CALOPEZZATI
LE ORIGINI ED IL PERIODO FEDUALE
Origini che prolungano la sua storia oltre
i tempi della civilizzazione bizantina non sembrano ipotizzabili.
Calopezzati dovette evolversi come borgo feudale da un nucleo di
gente aggregatasi al monastero di S. Nicola che monaci greci
fondarono alle pendici del colle dove sorge oggi il paese,
presumibilmente nella prima meta del sec. Xl.
Non era insolito durante il periodo di
massima penetrazione bizantina in Calabria che monasteri
presiedessero alla formazione di centri abitati. Monaci dell'ondata
migratoria seguita alle persecuzioni iconoclaste, sbarcati in massa
in terra ormai amica,
non ebbero piu bisogno di nascondersi. Dove gia esistevano laure o
grotte di confratelli anacoreti della prima ora, essi fondarono i
loro monasteri chiamando coloni e braccianti per coltivare la terra.
Questa richiesta di mano d'opera, inizialmente soddisfatta dai paesi
vicini, finiva col determinare un afflusso spontaneo di gente che si
stabiliva nei pressi del monastero che appariva sempre come il
miglior garante di una generale sicurezza.
La laura di Giardinello, espressione pura
del periodo anacoretico, ed il ritrovamento in zona di due nuclei di
ruderi, uno nell'area che conserva il nome di S. Nicola col reperto
di un frontale di chiesa, l'altro piu a valle, con un intrigo di
antiche fondazioni su un terrapieno detto Mulinello, consentono
ipotesi attendibili su dove il monastero dovette sorgere. Un'area
riparata, alle pendici della collina, che la parola Calopezzati
riassume nei radicali del toponimo, fedele traslitterazione di una
forma greca entrata nell'uso comune, certamente nel periodo romaico
o neo ellenico, con temi puri del dialetto attico parlato nell'Asia
minore, da dove i monaci erano sbarcati, quelli delle belle
(sicure!) pendici.
Ma la sicurezza del luogo non evito che i
monaci, atterriti, riprendessero a fuggire quando la furia
mussulmana si abbatte sulle coste joniche, travolgendo come nella
battaglia di Gerace anche l'esercito regolare bizantino. Il
monastero, abbandonato, dopo meno di un secolo e mezzo, venne
riaperto dalla intelligente politica normanna. Nel 1285 esso fu
aggregato al Patire di Rossano, ma dopo non se ne seppe piu nulla.
La conferma di Clemente IV al diploma di assegnazione
dell'arcivescovo di Rossano Angelo a Paolo Mezzabarba abate del
Patire e il documento piu antico della storia di Calopezzati la cui
giusta lettura riporta nei suoi limiti il controverso capitolo delle
Origini. Quei coloni intanto, ai quali si era aggregata altra gente
devota, anche bizantini profughi di Costantinopoli, privi ormai di
protezione, per meglio prevedere ed affrontare i pericoli che
potevano venire dal mare, si trasferirono sulla collina, avviando
quel processo di aggregazione sociale e organizzazione difensiva che
doveva portare in breve Calopezzati ad essere uno dei centri piu
sicuri ed ambiti. Nella parte alta si costrui la Rocca, primitivo
baluardo, che col tempo ed in ragione di una sempre maggiore
differenziazione delle strategie di difesa, si trasformera in un
Forte a pianta quadrangolare che i Normanni prima e gli Angioini
dopo fortificheranno con i loro rispettivi sistemi. La piu avanzata
tecnica delle fortificazioni degli Svevi portera nel XIII sec. alla
costruzione del Castello e delle mura di cinta con i bastioni lato
mare che daranno al borgo le caratteristiche strategiche che
resteranno inalterate per tutto il periodo feudale.
Una sequenza storicamente provata delle
intestazioni feudali inizia con i Caputo: da Gualterello a Giovanni,
quindi a Nita sua figlia che sposa Galgano La Marra. Da questi,
senza figli, il feudo passa a Covella Ruffo contessa di Altomonte
per successione al primo marito Jacopuzzo della Marra (o La Marra!),
che gia prima del matrimonio era Signore di 'Riuolo e Collepezzato'
perchè probabile erede di Nita e Galgano. Con Covella Ruffo il
feudo passa ai Sanseverino (1447) per successione del figlio Antonio
nato dal suo secondo matrimonio con Ruggero Sanseverino conte di
Tricarico. Salvo sospensioni temporanee conseguenti alla congiura
dei Baroni a favore degli Abenante e dei Crispano, i Sanseverino lo
tennero fino al 1570. Seguirono gli Spinelli di Tarsia e quindi i
Mandatoriccio che lo acquistarono nel 1598. Da questi per
successione passo ai Sambiase nel 1698 che ne furono gli ultimi
intestatari. I Sambiase elessero Calopezzati a loro dimora e da
questa presenza il paese ormai Università pote ricevere i segni
della loro cultura e del loro prestigio. Oltre che Signori di
Calopezzati essi furono Principi di Campana, Duchi di Crosia e Conti
di Bocchigliero. Felice Nicola Sambiase fu Grande di Spagna,
privilegio che gli consentiva di sedere accanto al Re nel Seggio
napoletano di Porta Nuova.
IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO
Il Castello- Fu trasformato
da Forte in Castello vero e proprio nel Xll sec. Benchè sottoposto
a rimaneggiamenti plurimi, sia per le mutate strategie difensive che
per il processo di evoluzione architettonica che i vari feudatari
favorirono nel volerlo oltre che come fortezza anche come
prestigiosa dimora, ha mantenuto inalterati i segni che
caratterizzarono la sua architettura, come la severa volumetria e le
quattro torri appena sporgenti sul corpo quadrangolare di base,
propri della castellologia Sveva. Ancora esistente ed integro, il
primitivo accesso sulla facciata di Nord-est, con la bellissima
scala a torre e relativo passaggio mobile, sintetizza tutta la
essenzialita' dell'architettura medioevale. Nel 500 si ridussero i
corpi in altezza, si merlarono le torri, si spostò l'accesso di
fronte al borgo, modificando il fossato. Nel 700 i Sambiase gli
diedero l'impronta del secolo, adeguandone le funzioni abitative e
arricchendolo di raffinati episodi scultorei e decorativi. Degni di
nota la bifora quattrocentesca collocata in una delle finestre del
Salone sul cortile interno, la biblioteca di raffinata fattura tardo
barocca, alcuni soffitti, camini monumentali, un cancelletto di
ferro battuto al termine dello scalone, di delicata lavorazione. È
uno dei castelli più suggestivi di Calabria per l'ottimo stato di
conservazione che gli attuali proprietari hanno assicurato con
accurato restauro eseguito alla fine degli anni trenta.
La Chiesa dell'Addolorata- È
annessa al Castello, ma merita una menzione a parte perchè bene di
alto valore culturale ed artistico. Poco si sa della sua origine, ma
furono certamente i Sambiase a darle grande dignita', aprendo
l'attuale portale sulla piazza, erigendo il campanile e soprattutto
arredandola. Vittoria Sambiase Piccolomini d'Aragona avendovi
seppellito il marito Alfonso e la figlia Anna Maria la fece
ulteriormente abbellire.
La pala d'altare, edicolata a tutta parete, riccamente intagliata in
legno patinato d'oro, opera di maestri intagliatori e stuccatori di
scuola napoletana, resta uno degli esempi più puri dell'arte Rococò
in Calabria. Le pregevolissime statue lignee, presumibilmente della
stessa epoca, di cui la chiesa fu dotata, vennero trasferite
successivamente al castello.
Il Convento dei Riformati -
È la seconda emergenza architettonica del paese. Fu costruito su
progetto di tale Joannes Campitellus dal Principe Bartolomeo
Sambiase che lo volle, nonostante l'avversa istruttoria apostolica,
come espressione del suo prestigio. Clemente XI, personalmente
sollecitato, ne autorizzò l'apertura nel 1702. Ne furono
assegnatari i frati minori di S. Francesco d'Assisi (Riformati). Fu
soppresso dalle leggi napoleoniche e aggregato come bene
all'Ospedale S. Giovanni di Dio di Rossano, per passare alla
proprieta privata quando con pubbliche aste lo Stato italiano nel
1866 liquidò definitivamente i beni della Chiesa. La sua breve vita
ecclesiale, appena un secolo, risentì della crisi in cui versavano
la Chiesa ed i monasteri. L'ultimo atto della sua storia appartiene
più alla vita civile e politica del paese che a quella religiosa:
dal convento dei Riformati si organizzò l'ultima resistenza contro
le truppe francesi capeggiata dal frate Vincenzo Aversa e dalla
rivoltosa popolana M. Rosa Boccuti che si concluse con la esecuzione
di entrambi dopo processo sommario.
Gli attacchi dell'artiglieria francese, il terremoto e gli incendi
lo avevano reso rudere, ma un restauro meticoloso durato quasi tre
anni lo riportò alla sua primitiva bellezza.
Dal punto di vista costruttivo esso aderisce al prototipo del
monastero benedettino adottato dalla maggior parte degli ordini
monastici per i loro conventi. Il prospetto sul piazzale grande
difronte al paese è costituito dalla chiesa ad aula rettangolare a
navata unica che ricompone le teste dei due corpi del convento al
quale si accede con porta ad arco dal corpo di destra, mentre su
quello di sinistra e ancora visibile l'accesso alle sacrestie. La
facciata della chiesa, ispirata al primo Seicento meridionale, è di
composta eleganza pur nella povertà degli elementi decorativi dove
il cotto e le pietre mirabilmente si fondono. Essa risulta come
alleggerita da un doppio ordine di lesene sui lati e dal sovrapporsi
di trabeazioni decorative in cotto a rilievo superiormente. Il
portale, delimitato da sottili mattoni sporgenti e sormontato da un
delicato e proporzionato rosone tribolo.
Il chiostro rappresenta un elemento stilistico pregevole,
significativo di quell'arte povera calabrese manifestatasi fino a
Seicento inoltrato con proiezioni del secolo precedente ed ancora
lontane da ogni influenza barocca.
Il portico con volte a crociera delimita la platea di raccolta delle
acque provenienti dall'impluvio su cui emerge l'imbocco della
cisterna. Esso è innestato su dodici pilastri con pianta a croce
grecaportanti archi a sesto leggermente ribassato, con doppia
cornice di tipica struttura rinascimentale. I capitelli appena
accennati per fuoriuscita di cotti piu sottili, conferiscono una
inaspettata mistica leggerezza alle proporzioni pur tanto compatte
dell'impianto cui il baggiolo di raccordo tra le basi dei pilastri dà
il giusto collegamento terreno.
Madonna con Rosario insieme a S.
Domenico e S. Caterina- Bene di interesse artistico e
culturale. Dipinto con olio su tela, 80x120, raffigurante la Madonna
del Rosario col bambino tra i SS. Domenico e Caterina sovrastanti
alcune anime del purgatorio. Quindici medaglioni raffiguranti scene
relativi ai misteri ne incorniciano le figure.
II noto dipinto di scuola napoletana del tardo Seicento (bottega del
Solimena!) occupa la pala d'altare della cappella del Rosario nella
Chiesa Parrocchiale.
Fonte Battesimale della Chiesa
Parrocchiale- Si trova nella navata di sinistra della chiesa
Madre. Scolpito in pietra presenta su un basamento colonnette
orientaleggianti che delimitano a balaustra l'area del Fonte. Lo
stemma scolpito della famiglia Sambiase consente di stabilirne
l'epoca (XVII sec.).
Rudere della Chiesa di S. Maria delle
Grazie. - Piccola Chiesa fuori le mura all'inizio della
vecchia strada mulattiera per Crosia. Nulla ancora si conosce sulle
sue origini e sulla sua storia che meriterebbe approfondite
ricerche. Degno di menzione il bel portale riferibile al XV secolo.