Finanziaria 2001

aritmetica elettorale del centrosinistra

 

Queste note sulla Finanziaria sono tratte da un articolo più ampio che apparirà sul n° 81 della rivista “La Contraddizione” che ringraziamo per la consueta disponibilità.

 

Cesare Giannoni

 

Assieme alla presentazione della legge finanziaria per il 2001, il governo ha anticipato anche all’anno in corso alcune delle misure di sgravio fiscale delle imposte sui redditi delle persone fisiche, previste per l’anno successivo. Così facendo, il governo di centro(a)sinistra elargisce in anticipo, con un occhio di riguardo alle prossime elezioni politiche, una parte del c.d. dividendo fiscale[1] per un ammontare di circa 13000 mrd. 

L’entità complessiva della manovra per il prossimo anno dovrebbe comportare, stante il disegno di legge presentato il 30 settembre, la concessione  a “famiglie ed imprese” di un trasferimento netto, rispetto alla situazione ipotetica che si sarebbe verificata mantenendo la precedente situazione legislativa, di circa 21000 mrd. Tale trasferimento consiste di 24500 mrd di minori entrate e di 3400 mrd di minori spese, da sottrarsi al beneficio costituito dalla riduzione delle entrate.

In effetti, la natura in parte elettoralistica della nuova finanziaria, varata da un governo di centrosinistra in evidente difficoltà di consenso, è chiaramente visibile sia nella generosità della manovra complessiva -fondata sulla previsione di un andamento ottimistico della congiuntura macroeconomica  e delle entrate tributarie, sia nel carattere redistributivo  –rispetto alle precedenti manovre- forse meno sfavorevole nei confronti delle categorie di reddito più basse. Un esame più dettagliato della manovra lascia, comunque, poco spazio alla supponente ispirazione ecumenico-giacobina adombrata nel comunicato stampa del governo, secondo cui: “le risorse rese disponibili dalla Finanziaria per il 2001” sono “indirizzate interamente alla crescita del Paese…migliorando le condizioni di vita dei cittadini ed estendendo il benessere a settori sempre più ampi della società. La loro ripartizione è sostanzialmente divisa fra famiglie ed imprese, rispettivamente destinatarie di 2/3 e di 1/3 circa dell’ammontare complessivo” .

Schema riassuntivo degli effetti che le varie categorie di provvedimenti hanno sui saldi di finanza pubblica (indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, per cassa) nel 2001.

 

Dal punto di vista delle entrate tributarie, il governo prevede sgravi fiscali complessivi per  20660 mrd, 12557 mrd dei quali conseguono da riduzioni del carico Irpef.  Le misure prescelte a tal fine consistono: nell’ampliamento a 20 milioni del primo scaglione di reddito, in riduzioni delle aliquote applicate a ciascun scaglione di reddito superiore a quello minimo, in varie forme di deduzioni dal reddito imponibile e detrazioni d’imposta (tra cui: aumento degli importi concessi genericamente in detrazione, aumenti delle detrazioni per i familiari a carico, l’aumento delle possibilità di detrazione degli affitti per i conduttori con reddito inferiore ai 60 milioni annui), nella riduzione dell’acconto Irpef.

La riduzione dell’aliquota sarà di 1,5 punti percentuali per il secondo e terzo scaglione, e di mezzo punto percentuale per i restanti due scaglioni[2]. Ora, se è vero che le diminuzioni d’aliquota rispettano nominalmente il principio di progressività –vale a dire sono maggiori per le categorie di reddito inferiori, è anche vero che gli sgravi maggiori in valore assoluto, dato il meccanismo di calcolo progressivo delle imposte sul reddito, spetteranno alle classi di percettori di redditi più elevati. Sicché saranno i nuclei familiari (contributivi) delle classi medio-alte ad usufruire dei maggiori aumenti di reddito “disponibile”.

Per evidenziare il carattere fortemente regressivo degli sgravi concessi sui redditi personali/familiari, basti pensare che una approssimazione di buon senso, basata sui dati del ministero delle finanze tratti dalle dichiarazioni Irpef del 1993, induce a ritenere che ben oltre il 55% delle riduzioni d’imposta andrà a favore dei contribuenti con reddito superiore ai 50 milioni annui, i quali costituivano il 25% del numero complessivo dei contribuenti. Infatti, considerando che il valore dei risparmi pro-capite di tali contribuenti è certamente superiore a quello dei contribuenti con reddito inferiore, e che i primi assommavano nel ’93 il 53,5% del reddito complessivo dichiarato, i conti della serva sono presto fatti.    

Passando all’esame delle altre imposte,  vi sono poi da considerare quelle che eufemisticamente vengono indicate come misure destinate a favorire lo sviluppo equilibrato, il conseguimento di un maggiore equilibrio consistendo in una ulteriore riduzione dell’Irpeg gravante sulle imprese, ottenuta con la riduzione dell’aliquota nominale dal 37% al 36%[3] (secondo i dati delle Finanze l’effettiva è molto più bassa: 11% circa, visto che non la paga quasi nessuno; cfr. la scheda sul n.ro 76 de La Contraddizione). Allo stesso tempo, si ridimensiona l’acconto Irpeg per il 2001 dal 98% al 93%. L’effetto totale, considerando anche l’eliminazione del limite inferiore relativo all’aliquota media Dit (27%), è stimato in 3700 mrd di minori entrate.

L’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi e delle fonti d’energia connesse ha spinto il governo a prorogare ed introdurre nuove riduzioni d’accisa su benzine, gasolio, gasolio e metano da riscaldamento (1983 mrd di minore gettito), nonché a sopprimere l’addizionale erariale sull’energia elettrica (1094 mrd di minore gettito), alleggerendo così  di 3077 mrd la spesa energetica di imprese e consumatori finali. 

La diminuzione –approvata dall’Unione Europea- dal 20 al 10% dell’aliquota Iva da applicare alle ristrutturazioni edilizie, e l’introduzione della possibilità di detrarre dalle imposte il 10% dell’Iva pagata nell’acquisto di motocicli ed autovetture per uso personale dovrebbero assicurare, prevalentemente a favore di famiglie con tenore di vita medio-alto, alleggerimenti del carico fiscale per circa 1100 mrd. Da ulteriori disposizioni in materia di Iva e altre imposte indirette si hanno minori entrate per 189 mrd.

Per quanto concerne  l’Irap, l’imposta sul valore aggiunto di società ed imprese individuali[4], la deduzione – a partire dal periodo d’imposta 2000- di una quota fissa di 10 milioni dall’imponibile dei contribuenti avente un valore inferiore ai 350 milioni, e la riduzione dell’acconto al 95% permettono alle piccole imprese e ditte individuali di risparmiare 2850 mrd d’imposte (mentre altri 200 derivano dalla concessione di una proroga della speciale riduzione dell’aliquota Irap già accordata a favore delle società cooperative agricole).

Il famigerato Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione, siglato dai confsindacati nel dicembre ’98, accorda ai datori di lavoro, a partire dal 1° gennaio 2001, un esonero dal versamento dei contributi sociali per assegni familiari –dovuti dai medesimi- pari a 0,8 punti percentuali. L’applicazione di tale impegno regala ai datori di lavoro uno sgravio pari a 2200 mrd, i quali traducendosi in minori entrate dello stato vengono così addossati alla fiscalità generale (vale a dire, essenzialmente a carico dei lavoratori dipendenti).   

 Per completare gli effetti dal lato delle entrate, bisogna tener conto che dalla dismissione di beni e diritti immobiliari ci si attendono maggiori entrate per 800 mrd, mentre 560 mrd dovrebbero affluire da altre misure (principalmente dalle minori possibilità di deduzione delle spese per convegni medici).  

 

Gli effetti della manovra sul fronte della spesa scontano riduzioni nel valore degli acquisti di beni e servizi (consumi intermedi) da parte delle amministrazioni pubbliche, da raggiungere attraverso meccanismi di standardizzazione e razionalizzazione della spesa, per 5600 mrd; mentre la spesa per interessi dovrebbe diminuire –rispetto alle previsioni tendenziali- di 1600 mrd. 

Altri 2500 mrd di risparmi dovrebbero provenire dalla riduzione dei rimborsi dei crediti d’imposta; bisogna però considerare che 1870 mrd di questi verranno riassorbiti dalla concessione di nuovi crediti d’imposta -agli imprenditori privati che assumano a tempo indeterminato nuovi lavoratori dipendenti  e ai nuovi investimenti da realizzarsi nel mezzogiorno ed in altre aree c.d. svantaggiate-, nonché da altre agevolazioni d’importanza marginale a favore delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo.  

I rinnovi contrattuali ed i miglioramenti economici dei lavoratori del pubblico impiego richiederanno un aggravio di spesa di 1700 mrd, mentre circa 1380 mrd saranno destinati ad un incremento delle prestazioni pensionistiche (in ordine di rilievo quantitativo: maggiorazioni delle pensioni sociali minime, miglioramento dell’indicizzazione rispetto all’inflazione, copertura assicurativa dei lavoratori discontinui).

Altri interventi di spesa aggiuntiva sono previsti a favore della copertura finanziaria del processo di decentramento amministrativo verso regioni ed enti locali (500 mrd), a favore dell’Anas (150 mrd), a sostegno delle spese di ricerca e sviluppo delle imprese industriali  (180 mrd). Una serie di altri provvedimenti  residuali comportano quegli aggravi di spesa (per circa 500 mrd) che portano a 3400 mrd il valore dei risparmi di spesa ottenuti grazie alla manovra.

 

Qualche conto e considerazione di contorno

E’ evidente che un’analisi rigorosa degli effetti redistributivi fra le classi, nella corretta accezione materialistica marxiana, richiederebbe –quantomeno- una disamina molto più dettagliata della legge finanziaria. Nondimeno, qualche semplice conto permette di dissolvere qualsiasi equivoco sulla connotazione “di sinistra” della manovra di bilancio. Infatti, un’approssimativa aritmetica sociale sulla base delle cifre sin qui esposte mostra come:

_ ripartendo equamente i benefici della riduzione delle imposte indirette sui prodotti energetici tra imprese e consumatori, le imprese nel loro complesso beneficiano di sconti fiscali e contributivi per circa 9720 mrd;

_  una stima delle riduzioni di carico fiscale concesse alle famiglie con redditi superiori ai 50 milioni potrebbe consistere, sulla scorta delle considerazioni precedenti, in circa 9000 mrd; mentre alle famiglie con redditi inferiori spetterebbero circa 6000 mrd[5].

 Ora, per quanto riguarda i tagli alla spesa della P.A. per l’acquisto di beni e servizi, essi possono essere considerati sia come una diminuzione delle entrate delle imprese che, presumibilmente, come una riduzione della quantità e qualità dei beni e servizi prestati dall’amministrazione pubblica principalmente ai cittadini a basso reddito, per cui – dal punto di vista redistributivo- potremmo non considerarne gli effetti. 

Dunque, possiamo concludere che ben più di un terzo dell’entità complessiva della manovra (21000 mrd), vale a dire il 46%, viene destinato alle imprese, ed un ammontare leggermente inferiore, e pari al 41%, è riservato al 25% delle famiglie che percepiscono i redditi maggiori!

In conclusione,  inoltre, si osservi che il disegno di legge finanziaria non tiene conto  dei proventi dell’asta di concessione delle frequenze UMTS (l’ultima generazione di sistema di comunicazione di telefonia  mobile). Quali essi siano, il governo è comunque certo di stanziare almeno 2000 mrd di questi prossimi incassi principalmente a favore delle imprese, riservandoli a sostegno degli investimenti in ricerca e formazione, ovvero in agevolazioni fiscali per l’innovazione.

 

Materiali di riferimento

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), disegno di legge N.7328, presentato il 30/09/2000

Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri tenutosi il 29/09/2000

Speciale Finanziaria 2001, sul sito http://www.ilsole24ore.com

Analisi delle dichiarazioni II.DD. presentate nel 1994, sul sito http://www.finanze.it del Ministero delle Finanze



[1] Esso è costituito dalle entrate –previste a legislazione vigente e dovute alla più sostenuta crescita economica - eccedenti quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di indebitamento in rapporto al Pil. Sulla base di una norma inserita nella scorsa legge finanziaria, ogni maggiore entrata rispetto alle previsioni deve essere restituita.

[2]  Il secondo scaglione copre i redditi annui fra i 20 ed i 30 milioni, il terzo quelli dai 30 ai 60, il quarto quelli dai 60 ai 135, il quinto, infine, i redditi superiori ai 135.  

[3]  L’aliquota scenderà ulteriormente, al 35%, nel 2003.

[4]  L’imposta, un tributo regionale classificato fra le imposte indirette, sostituisce la precedente imposta locale sui redditi (ILOR); ultimamente, l’applicazione dell’Irap è stata estesa anche alle attività dei liberi professionisti.

[5]  Stima ottenuta ipotizzando che il 60% degli sgravi Irpef e 800 mrd di minore carico Iva su ristrutturazioni e acquisto veicoli vadano alle famiglie con redditi superiori ai 50 milioni, che i benefici della riduzione di imposte indirette sui prodotti energetici si ripartisca egualmente sulle due categorie di famiglie considerate.