CENNI    STORICI

 

 

Bastida de’ Dossi contiene nel proprio nome la propria origine: la “bastia” infatti è un argine di palizzate e terra costruito a difesa di un abitato e, nella zona padana, costituisce un lembo di terra sovralzata rispetto alle circostanti terre golenali.

 

L’appellativo “De’ Dossi” viene fatto risalire ad una presunta infeudazione del sito alla nobile famiglia dei Dossi.

 

Si tratta tuttavia di un equivoco nel quale cadono gli storici locali Saglio e Goggi: non esiste infatti lo spazio temporale per tale infeudazione, stando ai documenti attualmente in nostro possesso, che presentano Bastida e Corana come domini dell’Abbazia di San Salvatore di Pavia dal 999 al 1796. E’ quindi probabile che l’appellativo “De’ Dossi” debba riferirsi alla Configurazione del Suolo, fatta di paludi e terre emerse (= dossi).

 

Il Legè, il Gabotto ed il Manfredi, fanno coincidere l’attuale Bastida con l’antica corte di Blundi che il Vescovo di Tortona cede all’imperatrice Adelaide in favore del monastero di San Salvatore di Pavia, in cambio della metà di Ovada, il 17 dicembre 999; la corte di Blundi, comprende i castelli di Gazzo ed Armentaria, dipendeva feudalmente da Corana.

 

Nel 1115 una bolla di Papa Eugenio III confermava il possesso di Blundi ai monaci di San Salvatore.

 

Questi dati trovano conferma in documenti settecenteschi, tuttora inediti, conservati nell’archivio parrocchiale, nei quali l’Abate di San Salvatore di Pavia si firma “delle terre di Corana e di Bastida dei Dossi, di nessuna diocesi e di nostra immediata giurisdizione,Ordinario e Signore”.

 

 

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