Ecuador: notizie da un paese lontanamente vicino

Roberto Bugliani

 

Nel romanzo di John Le Carré Il sarto di Panama un personaggio dice: "La democrazia fasulla che è la nuova Panama immacolata [...] E' tutta finzione [...] Apri il sipario, ed ecco gli stessi ragazzi che avevano in mano chi sai tu, che aspettano di riprendere le redini". Estrapolata dal suo contesto, questa osservazione può valere benissimo per qualsiasi paese del subcontinente americano. Per cui il "chi sai tu" che i "ragazzi" avevano (hanno) in mano può essere tanto il generale Noriega, per combattere il quale gli Stati Uniti nel '92 hanno invaso uno stato sovrano e bombardato quartieri popolari, quanto uno dei tanti presidenti degli stati "democratici" latinoamericani legati da sempre alle oligarchie locali e sempre più agli organismi monetari e finanziari internazionali. Perché da quando il nascente capitalismo europeo ha "scoperto" o, secondo altri, è "inciampato" sul continente americano, la storia si ripete con alcune varianti congiunturali, dovute al particolare momento storico, ma con un'invarianza strutturale stupefacente.

Anche nel caso dell'Ecuador la storia si è ripetuta con un déjà vu impressionante. E anche quel 21 gennaio 2000 quando, al culmine del levantamiento, il movimento indigeno della Conaie (Confederazione delle nazionalità indigene dell'Ecuador), con l'aiuto di un gruppo di colonnelli insorti, ha conquistato il palazzo del Parlamento installandovi una Giunta di salvezza nazionale e i giornali hanno parlato della "toma de Quito", la presa di Quito, l'oligarchia ecuadoriana e la classe politica coi suoi "ragazzi" e il beneplacito del Pentagono hanno ripreso in mano le redini del paese.

Già nella giornata di sabato 15 gennaio gli indigeni ecuadoriani organizzati nella Conaie avevano cominciato ad affluire a Quito, malgrado i posti di blocco dei militari lungo le strade di accesso alla capitale, per protestare contro il presidente Jamil Mahuad e la sua politica neoliberista antipopolare. La goccia che ha fatto traboccare il vaso era stata la dichiarazione presidenziale del 9 gennaio 2000 di voler adottare la dollarizzazione, per cui la moneta nazionale, il sucre, sarebbe sostituito dalla divisa statunitense, dopo che il dollaro era stato oggetto nelle settimane precedenti di forti manovre speculative condotte da banchieri e grandi esportatori che lo avevano fatto schizzare fino a 25000 sucres. Dopo 5 giorni di manifestazioni, blocco di strade e cortei nella capitale, il 21 gennaio gli indigeni ecuadoriani riuscirono infine ad occupare il Parlamento nazionale e la Suprema corte di giustizia e marciarono compatti verso il Palazzo di Carondelet, il palazzo presidenziale simbolo del potere politico, chiedendo le dimissioni del presidente Mahuad, l'abrogazione dei deputati parlamentari e dei giudici della corte di giustizia, considerati i principali attori della corruzione del paese. Raggruppate nel Coordinamento dei movimenti sociali (CMS), società civile e forze sociali, sindacali e studentesche di base furono da subito a fianco del levantamiento indigeno, mentre la classe media ecuadoriana guardò agli avvenimenti con una certa apprensione.

Nel pomeriggio del 21 venne costituita una Giunta di salvezza nazionale alla quale parteciparono in un primo momento il colonnello insorto Lucio Gutierrez, il presidente della Conaie Antonio Vargas e l'ex giudice della Suprema corte di giustizia Solórzano Costantine, rappresentante dei movimenti sociali. Il primo decreto emesso dalla Giunta fu di dichiarare decaduti nelle loro funzioni il Governo, il Parlamento, la Corte suprema e l'alto comando militare. A questo ne seguirono altri, come la sospensione della dollarizzazione in corso, la confisca dei beni e la messa sotto processo dei banchieri corrotti responsabili dei fallimenti delle più prestigiose banche ecuadoriane, la restituzione del denaro congelato nelle banche dal governo di Mahuad nell'aprile scorso, la riduzione e fissazione del valore del dollaro a 14.700 sucres.

"Il Triumvirato assume il potere", così il quotidiano Hoy del 22 gennaio iniziava il suo reportage: "Un Consiglio di governo ha assunto il potere ieri alle 23:40, dopo un negoziato durato tre ore e mezzo nell'ufficio presidenziale del palazzo del Governo tra l'alto comando militare e i colonnelli insubordinati Jorge Brito, Fausto Cobo e Lucio Gutiérrez. Per la Conaie hanno partecipato Antonio Vargas, Salvador Quishpe e Luis Macas". Ma, in seguito alle pressioni dell'alto comando militare e in particolare del ministro della difesa generale Carlos Mendoza, il colonnello Gutierrez fu sostituito nel Triumvirato dallo stesso Mendoza che, assieme a Vargas e Solórzano, giurò fedeltà alla Giunta davanti alla bandiera nazionale recitando il padre nostro.

Se nella giornata del ventuno gennaio la lotta degli indigeni e dei movimenti sociali sembrava aver vinto con la presa pacifica dei centri del potere politico della capitale, in quella stessa notte si consumò il tradimento del generale Mendoza che, d'accordo con l'alto comando militare e l'ambasciata statunitense, abbandonò la Giunta e invitò il Triunvirato allo scioglimento, imponendo la successione presidenziale. Cosicché il giorno dopo, alle sette della mattina, il vicepresidente Gustavo Noboa, uomo dell'oligarchia costegna che avrebbe assicurato continuità alla politica tracciata dall'ex presidente Jamil Mahuad, (ovvero dollarizzazione, privatizzazioni e consegna della base militare di Manta ai nordamericani che dopo Panama erano alla ricerca di un sito strategico in cui installarsi), giunto nella capitale la notte precedente proveniendo da Guayaquil, si diresse verso il Ministero della Difesa dove, attorniato dai generali e ammiragli a lui fedeli, accettò di assumere la presidenza del paese. E in quella stessa alba agenti dei servizi segreti ecuadoriani arrestarono nelle loro case i principali esponenti degli ufficiali insorti rinchiudendoli in carceri militari di massima sicurezza.

Attraverso il sottosegretario di Stato per gli affari latinoamericani Peter Romero, gli Stati Uniti si erano affrettati ad avvertire che, nel caso di golpe, avrebbero inflitto severe sanzioni all'Ecuador e sottoposto il paese a un blocco commerciale come quello di Cuba. E per bocca di Romano Prodi anche la Comunità europea minacciò sanzioni economiche manifestando la propria totale opposizione al "golpe di militari ribelli e indigeni".

Il golpe in realtà ci fu, ma fu quello "lealista" perpetrato dall'alto comando militare e dall'oligarchia, che imposero la successione presidenziale malgrado il presidente Mahuad, rifugiatosi nella base aerea militare della capitale prima di "esiliarsi" ad Harvard, avesse sempre rifiutato gli inviti degli alti vertici militari alle dimissioni: "Io non mi dimetto. Se volete esautorarmi, dovrete farlo con la forza".

A distanza di pochi mesi dal levantamiento indigeno, l'Ecuador continua ad essere attraversato da una profonda crisi economica, mentre le misure varate dal governo del presidente deposto, cioè dollarizzazione, congelamento dei depositi, privatizzazione selvaggia delle industrie basiche del paese, continuano ad essere in vigore e a impoverire sempre più la maggior parte del popolo ecuadoriano. Contro tutto ciò, e fin dai primi giorni dopo il sollevamento, la Conaie ha annunciato la raccolta di firme per promuovere un referendum popolare che sancisca la destituzione dei tre poteri dello stato, il ritorno al sucre come moneta nazionale, la restituzione dei fondi bancari congelati, l'amnistia ai militari insorti, il blocco dei progetti di privatizzazione, il recupero della base di Manta. E' una sfida forte, che il movimento indigeno si appresta a fare assieme alla società civile, per costruire un Ecuador nuovo. Inoltre, per contrastare l'applicazione delle devastanti misure economiche fondomonetariste (veri e propri diktat), la Conaie non eslcude la possibilità, nei prossimi mesi, di un altro levantamiento per mandare a casa anche questo "nuovo" Presidente.

Ma un altro grave pericolo è sospeso come una spada di Damocle sulla testa del popolo ecuadoriano: il Plan Colombia. In nome della guerra al narcotraffico, il governo Clinton ha messo a punto un piano di invasione della zona sud della Colombia controllata dalle Fuerzas armadas revolucionarias colombianas (Farc) con cui l'Ecuador confina, e la fumigazione di ampie zone di territorio dove vivono decine di migliaia di contadini con defolianti e virus come l'eusarium oxyporum, estremamente dannosi per l'ambiente e la salute umana. Nell'ambito di questo progetto si iscrive la consegna della base militare di Manta agli Usa, il che, come avvertono il movimento indigeno e il Cms, significherà la perdita di neutralità del paese e il suo maggiore assoggettamento ai padroni del piano di sopra. Il Senato americano ha previsto uno stanziamento di 8.000 milioni di dollari, di cui 86 destinati all'Ecuador, per portare avanti il Plan Colombia, mentre le Farc hanno dichiarato che il Piano è un attentato al processo di pace e al dialogo avviato con il governo del presidente colombiano Andrés Pastrana nel1999 e che la base di Manta coinvolge l'Ecuador nel piano di invasione. E tutti gli analisti politici ecuadoriani concordano nel parlare di "balcanizzazione" o di "vietnamizzazione di bassa intensità" del paese se il Plan Colombia verrà attuato.

Per un maggiore approfondimento della situazione politico-economica e sociale attuale dell'Ecuador pubblichiamo qui un'intervista fatta a uno dei più importanti economisti ecuadoriani di sinistra, il professor René Báez, conosciuto in Italia per i suoi due libri Messico zapatista e Conversazioni con Marcos (Roma, 1997) e per la collaborazione a varie riviste specializzate sull'America Latina.

 

La rivoluzione dell'Arcobaleno

(Intervista a René Báez)

 

D. - La destituzione del presidente ecuadoriano Jamil Mahuad, definito dai media internazioinali come il primo colpo di stato del secolo XXI, ha avuto come protagonista la Conaie. Come si spiega l'insurrezione indigena?

R. - Il movimento indigeno ha accresciuto la propria presenza e autorevolezza nella vita politica del paese a partire dalla sua prima apparizione con il sollevamento dell'Inti Raymi (la festa del sole) dell'estate del 1990 e correlativamente al processo di lumpenizzazione del sistema politico ecuadoriano, iniziato a partire dalla presidenza di Febres Cordero (1984-88). Se a questo contesto aggiungiamo l'acutizzazione della crisi cronica del capitalismo ecuadoriano - specialmente nel 1999, anno del crack finanziario e della moratoria del debito Brady -, e la politica attuata del presidente Mahuad diretta a "risolvere" i problemi socioeconomici all'interno di un reazionario capitalismo di Stato e secondo le ben conosciute formule antipopolari del Fmi, si comprenderà facilmente il crescente malessere e l'opposizione indigena, ossia dei più poveri tra i poveri di questo infelice paese.

In verità la ribellione fermentava da tempo. Durante l'anno e mezzo di regime democratico-cristiano [il partito del presidente Mahuad] la Conaie si era mobilitata pacificamente in tre occasioni: le prime due per appoggiare le giornate di protesta di vari settori sociali e lavorativi contro misure economiche antipopolari come gli smisurati aumenti del prezzo dei combustibili, e l'ultima con il preciso proposito di "destituire i tre poteri dello Stato e di rifondare il paese".

A livello contingente, la caduta del presidente Mahuad ha rappresentato una nuova "presa di Quito" da parte di nutriti contingenti indigeni di nazionalità diverse ed è stata anticipata dalla creazione, propiziata dalla Conaie e dal Cms, del Parlamento dei Popoli dell'Ecuador, presieduto inizialmente dal carismatico vescovo cattolico Alberto Luna Tobar e, successivamente, dal leader indigeno Antonio Vargas. La costituzione di questa sorta di potere duale è risultata nefasta per il governo di Mahuad.

 

D. - Come si può spiegare l'adesione dei militari all'insurrezione?

R. - Secondo notizie successive ai fatti, il tracollo dell'amministrazione statale aveva diviso le Forze armate in due frazioni. Da una parte c'era la cupola dei generali capeggiata da Carlos Mendoza, ministro della Difesa e Capo di stato maggiore, e dall'altra l'insieme dei colonnelli e dei giovani ufficiali laureati guidato da Lucio Gutiérrez.

Il primo gruppo, anch'esso stanco della corruzione del paese e dell'inettitudine del Presidente (un Harvard boy), era d'accordo con la successione costituzionale che apertamente stava invocando l'oligarchia patrizia proponendo i nomi di Gustavo Noboa e Juan José Pons, presidente del Parlamento. Il secondo gruppo, quello insurrezionale, si era trovato progressivamente a condividere le posizioni della Conaie e del Cms, orientato verso la costituzione d'una Giunta di salvezza nazionale che avrebbe proiettato nel nuovo secolo gli ideali dei "rivoluzionari giuliani" del 1925, il movimento che tolse il potere alla bancocrazia dell'epoca e gettò le basi per la formazione di uno Stato sociale che raggiunse la sua espressione migliore negli anni Settanta.

 

D. - Perché la Giunta di salvezza nazionale non si consolidò?

R. - La vita effimera della Giunta - è durata soltanto tra il 21 e il 22 gennaio - si dovette a fattori come la reazione delle potenti forze dell'establishment. León Febres Cordero - l'ex presidente di un governo di triste memoria, sindaco del principale porto ecuadoriano e leader indiscusso del Partito social-cristiano - aveva perfino minacciato la secessione della regione del Guayas, la Casa Bianca americana ventilò il ricatto di un blocco come quello che mantiene contro Cuba da quarant'anni, i governi sudditi delle altre parti del mondo condannarono scandalizzati la "rottura dell'ordine costituzionale dell'Ecuador", e per finire le camere di commercio, i politicanti di professione e in particolare la televisione si misero a lodare la democrazia borghese. Inoltre, penso che la Giunta di salvezza nazionale non ha potuto vincere la paura per una vera democrazia e la fobia verso l'indigeno che affiorarono in quei giorni nel subconscio bianco-meticcio. 

 

D. - L'Ecuador vive adesso una sorta di tregua politica, anche se i problemi di fondo sono    senza dubbio latenti. Come si può caratterizare sostanzialmente il conflitto ecuadoriano?

R. - Rischiando di schematizzare e impoverire la realtà, penso che l'Ecuador contemporaneo abbia evidenziato lo scontro di due progetti di funzionamento sociale: la modernizzazione riflessa e l'accelerazione produttiva (Darcy Ribeiro). Il primo, difeso soprattutto dai gruppi di potere creoli e internazionali e i loro rispettivi sistemi di propaganda, parte dalla tesi - smentita dalla pratica - che i laceranti problemi del paese (e del mondo "sottosviluppato" in generale) siano risolvibili mediante l'assunzione di modelli tecnologici, produttivi, organizzativi e culturali primomondisti. Questo progetto oggi presuppone e difende la legge del mercato e la democrazia formale. Il progetto dell'accelerazione evolutiva si identifica con la proposta di progresso della società a partire da definizioni nazionali, dal rapporto intimo dell'uomo con la natura, dalla concezione del mercato che presuppone uno scambio di conoscenze e solidarietà, dalla concezione della democrazia come fatto culturalpolitico continuo, dal riscatto dell'utopia intesa come la somma delle aspirazioni collettive...

A questo progetto aderiscono razionalmente o emozionalmente sempre più vasti settori di naufraghi della Globalizzazione, del Progresso, della Crescita, della Modernizzazione. Nel caso ecuadoriano, il progetto dell'accelerazione evolutiva sta incorporando i secolari postulati etici del popolo quichua, come il trittico ama quilla (non essere ozioso), ama llulla (non mentire), ama shua (non rubare).

In senso simbolico, si può dire che l'Ecuador stia nascendo al secolo XXI attraversato dal conflitto tra la macdonaldizzazione e la bandiera color arcobaleno (huipala) sotto la quale gli indigeni qui hanno resistito al modello europeo durante il Reich dei 500 anni. 

 

D. - Che rapporto vede tra l'insurrezione dell'Ezln il 1° gennaio 1994 e quella della Conaie il 21 gennaio scorso?

R. - La ragione dell'insurrezione dei popoli è sempre la stessa: lottare contro l'oppressione e l'ingiustizia. Mi sembra che sia stato proprio l'ayatollah Komeini a dire che tutte le rivoluzioni sono sorelle.

Inoltre, so che la Conaie e il Cms hanno iniziato a preparare il III Incontro intergalattico per l'umanità e contro il neoliberismo, che gli zapatisti organizzarono per primi in Chiapas nel 1996.

 

D. - La caduta della Giunta di salvezza nazionale costituisce una sconfitta?

R. - No. Semplicemente un episodio ulteriore del confronto che ha già compiuto 500 anni.