I comunisti e le elezioni della primavera 2001

F. Giuntoli

 

Scade la legislatura e nella prossima primavera in Italia si vota. Tutto lascia prevedere che la competizione elettorale si terrà nel periodo previsto (a meno che non si verifichino avvenimenti e circostanze di particolare gravità). Tutta la stagione autunnale sarà occupata dal dibattito parlamentare sulla manovra finanziaria, che ormai è diventata lo strumento legislativo fondamentale con cui il governo interviene direttamente sul bilancio dello Stato. Quando, nel discorso di capodanno, il Presidente della Repubblica Ciampi chiuderà la stagione legislativa delle Camere elette il 21 Aprile 1996 forse conosceremo ufficialmente la data delle prossime elezioni. A partire dal 21 di Marzo tutte le domeniche saranno buone.

Si voterà con lo stesso sistema elettorale delle elezioni passate dato che ormai non c’è il tempo materiale per discutere ed approvare una nuova legge.

Una nuova legge elettorale dovrà infatti tener conto delle due sberle consecutive rimediate in altrettanti referendum dai partigiani del sistema uninominale maggioritario.

Ma contemporaneamente cercherà di rafforzare il bipolarismo introducendo magari lo sbarramento del 5% dei voti per accedere al Parlamento.

Il dibattito è aperto, soluzioni diverse si prospettano trasversalmente ai due poli e si intrecciano nei singoli partiti. Di questa materia si dovrà occupare il Parlamento della nuova legislatura. Intanto si stanno combinando le alleanze elettorali intorno ai due poli, di centro destra e centro sinistra. I due schieramenti non sono ancora compiutamente definiti ma i sostenitori di un eventuale 3° polo finiranno per collocarsi comunque da una parte o dall’altra. Questo vale per Di Pietro, per D’Antoni e vale anche per Rifondazione Comunista.

Nel patteggiamento, che è sotto i nostri occhi, sono compresi gli accordi sulla futura legge elettorale, che comunque confermerà e rafforzerà il sistema bipolare.

Con una manovra finanziaria chiaramente ispirata da ragioni di propaganda elettorale, la volata per le elezioni di primavera è già iniziata.

 

Molti osservatori danno per favorito il Polo di Berlusconi, altri contano sulle capacità di recupero del centro-sinistra. Tuttavia un esito di queste elezioni è comunque scontato: vincerà “l’americanizzazione della politica”, con il rafforzamento del bipolarismo, la personalizzazione spettacolare della competizione elettorale, la democrazia rappresentativa ridotta a un teatrino di saltimbanchi, la società sempre più estranea ai meccanismi di una politica che si ricorda della stessa società solo alla vigilia delle elezioni con elemosine e promesse.

Comunque vada, qualunque schieramento dovesse prevalere, il processo involutivo della politica italiana non si arresterà.

Lo scenario politico che si prefigura è quello dell’alternanza fra i due poli, senza che vi sia una vera e propria opposizione alle scelte fondamentali che li accomunano.

Questo avrebbe dovuto essere il ruolo dei comunisti: profonde ragioni sociali, economiche, culturali e politiche, nazionali e internazionali consentono una base elettorale e uno spazio politico ancora consistente per costruire e rafforzare l’opposizione alle scelte generali del capitalismo anche sul terreno delle istituzioni borghesi.

Proprio sul terreno dell’opposizione politica avviene invece il cedimento complessivo del Partito della Rifondazione Comunista, guidato da Fausto Bertinotti (mentre il PDCI di Cossutta e Diliberto è ormai parte organica del centro-sinistra, avendone condiviso tutte le scelte e le responsabilità politiche).

Nel 1996 il raccordo del PRC (Cossutta e Bertinotti insieme) con l’Ulivo si realizzò con il “patto di desistenza”. Con quell’accordo l’Ulivo vinse le elezioni e i deputati e i senatori di Rifondazione Comunista risultarono determinanti per costituire la maggioranza parlamentare che sosteneva Prodi.

Nel 2001 i voti comunisti sono ancor più necessari ad un centro sinistra che ha preso colpi nei consensi elettorali e rischia seriamente di perdere la partita.

Il PRC (questa volta senza Cossutta) offre la sua <<non belligeranza>>: non presenterà candidati propri nei collegi uninominali per consentire al centro-sinistra di fare il pieno dei voti contro Berlusconi, Fini e Bossi. Il PRC presenterà il suo simbolo e i suoi candidati solo nella quota proporzionale che elegge il 25% dei deputati alla Camera. Non si presenterà al Senato. In cambio arriveranno alcune misure sociali (contenute già nella finanziaria) a proposito di ticket, pensioni minime, sussidi ai disoccupati, tali da indurre a credere che la politica di Rifondazione produce risultati concreti già nell’immediato.

Sul tavolo della trattativa dello scambio con la <<non belligeranza>> c’è anche il sistema elettorale tedesco che il partito di Bertinotti chiede ad un centro-sinistra ormai poco convinto (visti gli esiti referendari) della residua bontà del sistema elettorale uninominale – maggioritario. Rifondazione chiede in definitiva, il rafforzamento comunque del sistema bipolare (come è stato ed è in Germania da 50 anni) e quindi, in definitiva, ne accetta la logica e le conseguenze politiche  in termini di alleanze e di contenuti.

Sarà allora interessante vedere da quali alchimie politiche e da quali accordi sottobanco uscirà il gruppo di Rifondazione al Senato (dato che la quota proporzionale riguarda solo la Camera dei Deputati).

La logica è la stessa di 5 anni fa: le scelte del male minore e la filosofia del contenimento del danno. Ma il male c’è comunque ed anche il danno è assicurato.

In virtù della <<non belligeranza>> del PRC avremo allora una campagna elettorale in cui nessuno chiederà conto al centro-sinistra di ciò che ha fatto il governo in questi 5 anni.

Politiche sociali fatte di tagli alla spesa pubblica e favori alle imprese, l’introduzione del lavoro in affitto, una legge sull’immigrazione che di fatto  impedisce ed ostacola la regolarizzazione dei lavoratori immigrati, il tentativo (battuto dall’astensione referendaria) di rafforzare il sistema uninominale maggioritario, l’introduzione dell’esercito di mestiere per fini imperialistici, la guerra di aggressione alla Jugoslavia non saranno argomenti per la lotta politica ed elettorale che si nutrirà di triti e generici appelli contro il pericolo della destra e l’ascesa di Berlusconi.

Con queste elezioni si compie allora la parabola di Rifondazione Comunista, iniziata con l’opposizione alla svolta della Bolognina e allo scioglimento del PCI e conclusa con l’approdo di Cossutta prima e di Bertinotti oggi nelle sabbie mobili del centro sinistra.

La fine di questa esperienza è tristemente rappresentata dall’assenza del simbolo e del candidato comunista in tutti i collegi uninominali da cui uscirà tre quarti del Parlamento Italiano.

Rimarranno i gruppi parlamentari (e al seguito il ceto politico che si ripropone e si riperpetua) Scompare però la sostanza politica che aveva costituito la ragione essenziale di Rifondazione Comunista: la costituzione di un partito di classe che, dall’opposizione alle scelte del capitalismo e dei suoi governi, sapesse avviare un processo di trasformazione della società verso il comunismo.

Nelle sabbie mobili del centro sinistra ci si può agitare ma si finisce sempre per sprofondare.

 

Fuori da queste sabbie mobili l’area dei compagni toscani che costituisce il Movimento per la Confederazione dei Comunisti sceglie di non stare a guardare e di non rimanere indifferente. Come comunisti ci rifiutiamo di accettare la sostanziale cancellazione e la scomparsa dei simboli che ci caratterizzano internazionalmente da 80 anni, dalla competizione elettorale. Rispetto ad un sistema bipolare che assorbe anche Rifondazione Comunista, noi accettiamo la sfida e ci presentiamo a queste elezioni, seppur soltanto in Toscana.

Possiamo contare su una rete organizzata di compagni in grado di raccogliere le firme necessarie, di individuare i candidati rappresentativi e di sostenere il peso politico ed organizzativo di una campagna elettorale.

Anni di militanza (chi nel PCI, chi in DP, poi nel PRC) ci consentono di elaborare un programma elettorale che tenga conto, oltre nelle sue rivendicazioni sia delle esperienze di lotta più alte che delle proposte politiche più avanzate, contenute nella nostra storia.

L’analisi accorta e accurata della situazione politica, nazionale ed internazionale, che siamo venuti elaborando dopo l’uscita da Rifondazione Comunista nell’inverno 1997, viene confermata dai fatti (l’essenza antidemocratica e antisociale della 2a Repubblica) e dagli avvenimenti (la guerra alla Jugoslavia).

La deriva di Rifondazione Comunista (ben compresa al momento della nostra separazione da quell’esperienza) non ci coglie di sorpresa e non ci trova impreparati.

Abbiamo il dovere di assumerci l’impegno di far seguire le scelte alle analisi, di passare dalle  parole ai fatti, dalle critiche alle proposte.

La scelta di partecipare alle prossime elezioni politiche in più collegi della Camera e del Senato e in tutta la Toscana sul proporzionale, è stata presa dall’assemblea regionale del nostro movimento, dopo una fitta serie di riunioni, incontri e assemblee locali.

Siamo consapevoli che il terreno elettorale non è quello principale della lotta politica, secondo la concezione propria dei comunisti. Né tantomeno è il terreno su cui si determina la nascita di un partito comunista.

Come Movimento siamo e rimaniamo una parzialità, il confronto con chi ha compiuto scelte diverse dalle nostre rimane ed è aperto.

Tuttavia astenersi dalla competizione elettorale nel momento in cui non si sente una voce che si alzi contro il bipolarismo e il regime della 2a Repubblica ci sembra rinunciatario e, in definitiva, arrendevole.

L’esperienza delle elezioni comunali ci ha insegnato che là dove il PRC si confondeva con il centro sinistra fino a non presentarsi autonomamente, le liste comuniste che abbiamo presentato hanno raggiunto risultati elettorali non disprezzabili (l’1,9% a Lucca nel ’98, dal 4 al 5% nei comuni minori dove ci si è presentati nel ’99).

Diversamente nei casi dove era presente il PRC. Per questo non abbiamo presentato candidati e simbolo alle ultime elezioni regionali in Toscana, unica regione dove il PRC correva da solo, all’opposizione del centro sinistra.

Le condizioni favorevoli si ripropongono ora nelle elezioni generali della Camera e del Senato della Repubblica per la primavera prossima.

Partecipandovi a ragion veduta intendiamo offrire un contributo di lotta, di esperienza e di elaborazione politica al processo di ricomposizione  delle soggettività comuniste oggi disperse e al percorso per la riformulazione dell’organizzazione nazionale dei comunisti di cui oggi c’è bisogno.

Presentandoci diamo la possibilità di esprimere anche con il voto la volontà di lotta contro il centro destra e il centro sinistra.

Presentandoci diamo a tutti i lavoratori e agli oppressi della Toscana la possibilità di esprimere un voto Comunista.