Il Genoma Umano: da strumento di discriminazione ad autogol per il determinismo biologico

Vittorio Paiotta

 

L’ 11 Febbraio 2001 è stato dato al mondo l’annuncio della conclusione della enumerazione dei geni dell’uomo da parte degli scienziati: in altre parole i consorzi di ricerca scientifici sono riusciti a definire l’intera sequenza dei geni che compongono il genoma umano (non tutta la sequenza, ma la stragrande maggioranza se volessimo essere precisi). Il merito della scoperta è andato “ex equo” a due gruppi di ricerca: il consorzio «Progetto Genoma Umano» guidato da Eric Lander, finanziato con fondi pubblici britannici ed americani, e la società privata «Celera Genomics» di Craig Venter, di Rockville nello Stato del Maryland. La copertura mass-mediatica con cui questa scoperta è stata preceduta ed annunciata è stata unica: mai, prima di allora, un passaggio scientifico è stato tanto strombazzato. Scoperte scientifiche che hanno cambiato il mondo (in meglio o in peggio) hanno avuto meno di un centesimo della risonanza che ha avuto questo annuncio: la teoria della relatività di Einstein per esempio (forse perché all’epoca non capita), la scoperta della possibilità dell’utilizzo dell’energia atomica (dato che al momento della scoperta già se ne intravedevano le pericolose e tragiche conseguenze belliche), o la scoperta dei microprocessori che hanno permesso lo sviluppo dei personal computer. Tutto questo non ha avuto, all’epoca, lo stesso carico di aspettative assegnato al completamento della sequenza del genoma umano. Da anni l’”informazione” radiotelevisiva si adopera per creare un’incredibile confusione sopra questo tema, con l’unico risultato di rendere incomprensibili i termini del problema a chiunque non ne sia addentro; come conseguenza della confusione, l’opinione pubblica è pronta a ricevere qualsiasi tipo di informazione, e in questo modo si può riuscire a creare qualsiasi tipo di corrente culturale e politica. Il fenomeno è piuttosto complesso e, solo in parte riguarda il mondo scientifico; per comprendere appieno di che cosa si sta parlando e quali fattori scientifico-culturali sono entrati in gioco, credo si debba fare un breve riassunto di che cosa significhi il termine “genoma” e in quali passaggi si è arrivati alla sua definizione.

 

Si intende per genoma umano l’insieme di informazioni genetiche contenute nel nostro corpo: ogni nostra cellula (ognuno di noi ne possiede circa 100.000 miliardi) contiene nel suo nucleo una molecola chiamata Acido Deossiribonucleico (conosciuta più comunemente col nome di DNA): da questa molecola partono tutti gli ordini per la duplicazione cellulare, per la sintesi delle proteine e degli ormoni; questi ordini vengono trasmessi dal DNA mediante una sequenza di “lettere” in esso contenute. In altre parole, ogni molecola di DNA è una sorta di centrale operativa per il corretto funzionamento del nostro corpo. Conoscere l’esatta successione di queste lettere significa conoscere la struttura completa delle molecole del DNA, cioè il genoma umano.

 

La cronologia delle scoperte nel campo della genetica è riassunta nello schema in calce a questo articolo. Come si può vedere c’è un notevole scarto di anni tra la scoperta dell’esistenza del DNA da parte di Watson e Crick (1953) ed i successivi passaggi. Questo salto è dovuto alla mancanza di tecniche sperimentali adatte all’investigazione: tecniche che sono state sviluppate dall’inizio degli anni sessanta ma che sono entrate nell’uso comune tra gli scienziati solo a partire dalla fine degli anni settanta. Alla fine degli anni ottanta è stato creato il “Human Genome Organization”, un’agenzia responsabile del coordinamento dello studio del genoma ed è a causa (volontaria o involontaria) di questo strumento che il clima riguardo alla ricerca genetica è completamente cambiato; sulle aspettative dei risultati ottenibili ha preso vita quella corrente di pensiero comunemente chiamata “determinismo biologico” e che con la scienza ha ben poco a che vedere. Intendiamoci: la ricerca scientifica non è mai neutra: è una creazione umana e, come tale, necessariamente inscritta nel contesto sociale, politico ed ideologico del momento. Sono gli interessi economici e le influenze culturali del proprio tempo a determinare, in larga misura, la direzione che questa prende. In questo senso va inserita tutta la ricerca scientifica, in qualsiasi campo. Tuttavia la creazione del consorzio per lo studio del genoma ha estremizzato questa regola: il fattore scientifico è stato quasi completamente soppiantato da quello culturale ed il determinismo biologico è diventato il vero protagonista sulla stampa, alla televisione e dovunque si faccia informazione.  Ma che cos’è il determinismo biologico? Vediamo di spiegarlo: dall’inizio degli anni novanta si è assistito ad un costante e tambureggiante spaccio di notizie da parte dei media. Al principio si è cominciato caricando la ricerca genetica di aspettative incredibili: cura del cancro (tutti i tipi di cancro nel giro di pochissimi anni!), cura praticamente di tutti i tipi di malattie in quanto, spiegavano gli eccitati giornalisti, la conoscenza della sequenza genica avrebbe permesso di stabilire come nascono tutte le malattie e quindi di prevenirle. Dalla speranza del mondo perfetto, senza malati e malattie, i nostri zelanti responsabili dell’informazione si sono poi avventurati su un ben più pericoloso versante: essendo il codice genetico composto da un numero enorme di geni (più di 100.000, così si credeva fino a pochi mesi fa) doveva essere evidente che all’interno del nostro DNA fossero contenute un numero tali di informazioni da descrivere un individuo, non solo fisicamente, ma anche caratterialmente e socialmente. Letteralmente la totalità delle caratteristiche di ogni individuo sono determinate biologicamente dal suo corredo genetico. Seguendo questo principio i giornalisti si sono lanciati (imbeccati da scienziati bisognosi di pubblicità e di nutrire l’onnipotenza del proprio ego) in una “campagna delle meraviglie”. Chiunque ogni tanto segua un telegiornale ha potuto periodicamente ascoltare notizie del tipo “Scoperto il gene dell’obesità: da domani una pillola farà diventare tutti più magri!”. La “scoperta” in questione si riferiva ad un certo tipo di obesità la cui causa era effettivamente da ricercarsi in un problema genetico, ma quanti obesi sono ammalati di “obesità genetica”? Forse l’uno per cento, forse meno, ma questo non impedisce di divulgare la notizia nel modo sopra scritto. Oppure: “scoperto il gene dell’omosessualità” e di seguito, in una cascata di informazioni sempre più rassicuranti per l’opinione pubblica:

scoperto il gene dell’aggressività: in futuro si può realisticamente sperare di avere una cura che la eliminerà dal pianeta”;

La criminalità ha origine genetica: un gruppo di ricerca americano ne ha scoperto l’origine”;

La povertà non è un fattore culturale ma un problema genetico: chi è povero lo è per una sua attitudine genetica che lo rende passivo nei confronti della vita” (dichiarazione ripresa da Clinton tre anni or sono).

La tecnica per la diffusione di queste informazioni è la medesima di quella descritta per il gene dell’obesità: qualche gruppo di ricerca, medico o biologico, in cerca di pubblicità e di finanziamenti svolge uno studio in un ospedale psichiatrico, esaminando qualche paziente con tendenze aggressive; si individua la probabile possibilità di individuarne la causa genetica e si lancia l’ammiccante notizia alla stampa. La stampa la riporta nei modi sopradescritti estendendo il caso clinico in questione alla società nel suo insieme.

Come scrive Orietta Lunghi nel suo articolo, sull’ultimo numero di ROSSO XXI, la borghesia in questo periodo ha particolarmente bisogno di essere rassicurata in termini di criminalità e sicurezza: cosa c’è di meglio che descrivere la criminalità come un fenomeno biologico, o meglio come una malattia? Le malattie si curano! Basta solo pazientare qualche anno e i potenti progressi della ricerca genetica ci forniranno la cura su un piatto d’argento. Cosa c’è di più consolante per le coscienze occidentali che considerare la povertà come una malattia da curare?  Si versano diecimila lire ad un fondo per la ricerca genetica presentato ad un telethon e la coscienza è a posto: molto meglio che dover fare i conti con il fatto che magari, se in Jugoslavia la gente è allo stremo, è perché i nostri democratici governi li hanno riempiti di bombe. O con il fatto che se i bambini palestinesi si gettano armati di soli sassi contro i soldati israeliani è perché non hanno una terra e le loro condizioni di vita sono allo stremo e non perché nel loro genoma c’è qualcosa di strano. Che cosa c’è di scientifico in tutto questo? Si può ancora parlare di teorie scientifiche quando si fanno affermazioni di questo tipo? Sicuramente no.

 

Questo è il panorama con cui siamo stati bombardati per tutti gli anni novanta e fino all’annuncio del completamento del genoma. Negli ultimi tempi tuttavia, qualcosa è intervenuto: un’industria privata, la Celera Genomics di Craig Venter, si è lanciata alla caccia dello stesso risultato del consorzio pubblico “Progetto Genoma”, sviluppando una competizione senza esclusione di colpi.

Il progetto Genoma comprende circa 250 laboratori di ricerca sparsi in tutto il mondo e, i loro responsabili (quasi tutti provenienti dal mondo dell’università) non avevano pensato che una sola industria privata possedesse l’organizzazione e le risorse per competere con questo gigante.

La gara ha toccato il momento di massima tensione quando Craig Venter ha annunciato che entro pochi mesi la Celera avrebbe concluso (e brevettato!) la ricerca. A sostegno del consorzio “Progetto Genoma” sono intervenuti addirittura Clinton e Blair che, in una improvvisata e congiunta conferenza stampa, hanno dichiarato che il genoma umano non poteva essere messo sotto brevetto in quanto “patrimonio dell’intero genere umano”. Si è innescata, a questo punto, una durissima polemica: da una parte la Celera, che sosteneva (con ragione) che la magnanimità di Clinton e di Blair era in realtà solo un tentativo di proteggere gli enormi investimenti che i due paesi avevano fatto negli anni per sostenere il Progetto Genoma, e che sarebbero andati perduti nel caso qualcun altro avesse raggiunto per primo il risultato; dall’altra gli scienziati del Progetto Genoma che sostenevano (anch’essi con ragione) che quello della Celera era solo un bluff, in quanto questi si stavano apprestando a terminare solo l’elenco delle basi (le “lettere”) del DNA, ma senza stabilirne l’ordine, facendo così perdere al risultato qualunque importanza scientifica. Entrambi gli argomenti usati dai due gruppi erano validi e, dopo otto mesi di serrate trattative si é arrivati ad una mediazione: la sequenza del genoma sarebbe stata pubblica, cioè non soggetta a brevetto commerciale. In cambio, il merito della scoperta sarebbe andato ex equo ai due consorzi.

Ed è qui che, presi dal senso della competizione, gli alfieri del determinismo biologico non si sono accorti del clamoroso autogol!

La fretta di pubblicare il risultato (prima che uno dei due partecipanti rompesse la fragilissima tregua e combinasse all’altro un brutto scherzo) ha fatto si che non si preparasse il terreno culturale “adatto” per presentarlo. Il risultato infatti era decisamente diverso da quello che tutti si aspettavano: il genoma umano non era composto da quei cento-duecentomila geni ipotizzati, ma solo da trentamila. Cosa significa questo? Che nel DNA sono si contenute un grandissimo numero di informazioni, ma decisamente inferiore a quelle attese. Si sono potuti quindi affermare alcuni importanti concetti:  fra due esseri umani, il Dna differisce di solo lo 0,2% (una lettera su 500), considerando che le cellule umane possiedono due copie del genoma: si capisce bene che, se per il 99,8% il genoma è uguale in tutti gli uomini, è impossibile che, in quello 0,2%, siano concentrate differenze razziali, caratteriali o sociali.

É stato lo stesso Craig Venter a dare il segnale della capitolazione ai “deterministi” dichiarando che “Questo significa che non possediamo un numero sufficiente di geni per sostenere il principio del determinismo biologico, e quindi è l’ambiente in cui viviamo che costituisce un fattore critico per la diversità della specie umana». E ancora “La razza è solo un concetto sociale ma non scientifico”.

Affinché il senso di questo articolo non venga frainteso dirò che credo veramente che la ricerca  scientifica sugli acidi nucleici sia effettivamente importante per il futuro dell’uomo; da un punto di vista medico-biologico non è sciocco sperare nella possibilità che venga individuata nel giro di poco tempo la cura per alcuni tipi di tumore. Il problema sta nel non credere che questo tipo di ricerca rappresenti la panacea di tutti i mali e nel non adagiarsi su un cieca fiducia riguardo a tutto ciò che arriva dal mondo scientifico; soprattutto quando si cerca di dare una veste “dotta” a teorie (peraltro non nuove) che portano nuovi argomenti ai beceri campioni dell’esclusione sociale. Il completamento della sequenza del genoma umano ha rappresentato un’importante sconfitta di questi signori, ma non si deve cadere nell’errore di crearsi troppe illusioni: il determinismo biologico è uno strumento culturale troppo importante per il capitale e le vie per discriminare sono infinite. Il tempo di riorganizzare le truppe e sicuramente ci ritroveremo nuovamente sommersi da notizie di stampo simili a quelle che circolavano prima di questa data. Già si parla, come se niente fosse successo, di compagnie di assicurazioni che chiederanno la predisposizione genetica alle malattie prima di assicurare qualcuno, o di industrie che chiederanno la “carta di identità genetica” prima di assumere (tante volte ci fosse il gene del Cobas, non si sa mai…).  Solo che, se fino a poco tempo fa a queste teorie doveva essere concesso almeno la possibilità del dubbio (per quanto remota), adesso si può dire, con assoluta certezza che qualsiasi discriminazione venga eseguita in nome di una presunta identità genetica è un orrore, non solo dal punto di vista umano, sociale, culturale, politico, ma anche da quello prettamente scientifico. 

 

 

Ecco le grandi tappe della ricerca sul genoma umano:

1953 - Viene scoperta la doppia elica del Dna.

1962 - Gli scopritori, James Watson e Francis Crick, ottengono il premio Nobel.

1989 - L'Istituto nazionale sanitario americano crea un'agenzia per coordinare lo studio del genoma umano: Hugo (Human Genome Organization), diretta da Watson.

1990 - Lancio ufficiale del programma internazionale Progetto Genoma Umano per disegnare in 15 anni la mappa integrale del patrimonio ereditario della specie umana.

1991 - Realizzazione delle due prime mappe parziali di cromosomi umani ad opera di una equipe del Massachusetts Institute of Technology (Mit)

1992 - Duecentocinquanta laboratori internazionali (privati e pubblici) partecipano al programma Genoma Umano.

1993 - I ricercatori del laboratorio Genethon (Francia) disegnano la mappa del cromosoma 21.
1996 - La rivista 'Nature' pubblica la versione finale della carta genetica dell' uomo che segna la fine della prima fase del progetto mondiale Genoma Umano. La seconda fase riguarda la decrittazione e la "lettura" dei tre miliardi di "lettere" del DNA.

1997 - L'Unesco adotta una dichiarazione universale sul genoma umano. 1998 (giugno) - Specialisti Usa annunciano di avere classificato 300 milioni di ''basi'' del Dna (10% della mappatura totale). 1998 (ottobre) - Scienziati Usa pubblicano una mappa con quasi la metà dei geni umani.
1999 (marzo) - Il consorzio del progetto genoma annuncia di avere messo in sequenza più di due terzi del genoma. 14 marzo 2000 - Bill Clinton e Tony Blair chiedono agli scienziati di tutto il mondo di mettere liberamente a disposizione di tutto il mondo i risultati sul genoma.

5 aprile 2000 - La società privata Celera Genomics, guidata da Craig Venter, dichiara di avere completato la mappatura del genoma di un essere umano.

26 giugno 2000 - Il consorzio pubblico internazionale annuncia di avere realizzato una mappa quasi completa del genoma umano: viene spiegato che si tratta di circa 38 mila geni.
11 febbraio 2001 - Il consorzio di ricerca pubblico internazionale e la ''rivale'' Celera Genomics pubblicano le loro versioni complete della mappa sulle riviste "Nature" e "Science". Le due sequenze sono messe a libera disposizione della comunità scientifica e non mostrano forti differenze. La presentazione ufficiale è fissata per l’indomani in una serie di conferenze stampa internazionali.