Ci piacerebbe poter riportare scadenze per
iniziative di lotta, ma queste come è noto, non si decidono né a tavolino
né per decreto.
Possono comunque sempre presentarsi e questo è
già qualcosa.
Per
il 12 dicembre è
prevista una iniziativa relativa allo stragismo in Italia. L'iniziativa è
promossa dall'Associazione Marxista Lavoro 2000, (strumento politico culturale
di cui si è dotato il Movimento per la
Confederazione dei Comunisti)
l'Archivio Storico del '68 ed altre organizzazioni antagoniste.
Come
Movimento per la Confederazione dei Comunisti e L'Archivio del '68 stiamo
lavorando per un Convegno da tenersi il 15/16 dicembre.
Questa iniziativa che sta assumendo un carattere
di notevole interesse anche per l'adesione di tanti relatori, vorremmo che
fosse partecipata e che diventasse una occasione per segnare una traccia di
lavoro e di studio per seminari e dibattiti nel prossimo futuro.
Il convegno avrà come titolo "L'altra
sinistra e le alternative della storia".
La prima parte, con una relazione del compagno Luigi Cortesi, riguarderà il processo
di formazione del Partito Comunista fino al Congresso di Lione nel quadro
storico italiano e internazionale. Di seguito, il periodo fascista e della
clandestinità. Per la resistenza, Bermani parlerà dell'estremismo nella base del
partito al Nord e dell' esperienza della Volante Rossa.
Giorgio
Galli, oltre ad un approfondimento del contesto
storico, relazionerà sulla vicenda di Azione comunista.
Giuseppe
Prestipino terrà una relazione sul periodo che va dalla
svolta di Salerno all'ottavo congresso, una fase politica che scuoterà
profondamente il P.C.I. rafforzando alcune coordinate di fondo che lacereranno,
anche a sinistra, il sentire di tanti compagne e compagni.
Antonio
Moscato riporterà il clima e il fermento del '56 in una sezione del centro storico di
Roma.
Mario
Tronti, con il suo intervento porterà una riflessione
su una nuova generazione di compagni, quella dei primi anni sessanta e del
dibattito, ancora straordinariamente interessante e controverso, attorno ai Quaderni Rossi. Una
esperienza anticipatrice. Un gruppo
attorno al quale per un certo periodo hanno collaborato Edoarda Masi, Rieser,
Panzieri, Tronti, Fortini, Alquati etc.
Questioni quali quella della centralità operaia
e il lavoro, l'uso delle macchine nel neo capitalismo, le lotte operaie e
l'inchiesta, il partito, la classe, le analisi di piano del Capitale. Il
Sociale e il Politico a confronto. Temi che hanno introdotto nuove analisi,
nuovo dibattito, diaspora, delineando le grandi coordinate dello stesso 68/69 e
di tanta parte degli anni settanta.
Con ogni probabilità R. Rossanda, dalla quale stiamo attendendo una conferma, parlerà
del periodo che precede e poi determina la prima grande rottura a sinistra
nel P.C.I.
Del '68 studentesco, della stagione del '69 e
primi anni settanta, relazioneranno Modugno,
Dalmasso, Lampronti, Vinci.
Enzo
Santarelli, che per ragioni di salute non potrà essere
presente, ci ha autorizzato a leggere alcune parti dei suoi tanti lavori sulla
storia politica del nostro paese.
Prevediamo
un seguito a questa iniziativa. Un momento che metta a fuoco gli anni settanta,
le formazioni politiche nate fuori dal P.C.I. Citarle adesso è impossibile,
tanta è stata la ricchezza. L'Autonomia operaia, l'esperienza delle formazioni
comuniste armate, le rotture, oltre alle differenziazioni del periodo dell'Eur,
nel sindacato. Ed ancora il Governo di Unità Nazionale, il ‘77, la scelta della
Nato, fino all’’89 e alla cancellazione del P.C.I., quindi la nascita di
Rifondazione Comunista per arrivare ai nostri giorni.
Giorni difficili i nostri. Il passato sembra non
parlare più la lingua dell'oggi, l'associazione tra il passato dei comunisti,
un tratto di storia in fondo breve e le pesantissime sconfitte, pesa come una
macina al collo.
Ma esiste, innegabile, un processo di
opacizzazione, demonizzazione e negazione della storia e della funzione liberatrice delle lotte per
l'affrancamento dall'oppressione, per la libertà, per il comunismo e della
stessa storia del comunismo.
Su questa partita si è dispiegato a tutto campo
l'apparato ideologico della borghesia.
Le ideologie in ogni caso sono un potentissimo
sistema di rappresentazione del mondo, attingono dai bisogni, dalla realtà, e
con forza attiva interagiscono in termini complessivi nella visione della vita
quotidiana, e della storia, e delle stesse aspettative. Le borghesie, le
religioni, etc sanno bene quanto questo apparato sia necessario per muovere la
vita di una società, quasi quanto il respirare per la persona umana: un tramite
per l'esistenza stessa. Infatti predicano la fine delle ideologie, ovviamente
di quelle degli altri.
Nulla contro l'ideologia: esiste. Sembra che
l'umanità non sia mai potuta esistere, almeno in termini di società, senza la
mediazione delle ideologie per descriversi il mondo e organizzarsi in sistema.
La questione è, nel caso, dei contenuti e delle rotture o meno di determinati
sistemi di rappresentazione e della necessità/possibilità di
ideazione/realizzazione di altri ordini e sistemi. E' stato solo in una fase espansiva, generosa, in termini di
aspirazioni (che non è certo quella dell'oggi) che a sinistra, disponendo di
una forte concezione ideologica, ci si è consentiti il lusso di immaginare
società non ideologiche. Oggi l'ideologia al servizio di questa forma di
dominio opacizza i propri massacri, la miseria, la mancanza di libertà che
produce e seppellisce il fatto che si è potuto invertire l'ordine delle cose
con grandi processi rivoluzionari e quindi che questo evento possa di nuovo
accadere.
Per farlo, pone in un cono d'ombra gli eventi
usando proprio le categorie del "delitto", del “fallimento”,
"della miseria", "dell'orrore", che sono il proprio pane
quotidiano. Perfino tanti compagni usano questi termini, li hanno profondamente
introiettati, guardando il passato si chiedono non solo se sarà mai possibile
che si ripetano sovvertimenti ma soprattutto se ne è valsa la pena. Come
direbbero i cartesiani non si vede la luna se si guarda il cielo quando questa
è in ombra.
Il presente si mostra oggi tutto da
reinterpretare, sfugge la percezione del cosa e del come fare, per questo sono
necessari nuovi strumenti di analisi e di capacità critica per riavviare un
processo di riaggregazione a fronte di tanta devastazione. Un’idea è ripartire
sempre dalla riproposta dell'oppressione, dai bisogni, dall'insopprimibile
capacità umana di ideazione.
Quando tutto di quanto sperimentato è
compromesso può apparire plausibile defilarsi aspettando che nuove generazioni
e avanguardie, capaci di interpretare e organizzare l'oggi, si facciano avanti.
E' una rinuncia alla politica e un rifugio, si
addice poco ai comunisti ma molto agli esseri umani al cui genere anche i
compagni e le compagne fanno parte. E' più dannoso pentirsi di aver fatto e di
aver tentato, farsi parte attiva della ideologia dell'avversario.
Ma per quanti non rinunciano, ripercorrere la
storia e le sue alternative è necessario, non per mantenere un qualsiasi filo
ma piuttosto i fili roventi: i bisogni,
la necessità della lotta contro l'oppressione, il bisogno di libertà.
Ora che è difficile, sarebbe forse il momento
per rimettersi in gioco per i comunisti, meglio poco che nulla è rimanere
dentro, capaci di cogliere e promuovere quel "pensiero ribelle" che
nella storia si ripresenta sempre seppure in forme diverse.
Gli edifici costruiti sono crollati, invece di
guardare le rovine è forse il caso di riportare alla luce i disegni, i calcoli,
i modelli, i materiali dei costruttori. Soprattutto sarebbe utile ricercare le
fondamenta, le ragioni da cui siamo partiti per individuare gli elementi sui
quali ritrovare il punto di svolta dell'oggi.
Oggi
i comunisti non dispongono di un pensiero unico. Ci si può perfino incoraggiare
dal riscoprire che magari un pensiero unico
non c'è mai stato e che, nel
caso, si è trattato di un pensiero che per determinate circostanze e fatti è
stato prevalente.
Lo
scopo immediato del convegno di Dicembre infatti è di riportare per grandi, ma
non sommarie linee, le tesi a confronto o alternative, i punti di rottura, le
questioni aperte che hanno attraversato la
nostra storia politica, e da questo continuo confronto e scontro,
prendere coraggio e lezione: fare i comunisti non è mai stato semplice anche
tra comunisti.
Certo, partire da Lione e arrivare ai primissimi
anni settanta nello spazio di un convegno è come prendere un treno
sferragliante che salta necessariamente troppe fermate. Luoghi, in ognuno dei
quali, se ci si potesse soffermare, si
aprirebbero città, mondi interi
di storie umane e politiche, dure, piene di sbagli, ma anche di passioni, di
lotte, di studi, di rotture politiche,
personali.
Tanti sono i passaggi che bisognerebbe
ripercorrere con sistematico studio.
Per fare un cenno ai tanti, troppi argomenti, o
possibili "fermate", si potrebbe riprendere il tema trattato a
Macerata nel corso dell'iniziativa del Centro F. Fortini "l'Ospite ingrato" sul tema della storia e della
memoria, dei materiali, delle testimonianze di grandi o piccole sofferte
eresie.
Dalla realtà del rifugio in Svizzera dal ‘43 al
‘45, con la parentesi della Repubblica ossolana, alla storia delle riviste
eretiche degli anni cinquanta, al gruppo di Ivrea (compagni senza tessera ma
non senza idee), all'esperienza di Ragionamenti, alle grandi lotte dei lavoratori,
e a tante, tante esperienze successive, oggi irriportabili, innominabili a
partire dalle grandi rivoluzioni del novecento.
Irriportabili
non solo per la loro complessità, ma anche perché nessuna organizzazione
politica della sinistra, del movimento operaio, si occupa più della propria
storia, maggiore o minore, se non per infangarla, come il P.D.S.
Rifondazione
Comunista poteva prendere questo passo, lento, organico, implacabile, adatto
per studiare, pensare, capire, avendo
da rifondare niente meno che il comunismo.
Ma dall'ultimo Bertinotti, in una intervista sul
Corriere del 20 ottobre, sappiamo che salva Marx e l'orizzonte della
rivoluzione mondiale (tutto giusto) per alzare il prezzo della svendita.
Partecipare alle elezioni con il centro sinistra
che ha fatto la guerra imperialista, chiedere il salario sociale a Rutelli,
ovviamente nulla al sindacato e la distribuzione di ricchezza al Capitale.
Sempre elegante nel suo dire, per lui, che è il
segretario del P.R.C., Lenin non esiste, il comunismo che sarebbe da rifondare, è o errore o orrore, si comprende anche
poco perché riproporlo. Un po’ come se celebrando la Comune di Parigi si
esaltassero le coreografie, i balli e le foto delle barricate, prendendo però
le distanze dai comunardi, les crimes des communards offendono le anime belle, meglio non rischiare di fare il male e
conviverci. Oggi, per quanti da comunisti hanno esercitato critica politica
verso l'Urss, per paradosso, davanti a tanta mistificazione, prima di aprire
bocca dovrebbero chiamarsi in correo, rivoluzioni, lotte armate e quant'altro,
non fosse che per prendere le distanze da tanto annientante buon cuore.
La Nuova sinistra, la cui storia oggi sembra più
lontana di quella di Pisacane, per ora tace, ma questa storia è forse troppo
vicina per prendere parola.
Ci sono diversi modi di rimuovere la storia dei
comunisti, il più scontato è quello degli anti comunisti, ma non è il solo.
Come del resto è sterile, perché non sviluppa prospettiva per il
futuro, è il raccontarsi eternamente la propria storia, senza presente e
futuro, mineralizzando e plastificando gli avvenimenti e i testi sotto la
custodia impermeabile di una ortodossia intangibile, morta.
Come un economicismo algido e in sostanza
a-scientifico, depurato dai bisogni, le istanze, le lotte e le cadute delle
persone umane, concorre a non rendere un buon servizio.
Gramsci scrive nella filosofia della prassi,
proprio riferendosi agli intellettuali, che non si fa Politica-Storia
senza passione, senza connessione
sentimentale, senza "il passaggio
dal sapere al comprendere al capire, e viceversa, dal sentire al comprendere al
sapere".
Si tratterà anche del famoso deficit di
materialismo gramsciano ma c'è da chiedersi se un marxismo che non ponga alla
propria radice la questione che "radice per l'uomo è l'uomo stesso"
tratti in termini materiali di materialismo, di scienza e di storia.
Un Convegno. Un convegno è un convegno, se
questa è la misura e il limite, si può correre il rischio di una dignitosa
approssimazione. Un piccolo lampo che candisce appena il cielo non può fare
troppo male.
Certo, occorrerebbe altro: fermarsi ad ogni
passo mentre si lavora nel presente perché oggi, per dirla con le parole di
Fortini, proprio in uno scritto per i Quaderni Rossi,… "si deve di nuovo tornare a distinguere l'inferno e il paradiso,
il bene dal male, sapendo che non farlo è la prova che ci troviamo davvero
all'inferno e nel fondo del più tranquillo male.
Ricordiamo
allora: Venerdì 15 dicembre/Sabato 16, due giorni di Convegno per avviare un
lavoro che guarda ai mesi a venire ma anche un lavoro da preparare perché
riesca bene. Chi è interessato, chi vuol dar mano, prenda contatti.
Avvio del lavoro di predisposizione della
seconda parte del Convegno previsto per Dicembre e che riguarderà, come
accennato, gli anni settanta fino alla nascita del P.R.C.
Nel frattempo a Firenze andranno avanti dei corsi di
formazione marxista promossi da alcuni circoli del P.R.C., ai quali
partecipiamo. La prima scadenza è per
il 16 novembre sulla globalizzazione.
I corsi
riguarderanno questioni importanti come la forma partito, le fasi di transizione etc.
Marzo
1871. Parigi insorge : La Comune di Parigi.
L’Archivio Storico del ‘68 e l’Associazione
Marxista Lavoro 2000 propongono, alle compagne e ai compagni interessati, alle
organizzazioni antagoniste, ai compagni di Rifondazione che volessero
partecipare, ai collettivi studenteschi, e a quanti riusciremo a contattare o
ci cercheranno, un ciclo di seminari che si concluda con una giornata "comunarda" da tenersi nel mese di marzo per i
centotrenta anni da quella esperienza rivoluzionaria.
Proponiamo che si arrivi a marzo seguendo un
lavoro di inquadramento storico che studi la plurale composizione politica e
sociale dei soggetti protagonisti. Una sorta di confederazione potremmo dire,
un po’ scherzando.
L'esperienza di una spontaneità popolare, non
senza passato e in date condizioni storiche, avvia un modello di stato, tiene
elezioni, insedia un nuovo governo municipale rivoluzionario e per tre mesi
scuote non solo la Francia ma tutte le potenze europee.
Una esperienza repressa nel sangue a cui fu
risposto, prima di cedere, con il sangue, dopo settimane d'assedio e di
resistenza.
Proponiamo che si ripercorrano le posizioni e i
giudizi sull'evento, da Marx che dopo l'iniziale esitazione celebrò con il
famoso "La guerra civile in Francia nel 1871", ai detrattori,
ricordando che per Mazzini si trattò di una "lurido spettro" etc.
Sarà interessante evidenziare, per comprendere
la democratica capillarità dell'evento, la straordinaria quantità-qualità di
dibattito, non solo nelle riunioni popolari dove di trattavano i temi
all'ordine del giorno, ma nella stessa stampa d'epoca: in un tratto di storia
così breve uscirono ben 132 testate, i giornali arrivavano a tirare dalle
70.000 alle 100.000 copie al giorno, passando di mano in mano. "Le cri du
peuple", il giornale nato con la Comune, diventò tribuna ideale delle
associazioni parigine: Internazionale, Comitato Centrale dei venti circondari,
Camera federale delle Società operaie, organizzazioni di solidarietà
concorsero a scriverlo.
Quel grido, la grande collera, la Comune,
modificherà la geografia politica della sinistra europea: la questione della
rivoluzione era di nuova aperta e questa volta non era quella della borghesia.
L'idea della Internazionale socialista si rafforzò, divenne popolare, gli
scritti di Marx poterono trovare fertile terreno. I movimenti operai presero
forza. In Italia si determinò l'insurrezione di strati operai urbani per
l'emancipazione sociale nei centri manifatturieri del nord quando fino ad
allora le tensioni che si erano prodotte erano state patrimonio di movimenti di
rivolta contadina del Sud.
Idee anarchiche, socialiste, comuniste, si
prospettano e si organizzano. Per essere stata una sconfitta il contributo fu
immenso. Dal momento che "il futuro dura a lungo" sarà utile
ricordare quei giorni e dopo i seminari, a marzo, fare festa: i comunardi erano molto vivaci, qualcuno
dice anche troppo in ogni senso, trovavano però anche il tempo di cantare,
ballare, mangiare e molto bere. Troveremo il modo, nonostante tutto, di
divertirci? Non farebbe male.