FLASH SULLE ELEZIONI

 

Ineleggibili

 

Centrodestra e centrosinistra si somigliano proprio in tutto, ma su un punto hanno ragione entrambi: quello dell’ineleggibilità.

Il centrosinistra ha riscoperto il conflitto di interessi (che è poi fondamentalmente il conflitto tra gli interessi del capitalista Berlusconi e quelli degli altri capitalisti) a due mesi dal voto.

A questa tempistica davvero geniale – come riuscire altrimenti a far passare Berlusconi per vittima? – ha risposto l’accusa della “Casa delle libertà” al candidato Rutelli, ineleggibile per essersi dimesso da sindaco in ritardo.

Si, per una volta siamo d’accordo: sono ineleggibili. Entrambi ineleggibili dal punto di vista del diritto borghese. Entrambi ineleggibili dal punto di vista del proletariato. Entrambi ineleggibili per una questione di buon gusto.

Purtroppo uno dei due alla fine sarà eletto, ma nessun elettore è obbligato ad essere partecipe di un simile risultato! D’altra parte, se sono ineleggibili, perché votarli?

 

Il bidone dell’Armando

 

Le chiamano impropriamente “liste civetta”, ma sarebbe più preciso definirle “liste bidone”: servono infatti a scaricare voti che andrebbero invece “scorporati” dagli schieramenti principali che sono i veri beneficiari di questo raggiro.

Ovviamente i bidoni verranno ricompensati con qualche seggio per il servizio di smaltimento prestato. Colui che si propone come il campione di questo lavoro sporco, diciamo banditesco senza per questo voler offendere l’intera categoria dei banditi, ha un volto noto: Armando Cossutta.

Costui è passato in pochi anni dalla rifondazione comunista all’accomodamento nel governo di centrosinistra, dalla difesa della proporzionale a quella dei peggiori aspetti del maggioritario. Il tutto transitando per il bell’intermezzo della guerra alla Jugoslavia.

Ma se i banditi hanno spesso un futuro, non così gli enti inutili: prima o poi chiudono, è solo questione di tempo, e il tempo per l’inutile Pdci è davvero vicino alla scadenza.

 

Sindaci uscenti, sindaci entranti

 

Il ruolo di sindaco sembra essere oggi il più ambìto. Per schiodare Rutelli da quella poltrona ci sono volute le cannonate e i saluti del Santo Padre. Occupare quella poltrona sembra essere la massima aspirazione del segretario del più importante partito di governo. Un segretario che si era già segnalato per essere riuscito nell’impresa di chiudere il giornale del proprio partito.

Magari dopo la sconfitta diranno di aver perso a causa dell’astensionismo, ma quale ammissione preventiva di sconfitta poteva essere più esplicita della decisione di Veltroni di candidarsi a sindaco di Roma?

Eppure per cinque anni hanno avuto tutto il potere, hanno avuto il sostegno della Confindustria e quello del sindacato, per cinque anni hanno avuto dalla propria parte l’Europa e l’America di Clinton. Se non gli basterà per vincere le elezioni, con chi prendersela se non con se stessi?

 

Scioperi della fame e atti unilaterali

 

Contro le liste civetta, Bertinotti ha fatto un breve (3 giorni) sciopero della fame. Anche se questa forma di lotta non rientra certo nella consuetudine dei comunisti, non è questo il problema.

Nessuna forma di lotta va esclusa a priori, ogni forma di lotta va rapportata alle condizioni concrete in cui si applica. E il punto è proprio questo.

Lo sciopero della fame, quando è una cosa seria – basti pensare alla tragica vicenda dei militanti irlandesi dell’Ira – è la conseguenza di una condizione estrema, quale ad esempio quella del carcere. Se proprio si voleva utilizzare questa forma di lotta, perché non farlo per protestare nel ’99 contro la guerra? Perché farlo soltanto per una causa in sé giusta, ma assolutamente secondaria nel quadro generale di attacco agli spazi democratici, riducendo tutto ad un mero interesse di bottega?

Questo “sciopero” si colloca nel bel mezzo di un lungo mercanteggiamento tra Prc e Ulivo su “non belligeranza”, collegi e quant’altro. Ad oggi (11 marzo) non è ancora scritta l’ultima pagina di questa farsa, ma una cosa è certa: una volta raggiunta l’intesa, l’accordo verrà negato e si parlerà di “atti unilaterali”.

Il Prc non si presenterà per “decisione unilaterale” nei collegi della camera e, a quanto pare, in un buon numero di quelli del senato, più esattamente in quelli che contano. L’Ulivo restituirà il favore – sempre “unilateralmente”, si intende! – dimenticandosi di presentare propri candidati in altri collegi lasciati al Prc. Insomma una minidesistenza, solo un po’ più confusa di quella del ’96.

Che strana la politica italiana! Da una parte trucchi di tutti i tipi come le “liste civetta”, dall’altro (con gli stessi protagonisti) generosi scambi di regali frutto di “atti unilaterali” non concordati. Di fronte a tanta bontà manca la parola, ma resta una domanda: c’è qualcuno che ci crede?