PER QUALE CONTRATTO ?
Il 10 Dicembre 1991 con un accordo tra
padronato, governo e sindacati si sancì, nero su bianco, l’abolizione
definitiva e completa della “scala mobile”. I punti di contingenza erano
una “voce” fissa di adeguamento salariale (quasi) uguale per tutti e
rappresentavano un elemento “forte” di coesione per tutta la classe operaia. Il
sindacato disse allora che l’automatismo della contingenza sviliva il (loro)
ruolo contrattuale e “appiattiva” le retribuzioni.
Gli aumenti salariali vengono legati alla
inflazione programmata e controllati ogni due anni: i sindacati vantano di aver
messo le basi per il recupero salariale perso con la svendita della scala
mobile. Dopo quasi dieci anni di concertazione si possono tirare le somme: i
profitti padronali hanno registrato una enorme crescita e il potere d’acquisto
dei salari è crollato anno dopo anno.
Le richieste salariali contrattuali sono ridotte a umilianti bisticci contabili di tipo condominiale. Mentre subiamo le menate di Federmeccanica che non vuol recuperare l’inflazione del biennio appena trascorso perché dovuta alla cosiddetta inflazione importata (petrolio ecc.), l’inflazione reale per il 2001 (3%) è già quasi doppia rispetto a quella programmata (1,7%) su cui si sono calcolati gli aumenti richiesti. Anche se dovessimo ottenere tutta la cifra richiesta nella piattaforma di Fim, Fiom, Uilm alla fine dell’anno prossimo i nostri salari reali avranno subito un ulteriore pesante calo.
In pratica da anni siamo
condannati a lottare non per avere aumenti salariali ma solo per difendere,
senza mai riuscirci, quel potere d’acquisto dei nostri salari che una volta la
contingenza automaticamente copriva.
Bisogna uscire dal vicolo cieco in cui ci hanno portato
·
Gli aumenti dei beni che determinano l’inflazione non guardano nelle
tasche dei lavoratori che li subiscono: sono uguali per tutti e, anzi, incidono
percentualmente di più su chi ha di meno. Occorre riprogettare il ritorno a un meccanismo che difenda
totalmente il potere d’acquisto dei salari operai con incrementi uguali
per tutti, lasciando alla contrattazione e alla lotta la rivendicazione di
reali aumenti.
·
Il rinnovo nazionale di questo biennio “economico” non dovrebbe
comportare la trattativa su nessun altro fronte normativo. Ma la concomitanza tra il contratto nazionale
e la vertenza aziendale del gruppo Fiat pone le premesse per una mescolanza
oggettiva di contenuti. La chiusura del fronte nazionale comporterà anche
quella di questa vertenza.
E ciò che sarà concesso oggi alla
Fiat sarà esattamente quello che verrà siglato per tutti nel prossimo contratto
metalmeccanico.
La Fiat, mentre espelle centinaia di giovani assunti
con contratto a termine, apre dappertutto continue procedure di mobilità e esclude ogni controllo sui tempi di lavoro
(Cassino), propone aumenti salariali
risibili ed inaccettabili e pretende una procedura liberatoria per il
passaggio da 15 a 18/21 turni,
la possibilità di attivare liberamente contratti di lavoro del tipo delle squadrette Week-end, la deroga al
CCNL ed alla legge per introdurre il lavoro
domenicale all’Avio, la liberalizzazione
dello straordinario al sabato senza nessun accordo sindacale, l’aumento dall’attuale 8% al 20% dell’utilizzo
dei contratti a termine, la possibilità di utilizzare i comandi-distacco individuali
liberamente e senza accordo sindacale, il passaggio a 19 turni per Melfi e FMA invece che superare la “ribattuta”
negli stabilimenti del sud …..
·
Aumenti salariali veri
· Contro il progetto confindustriale di sottomettere agli interessi
d’azienda non solo i salari ma tutta la vita delle lavoratrici e dei lavoratori
Nell’Assise del 16 marzo a Parma, la Confindustria ha solennemente annunciato il programma totale con cui pretende di “governare” il paese. Per quanto riguarda il lavoro prevede:
· ridisegno del quadro normativo: la riduzione dei vincoli all’ingresso e all’uscita, con il passaggio da un sistema di precetti vincolanti a un insieme di poche “norme leggere”, con uno spazio significativo alla contrattazione collettiva e, soprattutto, individuale
· liberalizzazione effettiva dell’intermediazione privata
· eliminazione delle anomalie italiane, in particolare in materia di contratti a termine, part-time, orari di lavoro, apprendistato, licenziamenti individuali e collettivi. Va evitata l’introduzione di nuove norme vincolistiche in materia di lavoro atipico
· risparmi di spesa conseguibili attraverso una più incisiva riforma della previdenza pubblica.
· Ogni sforzo va fatto per rimuovere gli ostacoli alla mobilità interna
· Estendere a tutte le fasce di età il sistema di calcolo contributivo e innalzare l’età effettiva di pensionamento
Sul tavolo concertativo stanno poi venendo al dunque il trasferimento
forzato del TFR sui fondi pensione, la pratica abolizione del diritto di
sciopero, una legge sulla rappresentanza nei posti di lavoro che
liquidi ogni rappresentanza di base.
SI APRE UN TERRENO CONCRETO DI LOTTA GENERALE SU CUI SARANNO CHIAMATE A MISURARSI UNITARIAMENTE TUTTE LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI CHE NON HANNO PERSO PER STRADA L’URGENZA DI TENERE APERTO IL CONFLITTO DI CLASSE
Sono più di 6 milioni i lavoratori che aspettano, da mesi o da anni, il rinnovo del proprio contratto. E altri milioni lo saranno tra poco. Dai delegati Rsu di tutti i sindacati di base e da tutti quelli che si oppongono alla svendita confederale occorre partire per costruire un forte movimento generale di lotta.