LA CHIUSURA DELLA “RASSENO”

 

intervento sulla stampa locale di  Sandro Scardigli (Slai Cobas)

 

La chiusura della ditta “Rasseno” di Montespertoli e la messa in mobilità dei suoi dipendenti è l’ultima in ordine di tempo di una serie di vicissitudini che come lavoratori e lavoratrici di questa fabbrica abbiamo dovuto affrontare.

Per anni i padroni delle aziende del Cotto hanno accampato la motivazione della crisi di settore per procedere a riduzioni di personale e accedere alla Cassa Integrazione per i propri dipendenti.

Proprio adesso che il Cotto e l’edilizia sono in ripresa la “Rasseno” chiude, con delle speranze di riapertura ma senza nessuna certezza.

Per parte nostra siamo impegnati a far si che i lavoratori e le lavoratrici della fabbrica restino uniti perché si vada il prima possibile al rientro di tutti, ad un rilancio produttivo e a nuove assunzioni, salvaguardando i diritti acquisiti fino ad oggi.

Ci teniamo però a puntualizzare alcuni aspetti di questa vicenda, che gli interventi sulla stampa della Fillea-Cgil di Empoli non ci sembra abbiano contribuito a chiarire.

L’accordo raggiunto tra la vecchia proprietà della ditta e i rappresentanti dei lavoratori davanti al Sindaco di Montespertoli nei mesi scorsi, che vede (tra i vari punti) l'impegno della parte padronale a corrispondere tutte le spettanze ai lavoratori entro il prossimo 30 settembre, è costato ai dipendenti della “Rasseno” un giorno e mezzo di sciopero continuato con blocco dei camion in entrata e uscita dall’azienda (nonché altre forme articolate di agitazione).

Sarebbe stato giusto che la Fillea-Cgil avesse riconosciuto ai dipendenti e alla Rsu il merito di aver condotto una lotta che li ha visti uniti e determinati. Non solo ciò non è avvenuto ma, leggendo le interviste al funzionario sindacale del settore, sembra che abbia fatto tutto la Fillea.

La verità invece è che ormai da più di un anno c’è una volontà chiara del Sindacato confederale di categoria di gestire la vicenda coinvolgendo il meno possibile i lavoratori, anche a costo di un’impopolarità mai raggiunta prima. Si è poi data pubblicamente quasi per fatta la vendita della “Rasseno”, salvo poi di fatto rettificare dichiarandosi “fiduciosi che il risultato sia alla fine positivo”.

Come è noto nella elezione della Rsu del 1998 la lista dello Slai-Cobas (che riuscì a presentare un solo candidato) ottenne il 60% dei consensi. E’ un fatto che buona parte di questi voti vennero da iscritti alla Cgil che sono rimasti tali anche in seguito. Gli iscritti allo Slai-Cobas in fabbrica sono cinque. Ciò significa due cose:

la prima è che se i vari sindacati extraconfederali non avviano un processo di unificazione tra loro possono raccogliere un voto di protesta ma non sono credibili come sindacati;

la seconda è che c’è una rottura profonda tra iscritti alla Cgil e i propri dirigenti.

Ci siamo poi trovati a gestire il buon risultato elettorale in una fase di piena crisi dell’azienda, cosa che certamente non ci ha aiutato.

Abbiamo però sempre valorizzato il ruolo dell’Assemblea dei lavoratori e della Rsu, trovandoci anche in minoranza ma riconoscendo i nostri errori.

La nostra è stata un’esperienza importante nella zona ed intendiamo continuarla e migliorarla, partendo da ciò che più ci caratterizza: il rapporto democratico e partecipativo che abbiamo sempre attuato tra lavoratori e la ricerca dell’unità tra le varie esperienze del sindacalismo alternativo ed antagonista.

Per quanto riguarda il futuro del settore Cotto fiorentino e imprunetino riteniamo che i Partiti e le istituzioni, quasi sempre compiacenti verso le imprese e i padroni, potrebbero fare qualcosa di utile promulgando leggi regionali o nazionali di tutela del settore, che (tramite sgravi fiscali e altro) favoriscano l’uso del cotto nella ristrutturazione dei centri storici ed urbani in generale. Se le agevolazioni previste da questi ed altri provvedimenti fossero poi condizionate alla tutela di posti di lavoro sicuri ed alla attuazione di tutte le norme di sicurezza ed ambientali nelle aziende, non sarebbe poco.