DA COMUNISMO NOTIZIE A ROSSO XXI°

 

Questo è il primo numero di Rosso XXI°.

Nell’ultimo anno abbiamo pubblicato 7 numeri di Comunismo Notizie che, nato come bollettino del Gruppo regionale, si è poi sviluppato come strumento di riflessione strettamente connesso al progetto di riorganizzazione dei comunisti.

L’uscita dalle istituzioni regionali coincide proprio con il rilancio di questo processo aggregativo, che vedrà nel convegno che si terrà il 20 e 21 maggio a Firenze un passaggio fondamentale.

Abbiamo quindi deciso di continuare l’esperienza di Comunismo Notizie, nella consapevolezza che ogni strumento è prezioso in questa fase, scegliendo un nuovo nome ambizioso e impegnativo.

Porre la questione comunista, oggi e in prospettiva, è un compito che non può certo gravare solo sulle spalle di un piccolo movimento come il nostro. Ma essere comunisti – questo è il punto – perderebbe ogni significato senza una continua ricerca tesa alla ricostruzione di un progetto rivoluzionario.

La sconfitta del comunismo novecentesco ci avvolge e ci interroga.

Di quella sconfitta siamo stati parte, da quella sconfitta occorre ripartire. Essere parte di una storia non vuol dire condividerne l’evoluzione generale, né tantomeno le singole scelte che l’hanno caratterizzata.

Essere, sentirsi parte per quanto piccola, è però la condizione essenziale per avviare una riflessione che sia utile alla ricostruzione futura.

Non ci interessano i giustificazionismi storici, sempre ispirati ad una "realpolitik" che ha portato al suicidio – questo sì reale – di partiti, stati, movimenti di classe nati e sviluppatisi nell’ambito del movimento comunista del ‘900.

Neppure ci interessano i tentativi di eludere i problemi di fondo con il richiamo ad alcune figure "eretiche" – che comunque consideriamo parte integrante del patrimonio dei comunisti ed elementi importanti di una riflessione generale - la cui "salvezza" si spiega però proprio con la loro sconfitta.

Ortodossia ed eresia, tanto più nel caso dei comunisti, non rimandano all’adesione od alla trasgressione di un dogma, designando piuttosto le categorie dei vincitori e dei vinti nelle tante battaglie politiche interne al movimento comunista del secolo trascorso.

La riflessione che dobbiamo aprire deve rompere con questo schema. Il punto di partenza non può che essere quello dell’attualità del comunismo.

Questa attualità appare oggi scandalosa ed indicibile, ma l’aspetto superficiale dei problemi non deve trarci in inganno sulla sostanza delle cose. Solo un consapevole ancoraggio alle condizioni dell'oggi può consentirci la rivisitazione del passato in funzione delle prospettive future.

D’altra parte l’ "oggi" ci propone (e ci impone) alcune grandi questioni.

Il lavoro, ben lungi dalla sua "fine" – ipotizzata da teorici tanto di moda quanto poco avveduti – si ripropone come il luogo dello sfruttamento e dell’alienazione, il cuore della contraddizione fondamentale prodotta dal capitalismo. Le forme di questa oppressione sono cambiate, contribuendo ad una sorta di "invisibilità" dell’odierna classe operaia, ma la sostanza dello sfruttamento si è decisamente approfondita.

La ricomposizione del soggetto antagonista, la ricostruzione di un blocco sociale anticapitalista, che non sembra oggi all’ordine del giorno, ha bisogno di studio, analisi, sperimentazione e verifica pratica.

Il capitalismo d’altra parte non può che riprodurre se stesso. E l’attuale fase di rimondializzazione, rimettendo al centro la competizione tra stati ed aree imperialiste, ci ripropone inevitabilmente il tema e la realtà della guerra.

Tutto ciò mentre la devastazione ambientale, figlia dello sfruttamento capitalistico della natura, procede senza sosta.

Non solo la produzione capitalistica, rispondendo unicamente alla logica del profitto, determina inquinamento, malattie e morte sul lavoro. La stessa guerra di aggressione alla Jugoslavia ha lasciato sul terreno, oltre alle vittime e alle distruzioni dei bombardamenti, anche inquinamento di tutti i tipi, compreso l’uranio "impoverito" , garantendo così l’avvelenamento presente e futuro di quei territori.

Il comunismo come istanza di liberazione e di autogoverno è dunque di attualità, anche se la rovinosa sconfitta delle diverse esperienze comuniste fa apparire questa affermazione come scandalosa e irrealistica.

Ma i comunisti sono costretti a riproporre questo scandalo qui ed ora. Non per sfuggire alla realtà. Al contrario, proprio per affrontarla con strumenti adeguati.

Chi scrive questo giornale ha da tempo bandito ogni illusione. Una cosa è l’attualità del comunismo nell’epoca della mondializzazione capitalistica; altra cosa sono i percorsi, le prospettive concrete di una fase particolare come quella attuale.

Solo persone straordinariamente ingenue possono interpretare le rivoluzioni del ventesimo secolo come una parentesi all’interno del naturale sviluppo della società capitalista. La classe dominante, che certo ingenua non è, lo sa talmente bene da adeguare ogni giorno, attraverso gli strumenti del suo dominio (in primo luogo lo Stato), le sue contromisure preventive.

Se questo è vero in generale, e ci permettiamo perciò di pensare irrispettosamente ad un ventunesimo secolo rosso, ben diverso è il ragionamento che va fatto sulla fase attuale.

Gli effetti della sconfitta che ha chiuso il "secolo breve" nel biennio 89/91 sono tuttora dominanti.

Non solo le forze comuniste, pur nelle loro differenze, sono state in larga misura sbaragliate o trasformate in appendici di "sinistra" di un sistema politico omologante, espressione del pensiero unico del mercato.

Oggi le stesse forze di matrice socialdemocratica – in genere ben distanti da quella matrice come molti sedicenti "comunisti" lo sono dalla loro – cominciano ad essere investite dall’onda lunga che si è generata da quella sconfitta.

Il loro utilizzo, tuttora essenziale in funzione del controllo sociale, potrebbe ben presto essere superato dal capitale in virtù di una competizione ancora più accentuata.

Il problema è allora quello della politica, del qui e ora. Ma l’unica politica che ci interessa è quella che sappia reagire alla sconfitta rifondando – una volta tanto ci permettiamo questo verbo davvero abusato ed in cattive mani – un pensiero e una prassi comunista collocata e radicata nel presente.

E’ possibile lavorare in questa direzione? Dieci anni fa, davanti alle vicende dell’89/91, molti di noi decisero di contribuire con il proprio impegno e la propria militanza alla scommessa lanciata da Rifondazione Comunista. Eravamo ben coscienti di quanto fossimo controcorrente, consapevoli però della necessità di resistere e rilanciare, di reggere un periodo non breve per poter quantomeno consegnare un utile testimone (cosa ben diversa da una mera testimonianza) ad una futura generazione di comunisti.

Anche se le vicende di quel partito sono andate come sappiamo è necessario recuperare oggi quello spirito, all’interno del quale c’erano sicuramente anche elementi di sentimentalismo nostalgico, ma il cui nucleo razionale consisteva nella ragionevole convinzione di poter avviare sul serio un percorso ricostruttivo.

Nessuna illusione ci era consentita allora, a maggior ragione nessuna illusione ci è consentita oggi.

L’analisi della situazione concreta ci indica le enormi difficoltà del momento.

Al minimo storico della conflittualità sociale, corrisponde in Italia un processo di americanizzazione culturale, all’interno del quale prospera – sia pure in maniera non lineare e a tratti convulsa – la normalizzazione del sistema politico.

Il giornaliero rito borsistico scandisce ormai i tempi di una parte significativa della società, evidenziando il dominio di un capitale capace di permeare tutti gli ambiti sociali verso una vera e propria "finanziarizzazione" della vita quotidiana.

Tutto ciò mentre la generale passivizzazione sembra collocare le prospettive di cambiamento esclusivamente nella sfera privata.

Il lavoro ricostruttivo si presenta perciò estremamente arduo.

C’è chi sfugge a questa difficoltà del presente rifugiandosi nella sfera del "sociale", autoghettizzandosi in una dimensione estremista ma compatibile. C’è chi la sfugge – assai più opportunisticamente – per collocarsi in qualche modo nell’attuale mercato della politica.

Queste due fughe, in direzioni apparentemente opposte, porteranno presumibilmente all’incontro di un "sociale" depoliticizzatosi con un "politico" sempre più espressione di un ceto specializzatosi nella manipolazione del consenso. Fin troppo facile prevedere chi tra i due prevarrà.

Non sfuggire alle difficoltà non significa negarle e neppure sottovalutarle, ma semplicemente valutarle appieno per calibrare un progetto ricostruttivo che tenga conto della situazione oggettiva e delle forze soggettivamente disponibili ad impegnarvisi.

Con i compagni della Rete dei Comunisti abbiamo formulato una proposta rivolta alle realtà interessate ad un processo riaggregativo su base confederativa.

Questa proposta ha suscitato l’interesse di diverse realtà ed ha registrato in particolare la significativa ed importante adesione dei compagni di "L’altra Lombardia – Su la testa" al convegno del 20 e 21 maggio. Un interesse che si è manifestato anche in settori di Rifondazione Comunista che non intendono piegarsi all’attuale deriva di quel partito verso la sostanziale accettazione del bipolarismo.

Il tempo confermerà o meno la fondatezza di questa scommessa. Quel che sappiamo è che la nostra proposta – senza la quale anche questo giornale perderebbe di significato – è l’unica che cerca di affrontare il tema della riorganizzazione dei comunisti in Italia in termini realistici.

E’ una proposta che si fonda su due no: no all’omologazione nel sistema bipolare, no al settarismo e ad ogni logica autoreferenziale.

Massima apertura dunque, e la forma organizzativa del coordinamento strutturato va in questa direzione, ma chiarezza sugli obiettivi di fondo, in particolare sulla necessità di un’autonomia strategica e culturale fondata sull’opposizione di sistema al capitalismo ed alle forme istituzionali tipiche di questa fase storica.

Un momento concreto di opposizione alle istituzioni autoritarie della Seconda Repubblica lo stiamo costruendo unitariamente proprio in questi giorni con la campagna di boicottaggio, attraverso l’astensionismo di massa, ai referendum del 21 maggio, dei quali parliamo in altra parte del giornale.

La lotta al bipolarismo ha come premessa la collocazione al di fuori di esso. Il rilancio di un progetto comunista non passa dal "recupero" della "sinistra", bensì dal rifiuto della stessa dicotomia destra/sinistra che oggi è solo funzionale alla strutturazione del mercato politico organizzata dalle oligarchie finanziarie dominanti.

Come abbiamo scritto nel documento unitario con la Rete dei Comunisti: "I comunisti, anche nel linguaggio, scelgono la strada della chiarezza. L’alternativa non è tra destra e sinistra; la scelta di fondo che attiene al destino stesso dell’umanità e che può riattivizzare forze e settori sociali oggi in "letargo" è quella tra capitalismo e suo rovesciamento, in definitiva tra capitalismo e comunismo".

E’ necessario ribadire questo punto nel momento in cui, a causa dei risultati elettorali del 16 aprile, i "riformatori" della sinistra – questi autentici professionisti dell’inutile – torneranno all’attacco.

Demistificare queste posizioni non sarà tuttavia tra le cose più difficili. L’ingegneria genetica ha infatti compiuto grandi passi in avanti, ma la trasformazione del rospo in principe continua ad appartenere esclusivamente (e giustamente) al mondo delle favole, esattamente come i progetti dei "riformatori".

Rosso XXI° vuole dunque essere uno degli strumenti del progetto riaggregativo dei comunisti, un processo che si basa su una piena autonomia strategica e culturale, ma che necessita della massima apertura al dibattito e al confronto in termini tutt’altro che formali.

Così come è già avvenuto con Comunismo Notizie, Rosso XXI° ospiterà (ed anzi ricercherà) interventi di compagni e di realtà organizzate esterne al nostro movimento.

Solo i fatti potranno confermare l’adeguatezza di questo strumento, ma l’interesse che ha suscitato Comunismo Notizie ci rende abbastanza fiduciosi.

Ultimo, ma non meno importante: la perdita del gruppo regionale ci obbliga alla stampa in tipografia, con un conseguente e consistente aumento dei costi. Sappiano i compagni che anche un piccolo aiuto economico può rappresentare un sostegno importante in una sfida faticosa e difficile come questa. Abbiamo perciò iniziato una campagna di sottoscrizione alla quale chiediamo a tutti i lettori di aderire al più presto.