Morte di una Compagna.

 

L'inferno non ha limiti, né è circoscritto

entro un luogo definito

dove è l'inferno siamo condannati a vivere.

C.Marlowe

 

In questi giorni di giugno una compagna si è uccisa.

Si muore per tante ragioni, si muore così perché si è disperati, in preda al panico, per quella difficoltà di vivere che qualche volta ha sfiorato molti di noi.

Ma la compagna è morta perché a PONTENUOVO, il reparto psichiatrico dove era stata ricoverata, non è stata curata e assistita.

E' entrata viva, aveva bisogno di cure, d'ascolto, d'assistenza, "poteva passare la nottata", questa nottata non ha ritrovato il giorno.

E non era destino che accadesse. E piuttosto è intervenuta la banale indifferenza, l'usuale, banalissima, non presa in carico di una persona che trova riparo, in un momento di difficoltà, nella struttura che dovrebbe essere quella giusta per ricevere cure adeguate tra medici e personale adeguati

Poteva accadere che si uccidesse, ognuno di noi può desiderare di farlo quando qualcosa di troppo pesante serra il cuore e la mente, ma tra desiderare di non esserci e intervenire con violenza per farlo, c'è un passaggio, quello che separa i vivi e i morti.

Poteva succedere in solitudine, sarebbe stato difficile impedirlo.

Si è ammazzata invece in un luogo dove questo non doveva accadere e nel quale questo doveva essere impedito.

La cartella clinica della nostra compagna, dopo ben tre ricoveri al Pontenuovo nel giro di un anno, doveva pur riportare che esisteva il rischio d'autolesionismo, il regolamento della struttura vieta gli oggetti pericolosi, perfino le sigarette. Eppure i segni profondi sul collo parlano, come la frattura della vertebra, del tempo intercorso in abbandono, tutto il tempo necessario a compiere quel passo specialmente sotto l'effetto di psicofarmaci.

Adesso c'è un esposto alla Procura della Repubblica che denuncia circostanziatamente il fatto e una querela contro l'operato del reparto psichiatrico di Pontenuovo.

Come compagne e compagni siamo addolorati e questo è il primo fatto da dire.

Per loro, questa morte è leggera come una piuma, una morte che non conta come tante ce ne sono, nei reparti, sul lavoro, nelle prigioni. Un dolore privato, senza peso oltre alle persone più prossime, una morte senza rilevanza, senza responsabili.

Per noi un viso caro, amico, gentile, schivo eppure sempre presente, oltre al suo privato dolore, capace di militare per la causa di tutti in tutte le lotte, che io, noi ricordiamo.

Un tempo avremmo detto che l'avrebbero pagata, questa morte.

Oggi sappiamo che intanto l'ha pagata lei.

Possiamo dire però che una compagna che si batteva per tutti, c'impegna a batterci per un lavoro sistematico e militante riguardo alla psichiatria e le sue strutture oggi. E' il minimo.