“LIBERAZIONE” CENSURA FULVIO GRIMALDI SULLA JUGOSLAVIA

 

da Fulvio Grimaldi a Rina Gagliardi

 

Con l’istigazione degli Stati Uniti e dei paesi Nato, in Jugoslavia è in corso un colpo di stato destinato ulteriormente a smembrare la Federazione e ad integrarla, dopo dieci anni di resistenza ad aggressioni, pressioni di ogni genere, sanzioni economiche, micidiali campagne di disinformazione e diffamazione, nel sistema economico e militare imperialista, sul modello di quanto è stato fatto a 10 paesi dell’est europeo, frantumati, diventati 28, uno più piccolo e debole dell’altro, uno più povero e autoritario dell’altro…Facendo leva sulla disperazione di una popolazione ostracizzata, diffamata, massacrata dalle bombe e dagli avvelenamenti, affamata, senza lavoro, minacciata di ulteriori punizioni militari, nonché sulla prospettiva di un ritorno alla normalità con la promessa della fine dell’embargo, la Nato ha attivato i suoi rappresentanti all’interno del paese per rovesciare con la violenza le istituzioni parlamentari legittime ed imporre un regime di autentico terrore.

Viene fuori ora quanto avevo visto e scritto già giorni fa da Belgrado: che gli elementi guida della sollevazione erano migliaia di membri di squadre fascistoidi, agli ordini degli esponenti più squalificati, reazionari e servili verso l’Occidente…Sono gli stessi che ora controllano tutti i mezzi di informazione (prima c’era un pluralismo a favore dell’opposizione), gli enti di Stato, le municipalizzate, le fabbriche, i sindacati, da cui, con la violenza al limite del linciaggio, sono stati “democraticamente” estromessi i titolari, vicini al Partito Socialista o meno.

Dalla Jugoslavia ci giungono notizie di una vera e propria caccia all’uomo. Le forze da anni finanziate e istruite dall’Occidente effettuano una selvaggia epurazione di tutti coloro che rifiutano la resa all’imperialismo euro-americano, la fine dell’indipendenza e delle conquiste sociali ancora conservate, pur tra contraddizioni e cedimenti, che però vanno valutati facendo la tara sulle scientifiche satanizzazioni dei media imperialistici collaudate in termini identici fin dai tempi di Fidel Castro, Ho Ci Min, Yomo Keniatta, Makarios e tanti altri.

I sindacalisti della Zastava, gli stessi che, salutati come compagni, furono ospiti del nostro giornale, i dirigenti degli enti pubblici, dell’apparato statale, delle società statali e miste, delle istituzioni tutte, vengono maltrattati, costretti alle dimissioni e cacciati dai posti di lavoro. I loro uffici distrutti. Stazioni televisive, giornali, radio sono tutti sotto controllo di quella che si definisce Opposizione Democratica Serba, negando ai milioni che hanno votato per una maggioranza di sinistra nel parlamento federale e in quello serbo – del resto sciolti con la minaccia di occupazione, incendi e violenze personali da parte di una folla opportunamente manipolata e guidata dalle teste rasate di Djindjic e dai militanti di Otpor – la possibilità di esprimersi.

Viene rivelato da elementi dell’ex opposizione, come il sindaco di Cacak, Ilic, che l’assalto al parlamento era stato pianificato con largo anticipo e guidato da elementi paramilitari facenti capo allo stesso Ilic e al vero uomo forte dell’operazione, Zoran Djindjic, da sempre noto come uomo dei tedeschi e degli americani.

Tutto sta ad indicare che Vojislav Kostunica non è che la vetrina, riempita strumentalmente di parole d’ordine nazionaliste e anti-Nato, di un complotto che ha per veri ispiratori e capi le forze più reazionarie e filo-occidentali del paese, a partire dal gruppo dei 17 economisti, fiduciari del Fondo Monetario Internazionale.

Il concorso di massa all’operazione di conquista Nato della Federazione Jugoslava e l’assenza di una reazione popolare al colpo di mano non devono far credere che, come in troppi hanno scritto, si tratti di una “rivoluzione democratica”. Si tratta piuttosto di un gigantesco inganno che ha potuto illudere milioni di persone soltanto in virtù di una decennale persecuzione da parte della cosiddetta “comunità internazionale”, delle promesse di un futuro benessere per tutti garantito dal liberismo globalizzato, dell’uscita dall’isolamento, del solito futuro di “latte e miele” e dell’assicurazione che ora sarebbe arrivato un idealistico regime senza macchia e paura.

Non credo che quanto si sta verificando in Jugoslavia rappresenti una conquista democratica. Non credo che i comunisti si possano rallegrare dei successi di forze reazionarie al soldo dell’imperialismo. Non credo che si possa plaudire ai telegrammi di felicitazione di Xavier Solana, come ha fatto il cosiddetto movimento degli studenti Otpor, che fino a ieri inalberava bandiere rosse e oggi inalbera bandiere nere con – mistificando – al centro un pugno e inneggia al “modello occidentale”.

Non credo che ci si debba affiancare al giubilo di coloro, ieri bombaroli e anche anti-bombaroli, che plaudono al passaggio di un altro pezzo di Europa agli ordini dell’imperialismo e del mercato e che, pur riempendosi la bocca di parole d’ordine antiliberiste, poi non rifiutano di tenere rapporti fraterni con una presunta società civile jugoslava, per sua stessa ammissione ispirata e finanziata da Washington, anche attraverso speculatori e destabilizzatori economici come George Soros.

Non credo che si possa trarre soddisfazione dal fatto che un popolo europeo, che ha resistito eroicamente alla più feroce aggressione bellica ed economica degli ultimi cinquant’anni, sia avviato sulla via della spoliazione capitalista e mafiosa, sul modello di quanto si è inflitto agli altri paesi dell’Est europeo.

Non credo che i 700 milioni di dollari stanziati in due mesi da Washington per le opposizioni serbe e per il malavitoso Djukanovic, nonché il programma economico del G17, stilato dal Fondo Monetario Internazionale, a parte la loro natura di interferenza e corruzione, aprano al popolo jugoslavo un futuro di maggiore giustizia sociale.

Credo che il nostro partito non abbia maturato una sufficiente comprensione di quanto sta avvenendo nei Balcani e, soprattutto, abbia perso di vista la contraddizione principale. Credo malriposta la fiducia in forze e personaggi che si dicono democratici e che si sanno al soldo dell’imperialismo.

Sicuramente insieme a tanti, spero perciò che il partito voglia correggere l’impostazione finora data all’interpretazione dei tragici fatti jugoslavi, in particolare attraverso un maggior impegno chiarificatore del giornale, che appare appiattito su versioni dei fatti, idealistiche, moraleggianti, non marxiste, largamente subalterne alla disinformazione ufficiale.

Questo, permettetemi, magari anche per la cestinazione di quasi tutte le mie corrispondenze dal vivo su quello che succedeva in Jugoslavia. Mi auguro che i compagni si affrettino a denunciare l’involuzione in atto nella Federazione Jugoslava e ad esprimere concretamente la massima solidarietà alle forze della sinistra jugoslava, come già chiesto dal Coordinamento delle Rsu.

Mi aggiungo alla richiesta di tanti che su questo si possa aprire un vasto dibattito che faccia partecipe l’intero corpo del partito e si estenda a tutto il quadro internazionale, da troppo tempo negato alla nostra discussione, per quanto sempre più indissolubilmente legato ad ogni aspetto della nostra vita quotidiana, alla politica interna, all’assetto europeo.

Chiudo ricordando le parole e gli occhi di coloro che in tutta questa terribile guerra non hanno fatto che soffrire, anche per colpa nostra, a resistere. Coloro che con inaudita forza hanno rimesso in piedi una grande fabbrica autogestita, che con i nostri miseri aiuti hanno nutrito i figli degli operai disoccupati, dei profughi, che senza nessuna discriminazione politica o etnica hanno governato una rinascita e ora si trovano cacciati da posizioni, lavoro, case e minacciati di morte.

Ci dicevano: fate sentire anche la nostra, di voci, in Italia. Erano voci di sinistra, sono state spazzate via dalla “rivoluzione democratica” contro un regime che non si è difeso trucidando 90 rivoltosi (Palestina), o incarcerando e massacrando di botte 1.000 manifestanti (Praga). Alla mia partenza i loro occhi mi seguivano come un naufrago guarda allontanarsi una barca. Ho tentato di raccontarlo. Non mi è stato consentito.

 

( testo disponibile in rete) 22 ottobre 2000