Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa analisi sulle elezioni nella CAV del Comitato Euskadi di Bari
Innanzitutto, una premessa.
Queste elezioni, che i
mezzi di comunicazione hanno presentato come le elezioni del parlamento
autonomo basco, in realtà non sono le elezioni basche perché non tutti i baschi
possono parteciparvi; essi non hanno alcuna possibilità di esprimere il proprio
voto in quanto cittadini baschi, ma solo come cittadini spagnoli o francesi, in
modo che come popolo sono privati non solo del diritto all’autodeterminazione,
ma anche dei più elementari diritti politici e civili in merito alla libera
espressione del diritto di voto.
Le consultazioni
appena svoltesi riguardano solo quella che nell’ordinamento dello Stato
spagnolo si chiama CAV (ovvero, Comunità Autonoma Basca) e che comprende solo
tre delle sette province basche, ovvero Araba, Bizkaia e Gipuzkoa; la Nafarroa,
sempre parte dello Stato spagnolo, è divisa da queste tre e forma un’altra
comunità autonoma, e tutte insieme sono a loro volta divise dalle province di
Lapurdi, Behenafarroa e Zuberoa, da un innaturale ed assurdo confine tra Spagna
e Francia, spesso presidiato da ingenti forze di polizia ed esercito come se ci
si trovasse in zona di guerra.
La CAV gode
effettivamente di considerevoli autonomie ma, pur mostrandone l’intenzione, non
ha alcuna possibilità di esercitare il diritto all’autodeterminazione poiché
sottomessa alle leggi spagnole che sanciscono la “sacra ed inviolabile unità
del Regno di Spagna”. L’unica istituzione nazionale di tutti i baschi, di tutta
Euskal Herria, è Udalbiltza, l’assemblea dei municipi baschi e, pur essendo
riconosciuta da alcuni organismi dell’ONU e da alcune ONG, è vista da Madrid e
Parigi come una pericolosa minaccia alla propria “indissolubile unità” ed una
emanazione diretta dei progetti dell’ETA.
Fatta questa
importante premessa, passiamo ai risultati elettorali. I partiti baschi
patriottici di vario orientamento conquistano ancora una volta la maggioranza
assoluta dei seggi disponibili, raggiungendo insieme il 52,8% così diviso: coalizione moderata EAJ-EA, 42,7%; coalizione radicale di sinistra Euskal Herritarrok
10,1%.
I partiti nazionalisti spagnoli in coalizione raggiungono insieme solamente il 40,0% così diviso: Partido Popular-Unidad Alavesa (neo-franchisti) 23,0%; PSOE (socialdemocratici) 17,0%. Ezker Batua, sezione basca della coalizione promossa dal Partito comunista spagnolo Izquierda Unida, conquista il 5,5% dei voti.
Questi risultati mostrano ancora una volta che i partiti baschi patriottici, EAJ, EA, EH, sono la maggioranza assoluta con il 52,8% e che i partiti che firmarono l’Accordo di Lizarra (i partiti baschi più Ezker Batua), che prevedeva negoziazione ed autodeterminazione, hanno raggiunto il 58,3%. Va sottolineata la perdita del 7% dei voti di EH che evidentemente soffre in maniera pesante della spirale repressione-lotta armata-repressione e della sua escalation da quando ETA ha ritirato la tregua unilaterale 14 mesi fa. In vari modi, la ricetta dei partiti baschi è dialogo, negoziazione, autodeterminazione e libera decisione per tutte le province basche e per tutti i 3 milioni di cittadini baschi una volta per tutte.
Questi partiti potranno costituire una maggioranza nel parlamento locale per sostenere la disobbedienza civile e la lotta per l’autodeterminazione, ma una possibilità di stretta collaborazione sembra comunque essere difficile in una situazione di forte scontro.
I partiti unionisti spagnolisti PP, UA e PSOE sono ancora una volta minoranza, più o meno fermi ai risultati delle precedenti consultazioni, nonostante la tambureggiante campagna mass-mediatica che sosteneva una presa del potere nel governo locale per riportare l’ordine “costituzionale” e riaffermare la fedeltà al Regno di Spagna. Per portare a termine questo progetto era sceso in campo direttamente il governo di Madrid con la candidatura del Ministro degli Interni Mayor Oreja, che non si può certo dire sia molto popolare ed amato nei Paesi Baschi.
La ricetta di questi
partiti e del governo di quasi unità nazionale che essi sostengono è sempre la
stessa: repressione indiscriminata, guerra sporca, tortura, negazione del
diritto all’autodeterminazione, negazione di qualsiasi forma di dialogo fra le
parti, arroccamento sui valori di una costituzione che invece i cittadini
baschi rifiutarono in maggioranza. Gli ultimi atti della magistratura alle
dipendenze dell’esecutivo spagnolo sono stati l’illegalizzazione
dell’organizzazione giovanile indipendentista di sinistra HAIKA e la chiusura
del mensile basco antigovernativo di investigazione ed inchiesta Ardi Beltza
(pecora nera).
Questi partiti avevano
costituito un vero e proprio fronte nazionalista ed avevano goduto del totale
appoggio di una comunità internazionale che dovrebbe cominciare a guardare alla
questione basca non con gli occhi di Madrid e Parigi, ma con quelli
dell’obiettività e del rispetto del diritto internazionale.