EMBARGO: “MODERNO” STRUMENTO DEL CAPITALE
FINANZIARIO INTERNAZIONALE CONTRO I POPOLI
Tradotta
letteralmente la parola embargo significa: “divieto di esportare singole merci
in determinati Stati”. Oggi la parola stessa è tristemente nota a causa degli
avvenimenti determinati dalle guerre più o meno dimenticate (sono circa 50!).
L’embargo nella
concretezza non è altro che l’impossibilità di uno Stato di compiere commerci
con le nazioni con le quali è entrato in conflitto o tensione militare e con
quelle che per ragioni geopolitiche gli sono avverse.
Impossibilità nei
commerci, non significa blocco della vendita o circolazione di armi, le quali
non si fermano davanti a nessun impedimento o embargo, ma divieto di
commerciare tutta una gamma di prodotti in uso alla popolazione civile compresi
anche i beni di prima necessità come cibo, medicinali ecc. Questo divieto
insiste anche se la nazione oggetto di embargo, a causa di una guerra e/o
tensione politico-militare, ha perso o notevolmente ridotto le proprie scorte
agroalimentari. Naturalmente la riduzione ed il deperimento di scorte di prima
necessità in una nazione genera una situazione di razionamento di taluni
fondamentali prodotti. E nonostante questa strategia adottata debba servire da
deterrente, essa crea nuova barbarie. Infatti, se gli obiettivi dichiarati sono
quelli di strangolare le dirigenze statali perché antidemocratiche oppure
antipopolari, la realtà è che vengono innanzitutto colpite le classi più deboli
di quella determinata nazione già probabilmente al limite della sopravvivenza.
Vediamo alcuni esempi concreti
Nella
storia recente l’embargo così come lo conosciamo noi è attuato dal capitale
finanziario monopolistico statunitense ed internazionale, attraverso le
“famose” risoluzioni che prevedono sanzioni economiche imposte dal Consiglio di
sicurezza dell’ONU, soprattutto per tentare di normalizzare l’economia di un
paese secondo le sembianze che solo gli stati economicamente più forti
avrebbero il diritto di determinare.
Gli esempi concreti
davanti a noi sono rappresentati da tre casi limite: Cuba, Jugoslavia ed Irak.
A Cuba l’embargo o per
dirla con i cubani “el Bloqueo”, dura da quando in quel paese si è determinata
una resistenza in grado di ribellarsi allo strapotere yankee. La Rivoluzione
Socialista Cubana proprio nell’orto della Casa Bianca ha fatto si che gli
stessi Stati Uniti cercassero un alibi per non effettuare o meglio per impedire
commerci con il paese caraibico in nome di una scarsa democrazia e non rispetto
dei diritti umani “gravemente” compromessi dalla dirigenza comunista.
La recente legge
approvata dal senato statunitense che propagandisticamente viene spacciata come
una miglioria dei rapporti tra l’”isla roja” e gli Usa, altro non è che un ulteriore
inasprimento al “Bloqueo” che nei fatti permane, anche perché agli Usa serve
come valore politico-simbolico.
Il vero obiettivo infatti non è stato raggiunto dagli statunitensi e dai loro
alleati, in quanto essi speravano che questa lunga morsa avrebbe finito con lo
strozzare l’economia cubana soprattutto dopo il crollo dell'Urss e l’avvio del
“periodo especial”. Il fatto che Cuba “vada avanti”, non solo la rende agli
occhi del mondo (imperialista e non), rafforzata e rispettata; ma soprattutto
rende giustizia ad un popolo che probabilmente vive in povertà ma che, non
dimentichiamolo, ha acquisito una consapevolezza veramente importante su quelli
che sono i reali meccanismi economici e di potere.
In Jugoslavia, dopo le
recenti elezioni che hanno portato alla vittoria il candidato del capitalismo
internazionale Kostunica, sostenuto da un coacervo di piccole lobby
nazionalistiche ed affaristiche, la situazione per quanto riguarda l’embargo
dovrebbe (è d’obbligo l’uso del condizionale) tornare alla normalità, poiché
questo premier condiviso dalle dirigenze occidentali, da buon fedelissimo dovrà
rendere conto ai suoi padroni attuando una politica di lacrime e sangue sulla
pelle degli stessi che, votandolo, speravano in un reale cambiamento dopo la
guerra “santa” della Nato attuata con “armi intelligenti” nello scorso anno.
Quindi la pesante scure della compatibilità economica si abbatterà presto sulla
“anomala Jugoslavia” che da dieci anni sta conoscendo solo periodi di guerra.
Le prime avvisaglie le
abbiamo già avvertite proprio in questi giorni dopo la ventilata ipotesi di
acquisizione della fabbrica Zastava, simbolo della resistenza operaia, da parte
di un gruppo automobilistico europeo con evidenti pesantissimi tagli di
personale che porteranno l’occupazione dell’azienda dagli attuali 38.000 a
6.000 lavoratori.
Infine l’Irak dove
l’embargo continua con risvolti estremamente gravi. Nella vecchia Babilonia, la
politica attuata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu ha determinato una
situazione a dir poco drammatica soprattutto con il passare del tempo, poiché
l’impossibilità di accedere a commerci e/o aiuti dall’estero di ampia portata
ha bloccato non solo lo sviluppo di un paese, ma principalmente lo sviluppo
umano dei suoi abitanti. Lo scarso approvvigionamento idrico, combinato ad una
condizione di scarsa igiene e malattie infettive, alle quali non si è riusciti
a porre un freno per via di una degradata situazione del sistema sanitario
hanno determinato un vero e proprio genocidio soprattutto dopo la fine della
Guerra del Golfo. A causa delle sanzioni economiche “più di un milione di
iracheni sono morti, di cui 567.000 bambini” (Fao 1995). La malnutrizione e le
conseguenze dell’utilizzo del nefasto uranio impoverito nei combattimenti,
hanno nei fatti distrutto una generazione compromettendo pesantemente il futuro
di questo paese. Tutto questo mentre Usa e Gran Bretagna non perdono occasione
per bombardare ancora i miseri villaggi iracheni ormai senza più alcun mandato
Onu e nel quasi totale silenzio dei mass media. Nonostante qualche timidissimo
segnale di ripresa dei contatti con il “mondo”, in virtù di piccoli e limitati
allentamenti sul piano sanitario ed alimentare, l’Irak ha fortemente
compromesso il proprio sviluppo proprio a causa della spietatezza degli stati
ricchi che non si sono fermati neppure davanti l’evidente efferatezza di tale
genocidio in spregio e violazione ai principi sanciti dalle Convenzioni
internazionali sistematicamente bypassate.
L’impoverimento, la
malnutrizione, la carenza idrica, la morte. Quella infame tragedia che prende
il nome di embargo deve essere condannata nella teoria e soprattutto nella
prassi dai comunisti di tutto il mondo, in quanto è attuata principalmente
contro i popoli. Anche se ci dicono che l’embargo serve per esercitare una
enorme pressione al fine di fare “esplodere la valvola” e favorire così la
cacciata dei Milosevic o Saddam Hussein di turno.
Tale concetto risulta
talmente chiaro se si ricordano gli epiteti lanciati dagli americani nel corso
della Guerra del Golfo carichi di odio verso l’”unico” responsabile dei mali
del mondo, additato a personaggio da giustiziare sulla pubblica piazza.
Che ve ne è ora di
simili e assurde prese di posizione? Nulla!
I presunti
responsabili di tali nefandezze, additati dagli Stati Uniti come fossero dei
moderni Hitler, sono ancora al loro posto e la storia ci dimostra che il
capitale non ha alcun problema a stringere accordi con chicchessia..Purtroppo
non è così per milioni di bambini e per la popolazione civile che dopo aver
affrontato una guerra è costretta dal solito nugolo di “gnomi imperialisti” a
sottostare alla dura legge del capitale, che in maniera spietata arriva persino
( e non avevamo dubbi) a sopprimere ed a distruggere con una passata tutto ciò
che lo circonda.
I comunisti non
possono che denunciare costantemente queste logiche che vogliono il continuo e
massificato dominio dell’uomo sull’uomo
nel nome del becero profitto.
I comunisti debbono
lottare contro questa politica del genocidio e favorire l’autodeterminazione
dei popoli.
Quello che va
abbattuto è il capitalismo che continua nella sua lunga scia di morte e
barbarie!