mi conviene. (A Liconide) Accetto! (stringendo la mano a Liconide) Sarò presto di ritorno, vado a prendere la pentola (Esce)

 


Atto V - Scena III

EUCLIONE, liconide, FEDRIA

 

EUCLIONE   (abbracciando Liconide) Mio salvatore, ti sarò grato per l’eternità, tu mi hai ridato la vita!

 

LICONIDE    Ora che tutto si è risolto per il meglio, posso sposare Fedria?

 

EUCLIONE   Certo, certo… sono felicissimo di acconsentire alle nozze (voltandosi verso casa e urlando) Fedria! Fedria!

 

 

Fedria esce correndo di casa vestita da sposa. La seguono le flautiste, suonando.

 

FEDRIA        Dimmi padre, cosa succede?

 

EUCLIONE   è lui che ami?

 

FEDRIA        Sì, lo amo più della mia stessa vita (guarda Liconide sorridendo)

 

EUCLIONE   Bene, anzi benissimo! Ti permetto di sposarlo e che gli dèi vi assistano.

 

Mentre i due giovani si abbracciano felici, entra Strobilo con la pentola in mano e la porge a Euclione.


Atto V - Scena IV

EUCLIONE, FEDRIA, LICONIDE, STROBILO, PENTOLA

 

 

EUCLIONE      (bacia la pentola commosso) Amore mio, finalmente ti rivedo!

 

PENTOLA       Sono di nuovo nelle sue manacce! Povera me!

 

Euclione per la prima volta appare molto riflessivo e serio.

 

EUCLIONE      (al pubblico) Questa pentola è stata fino ad oggi la mia più grande preoccupazione. L’ho tenuta nascosta per tanto tempo, ho vegliato su di lei intere notti, ma ormai sono troppo vecchio per sopportare tanti affanni. (a Fedria) Figlia mia, ti do in dote il mio tesoro! Godetevelo e siate felici!

 

FEDRIA           Grazie, padre! (lo abbraccia commossa)

 

EUCLIONE      (al pubblico) Finalmente stanotte dormirò senza pensieri!

 

 

 

FINE

 



GERIONE: per gli antichi Greci era un essere dotato di tre corpi uniti per il ventre.

DIO SILVANO: i Romani lo consideravano il dio dei boschi e della campagna, protettore dei campi e dei greggi.

DEA FORTUNA: antica divinità romana, veniva rappresentata con in mano un timone e un globo simbolo del cambiamento delle cose umane legate al caso e alla fortuna

DEA FEDE: antica divinità romana, rappresentava la fede stessa. I romani usavano festeggiarla il I ottobre, presso il tempio di Giove.

 

 

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