Per non dimenticare: di lavoro si muore ancora
di Raffaele Schiavone

Per non dimenticare: di lavoro si muore ancora! E' un macabro bollettino di guerra. Aumentano produttività e sfruttamento e sempre più precarie sono la sicurezza e le condizioni di lavoro. Anche questa è una guerra purtroppo ignorata dai media; meglio esorcizzarla, relegarla nel limbo delle disgrazie o delle fatalità. Ci sono tante altre notizie, avvenimenti che tengono alti gli ascolti, fanno audience, riempiono i palinsesti.

Parliamo dei morti sul lavoro, di lavoratrici e lavoratori impegnati in fabbriche del ricco nord-ovest o nord-est, come in quelle del centro o del sud. Lavoratori che muoiono nell'indifferenza quotidiana perché sfruttati, ricattati, spremuti come limoni per trarne i massimi profitti; iperflessibili, buttati negli ingranaggi di lavori svolti in condizioni che non prevedono le più elementari norme di sicurezza e di salvaguardia della loro vita. Si muore nei cantieri edili, nelle competitive fabbriche del triangolo industriale, nelle campagne, nelle piccole realtà produttive. Si muore per poche centinaia di migliaia di lire, spessissimo in nero; si muore a 14-15 anni come a 65 dopo aver lasciato il lavoro o essere stato buttato fuori a 40-50 anni tentando di arrotondare il magro bilancio familiare. Si muore perché bisogna correre, essere sempre disponibili, fuori d'ogni possibilità di reggere ritmi massacranti. Ma la competitività va avanti a tutto; l'azienda Italia non può permettersi di restare indietro. Questo sostengono i nostro governanti, padroni piccoli e grandi.

Nel triennio 1996-1998 ci sono stati rispettivamente 1294 morti, 1341, 1.123, senza parlare delle migliaia di feriti e di invalidi: in Toscana nello stesso periodo ci sono stati 182 morti, 70.000 infortuni gravi; nei primi mesi del 1999 sono già 11 i morti. Questi dati sono raccapriccianti. Sono solo merce lavoro, sono un ingranaggio indispensabile per fare comunque profitto. Si risparmia sulla loro sicurezza, si specula sulle migliaia di disoccupati ed extra comunitari sempre più indifesi, impossibilitati ad opporsi al ricatto della fame e del bisogno di soddisfare le esigenze più elementari. Si continua a morire perché i lavori sono sempre più deregolamentati (non applicazione della L.626 quale normativa europea sulla sicurezza o della L. 494 sicurezza sui cantieri edili) e la subalternità del sindacato non è in grado di opporsi ai ricatti padronali così come alle lusinghe d'organizzazioni malavitose. Senza una svolta nelle linee perseguite negli ultimi anni da gran parte del movimento sindacale, fatte di cedimenti e d'oggettivi processi che hanno ulteriormente frantumato e diviso il mondo del lavoro, si rischia ad ogni morte, di fare lodevoli proclami di buone intenzioni ma difficilmente raggiungibili.