CULTURA PROLETARIA E NON

di G. Sodani

Arte: Le attività, individuali e collettive, da cui nascono prodotti culturali.

Civiltà: Le strutture culturali che caratterizzano una data società o un dato periodo nella storia della società.

Cultura: Il complesso delle tradizioni scientifiche, storiche, filosofiche, artistiche, letterarie di un dato popolo, o di un gruppo di popoli, o dell’intera umanità.

Incultura: mancanza di cultura.

Quelle sopra trascritte sono alcune definizioni, desunte da testi idonei, cui conto di fare riferimento, e ciò al fine di consentirmi una sufficiente rispondenza agli argomenti che andrò a trattare.

Per diventare un produttore di cultura, come per tutte le attività dell’uomo, ritengo che siano necessari alcuni requisiti, in assenza dei quali il salto di qualità, conseguente al passaggio da consumatore a produttore di cultura, non può realizzarsi. Di tali requisiti ne posso citare almeno tre:

Come possiamo osservare, solo il primo di tali requisiti ha un carattere soggettivo, insito cioè nell’individuo, mentre gli altri due hanno caratteristiche oggettive, venendo ad essere definiti dai rapporti sociali in essere, risultando così conseguenti alle scelte operate dalle componenti sociali che gestiscono il potere.

La storia in proposito è molto esplicita: le forze sociali dominanti (chiesa, aristocrazia, monarchia, capitale, ecc.) hanno sempre provveduto ad "allevare" i potenziali artisti, prelevandoli dal popolo e sovvenzionandoli, sempre in condizioni molto disagiate, al fine esclusivo di glorificare la propria figura (il cosiddetto mecenatismo). In proposito è interessante osservare l’analogia con quanto accade oggi, ad esempio nel campo dello sport.

Pertanto, i movimenti artistici hanno sempre riflesso il livello culturale espresso dalla società civile e non quello espresso dai ceti dominanti. Questi ultimi invece, hanno sempre svolto, da un lato, un ruolo passivo nel costruire cultura, dall’altro, un ruolo attivo nello sfruttamento della cultura, conferendole sistematicamente una dimensione mercantile, equiparabile a quella di una merce, da cui ricavare benefici materiali.

Non è allora un caso il fatto che questi committenti, malgrado una loro presumibile, e direi obbligata, familiarità con le arti, non abbiano mai, o quasi mai, saputo esprimere uomini di cultura, limitandosi ad essere degli incolti mercanti di cultura.

Conferme di quanto sopra detto se ne possono trovare in quantità. La storia, infatti, ci mostra molto spesso il caso di artisti che hanno ricevuto i dovuti riconoscimenti solo in epoche successive alla loro, per di più grazie ad una loro rivalutazione espressa dal mondo civile. Tutto ciò mentre gli unici in grado di poter emettere un giudizio di merito avrebbero dovuto essere i loro committenti. In proposito giova rimarcare come molto spesso si sia verificato l'esatto opposto, cioè il caso di artisti apprezzati dai loro committenti contemporanei e poi ridimensionati in epoche successive.

Ritornando ora al ruolo dei requisiti sopra citati, deve risultare chiaro che le classi subalterne, non potendo disporre, causa le loro condizioni materiali, dei requisiti di cui ai punti 2 e 3, non possono di norma produrre una cultura complessiva, proprio perché non sono in condizioni di poter liberamente esprimere istanze che travalichino il soddisfacimento dei bisogni materiali, da cui sono giornalmente schiacciati.

La loro fantasia e sensibilità dovranno necessariamente limitarsi alla produzione di una cultura latente e parziale, dando luogo così a quella che potremmo definire come una proto-cultura. Con ciò escludendo di trovarci in presenza di una forma di incultura, ossia di negazione della cultura. Infatti si tratta di ben altra cosa: le manifestazioni culturali, espresse da spezzoni della società, vanno considerate alla stregua dei mattoni che, pur non essendo una casa, ne costituiscono comunque i necessari presupposti.

Per i motivi sopra esposti, ritengo pertanto che sia errato riferirci ad una ipotetica cultura proletaria, da porre in opposizione ad una altrettanto ipotetica cultura borghese. Oggi, infatti, la nostra società esprime tutta una serie di proto-culture. Operazione questa che si è potuta realizzare grazie all’apporto esclusivo della società civile. Non è quindi il caso di accettare la teoria, a suo tempo fatta propria dalla sinistra alternativa, che frappone una sorta di barriera fra la cultura, cosiddetta ufficiale, e le classi subalterne che, secondo tale impostazione si sarebbero limitate a produrre una cultura cosiddetta proletaria, o contadina, dalle accentuate caratteristiche folkloristiche.

Se si dovesse insistere su questa strada si farebbe una grande regalo alle classi dominanti, che certo non si meritano.

Per quanto mi riguarda non ho alcuna intenzione di regalare Mozart ai padroni!!!