EMBARGO: “MODERNO” STRUMENTO DEL CAPITALE FINANZIARIO INTERNAZIONALE CONTRO I POPOLI

 

Eugenio Busellato

 

Cos’è un embargo

Tradotta letteralmente la parola embargo significa: “divieto di esportare singole merci in determinati Stati”. Oggi la parola stessa è tristemente nota a causa degli avvenimenti determinati dalle guerre più o meno dimenticate (sono circa 50!).

L’embargo nella concretezza non è altro che l’impossibilità di uno Stato di compiere commerci con le nazioni con le quali è entrato in conflitto o tensione militare e con quelle che per ragioni geopolitiche gli sono avverse.

Impossibilità nei commerci, non significa blocco della vendita o circolazione di armi, le quali non si fermano davanti a nessun impedimento o embargo, ma divieto di commerciare tutta una gamma di prodotti in uso alla popolazione civile compresi anche i beni di prima necessità come cibo, medicinali ecc. Questo divieto insiste anche se la nazione oggetto di embargo, a causa di una guerra e/o tensione politico-militare, ha perso o notevolmente ridotto le proprie scorte agroalimentari. Naturalmente la riduzione ed il deperimento di scorte di prima necessità in una nazione genera una situazione di razionamento di taluni fondamentali prodotti. E nonostante questa strategia adottata debba servire da deterrente, essa crea nuova barbarie. Infatti, se gli obiettivi dichiarati sono quelli di strangolare le dirigenze statali perché antidemocratiche oppure antipopolari, la realtà è che vengono innanzitutto colpite le classi più deboli di quella determinata nazione già probabilmente al limite della sopravvivenza.

 

Vediamo alcuni esempi concreti

Nella storia recente l’embargo così come lo conosciamo noi è attuato dal capitale finanziario monopolistico statunitense ed internazionale, attraverso le “famose” risoluzioni che prevedono sanzioni economiche imposte dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, soprattutto per tentare di normalizzare l’economia di un paese secondo le sembianze che solo gli stati economicamente più forti avrebbero il diritto di determinare.

Gli esempi concreti davanti a noi sono rappresentati da tre casi limite: Cuba, Jugoslavia ed Irak.

A Cuba l’embargo o per dirla con i cubani “el Bloqueo”, dura da quando in quel paese si è determinata una resistenza in grado di ribellarsi allo strapotere yankee. La Rivoluzione Socialista Cubana proprio nell’orto della Casa Bianca ha fatto si che gli stessi Stati Uniti cercassero un alibi per non effettuare o meglio per impedire commerci con il paese caraibico in nome di una scarsa democrazia e non rispetto dei diritti umani “gravemente” compromessi dalla dirigenza comunista.

La recente legge approvata dal senato statunitense che propagandisticamente viene spacciata come una miglioria dei rapporti tra l’”isla roja” e gli Usa, altro non è che un ulteriore inasprimento al “Bloqueo” che nei fatti permane, anche perché agli Usa serve come valore politico-simbolico.
Il vero obiettivo infatti non è stato raggiunto dagli statunitensi e dai loro alleati, in quanto essi speravano che questa lunga morsa avrebbe finito con lo strozzare l’economia cubana soprattutto dopo il crollo dell'Urss e l’avvio del “periodo especial”. Il fatto che Cuba “vada avanti”, non solo la rende agli occhi del mondo (imperialista e non), rafforzata e rispettata; ma soprattutto rende giustizia ad un popolo che probabilmente vive in povertà ma che, non dimentichiamolo, ha acquisito una consapevolezza veramente importante su quelli che sono i reali meccanismi economici e di potere.

In Jugoslavia, dopo le recenti elezioni che hanno portato alla vittoria il candidato del capitalismo internazionale Kostunica, sostenuto da un coacervo di piccole lobby nazionalistiche ed affaristiche, la situazione per quanto riguarda l’embargo dovrebbe (è d’obbligo l’uso del condizionale) tornare alla normalità, poiché questo premier condiviso dalle dirigenze occidentali, da buon fedelissimo dovrà rendere conto ai suoi padroni attuando una politica di lacrime e sangue sulla pelle degli stessi che, votandolo, speravano in un reale cambiamento dopo la guerra “santa” della Nato attuata con “armi intelligenti” nello scorso anno. Quindi la pesante scure della compatibilità economica si abbatterà presto sulla “anomala Jugoslavia” che da dieci anni sta conoscendo solo periodi di guerra.

Le prime avvisaglie le abbiamo già avvertite proprio in questi giorni dopo la ventilata ipotesi di acquisizione della fabbrica Zastava, simbolo della resistenza operaia, da parte di un gruppo automobilistico europeo con evidenti pesantissimi tagli di personale che porteranno l’occupazione dell’azienda dagli attuali 38.000 a 6.000 lavoratori.

Infine l’Irak dove l’embargo continua con risvolti estremamente gravi. Nella vecchia Babilonia, la politica attuata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu ha determinato una situazione a dir poco drammatica soprattutto con il passare del tempo, poiché l’impossibilità di accedere a commerci e/o aiuti dall’estero di ampia portata ha bloccato non solo lo sviluppo di un paese, ma principalmente lo sviluppo umano dei suoi abitanti. Lo scarso approvvigionamento idrico, combinato ad una condizione di scarsa igiene e malattie infettive, alle quali non si è riusciti a porre un freno per via di una degradata situazione del sistema sanitario hanno determinato un vero e proprio genocidio soprattutto dopo la fine della Guerra del Golfo. A causa delle sanzioni economiche “più di un milione di iracheni sono morti, di cui 567.000 bambini” (Fao 1995). La malnutrizione e le conseguenze dell’utilizzo del nefasto uranio impoverito nei combattimenti, hanno nei fatti distrutto una generazione compromettendo pesantemente il futuro di questo paese. Tutto questo mentre Usa e Gran Bretagna non perdono occasione per bombardare ancora i miseri villaggi iracheni ormai senza più alcun mandato Onu e nel quasi totale silenzio dei mass media. Nonostante qualche timidissimo segnale di ripresa dei contatti con il “mondo”, in virtù di piccoli e limitati allentamenti sul piano sanitario ed alimentare, l’Irak ha fortemente compromesso il proprio sviluppo proprio a causa della spietatezza degli stati ricchi che non si sono fermati neppure davanti l’evidente efferatezza di tale genocidio in spregio e violazione ai principi sanciti dalle Convenzioni internazionali sistematicamente bypassate.

 

Per concludere, ma anche per rilanciare

L’impoverimento, la malnutrizione, la carenza idrica, la morte. Quella infame tragedia che prende il nome di embargo deve essere condannata nella teoria e soprattutto nella prassi dai comunisti di tutto il mondo, in quanto è attuata principalmente contro i popoli. Anche se ci dicono che l’embargo serve per esercitare una enorme pressione al fine di fare “esplodere la valvola” e favorire così la cacciata dei Milosevic o Saddam Hussein di turno.

Tale concetto risulta talmente chiaro se si ricordano gli epiteti lanciati dagli americani nel corso della Guerra del Golfo carichi di odio verso l’”unico” responsabile dei mali del mondo, additato a personaggio da giustiziare sulla pubblica piazza.

Che ve ne è ora di simili e assurde prese di posizione? Nulla!

I presunti responsabili di tali nefandezze, additati dagli Stati Uniti come fossero dei moderni Hitler, sono ancora al loro posto e la storia ci dimostra che il capitale non ha alcun problema a stringere accordi con chicchessia..Purtroppo non è così per milioni di bambini e per la popolazione civile che dopo aver affrontato una guerra è costretta dal solito nugolo di “gnomi imperialisti” a sottostare alla dura legge del capitale, che in maniera spietata arriva persino ( e non avevamo dubbi) a sopprimere ed a distruggere con una passata tutto ciò che lo circonda. 

I comunisti non possono che denunciare costantemente queste logiche che vogliono il continuo e massificato dominio  dell’uomo sull’uomo nel nome del becero profitto.

I comunisti debbono lottare contro questa politica del genocidio e favorire l’autodeterminazione dei popoli.

Quello che va abbattuto è il capitalismo che continua nella sua lunga scia di morte e barbarie!