Una questione politica e teorica all'ordine del giorno

Lo Stato nell'epoca dell'imperialismo

di Mauro Casadio

A Firenze, il 20 e 21 maggio scorsi si è svolto un importante convegno nazionale promosso dal Movimento per la Confederazione dei Comunisti, dalla Rete dei Comunisti e dai compagni de "L'Altra Lombardia/Su la testa". Il tema "Stato, imperialismo e riorganizzazione dei comunisti oggi" ha visto svilupparsi un confronto politico e teorico su questioni decisive per la ridefinizione di una ipotesi comunista nel nostro paese. Alla discussione hanno partecipato Gianfranco Pala, Vincenzo Accattatis, Salvatore D'Albergo, Enzo Modugno, Sergio Cararo, Leonardo Mazzei, Luigi Vinci, Stefano Garroni, Alessandro Mazzone.

Il convegno ha anche discusso il documento unitario "Una Proposta ai comunisti" (su questo vedi Contropiano di febbraio) ed ha dato vita ad un Coordinamento Nazionale che comincerà ad operare da giugno.

Pubblichiamo la relazione introduttiva del convegno svolta da Mauro Casadio.

Questa è la prima iniziativa indetta in modo unitario dai compagni di varie situazioni che a livello nazionale si pongono nella prospettiva di riorganizzare i comunisti nel nostro paese.

Ovviamente affermare che questo è il nostro obiettivo è molto più semplice che avviare un effettivo processo unitario; ma poiché stiamo muovendoci in questa prospettiva è bene individuare il metodo più coerente da seguire.

Tale metodo ci sembra sia quello di riaprire a tutto campo il confronto di carattere teorico e quello di dotarci di uno strumento quanto più unitario di analisi della realtà.

Indubbiamente il movimento comunista è stato caratterizzato in questi ultimi venti anni dall'emergere in modo prorompente del politicismo ovvero di subordinare, in definitiva, la stessa identità dei comunisti ai flussi delle vicende politiche quotidiane.

Continuare a dare alla politica di breve respiro un ruolo centrale è un errore che non possiamo continuare a fare e dunque è inevitabile che una parte consistente del nostro lavoro debba essere rivolta alle elaborazioni più complesse e teoriche che devono fare i conti con la storia e la condizione generale attuale e che, in ultima analisi, ritrovino le motivazioni di fondo ed attuali della identità di un movimento comunista alle soglie di questo nuovo secolo.

Ovviamente questo non significa abbandonare il terreno del conflitto di classe sia politico sia sociale, ma certamente questo non può avere"una prospettiva matura e solida se non ci misuriamo con i livelli più alti di una riflessione legata alla trasformazione sociale.

L'incontro promosso oggi ha l'obiettivo di mettere a fuoco una questione centrale ovvero il ruolo dello stato in una fase storica di ripresa dell'imperialismo, inteso nell'accezione leniniana che è ancora oggi una corretta chiave di lettura della realtà, sia nelle sue funzioni strategiche all'interno ed all'esterno dei paesi capitalisti più avanzati sia nelle sue molteplici forme che permettono il perpetuarsi dell'egemonia della classe borghese.

In questo senso abbiamo cercato, sperando di riuscirci, di articolare il dibattito in queste due giornate chiedendo ai compagni presenti un contributo a questa prospettiva di ricerca teorica e politica.

Ci appare però evidente che la ridefinizione di una identità comunista non può limitarsi ad una visione critica dello stato capitalista e delle sue funzioni.

Fare i conti con l'esperienza storica e politica del Novecento

Si ripropongono, in condizioni storiche e materiali diverse, nodi irrisolti della trasformazione sociale, rivoluzionaria del '900 e probabilmente questioni nuove legate alle condizioni attuali.

Infatti parlare di stato non significa parlare solo dello stato capitalista e imperialista ma anche dello stato socialista, della sua storia, di una teoria della trasformazione sociale oggi ed anche del partito e del suo ruolo.

Partire dunque dall'analisi dello stato imperialista significa in realtà cimentarsi con una questione molto più complessa rispetto alla quale il movimento di classe rivoluzionario e comunista ha registrato i suoi limiti più evidenti.

Questo livello di elaborazione ci pone da subito una questione politica : il problema che dobbiamo risolvere non è legato alla nostra capacità di esprimere opinioni ed analisi per poi tornare ognuno alla sua attività ma può essere affrontato solo dotandoci di strumenti e strutture unitarie di ricerca e di lavoro che da sole non possono essere l'unità cercata ma una base concreta indispensabile dalla quale partire per ogni ipotesi di prospettiva unitaria.

Dunque aprire questo confronto che non si limita ad una singola scadenza significa iniziare un lavoro fondamentale per ogni visione unitaria ed ogni prospettiva conseguente.

Fatta questa premessa dobbiamo capire come e da dove questa nostra ricerca deve cominciare, perciò siamo ben lontani dal pensare di dare risposte già da oggi. Ma nelle nostre riflessioni si pongono alcune questioni che ci sembrano rilevanti ai fini di un lavoro organico sulla questione dello stato e i punti da affrontare ci sembra siano almeno tre che cercheremo in queste poche pagine di rendere più chiari e comprensibili pur nella loro problematicità.

Ovviamente questi non sono gli unici possibili dunque questa serie di riflessioni deve essere inevitabilmente completata dal contributo degli altri compagni per avvicinarci il più possibile ad un progetto di lavoro unitario ed organico.

L'esperienza degli Stati socialisti

La prima questione che ci si pone su questa strada è quella della critica agli stati socialisti del '900; è indubbio che la fine di questa esperienza, anche statuale, è per noi una sfida teorica che non possiamo ignorare.

Naturalmente, almeno dal nostro punto di vista, non ci bastano i giudizi politici o addirittura morali che sentiamo ancora ripetere da una sinistra italiana ed europea che non ha saputo essere altro che un riflesso di quella esperienza e che dunque ha riprodotto in se tutti quei limiti e difetti senza saperli in realtà riconoscere su se stessa.

Quello che va analizzato sono lo sviluppo e le condizioni storiche in cui quegli stati sono nati e finiti; dunque la nascita dello stato sovietico sulla base dei giudizi di Marx sulla Comune di Parigi,la dittatura del proletariato ed il rafforzamento dello stato socialista, le durissime condizioni storiche in cui questo processo avveniva e i conseguenti processi di burocratizzazione e la crisi politica della esperienza dei soviet.

Questo ci porta a riflettere,alla luce degli eventi storici e senza risposte precostituite, sulla questione centrale nella concezione dei comunisti sulla estinzione dello stato e se questa non è stata possibile a causa delle condizioni storiche avverse oppure se è un elemento da superare nella visione teorica dei Marxisti.

A quella condizione materiale ed alla capacità! o incapacità!di elaborazione teorica del partito è legata, a nostro avviso, la burocratizzazione prima e poi la crisi e la fine dell'Unione Sovietica e degli stati socialisti Europei.

A tale "matrice" sono ancora legati gli stati socialisti rimasti i quali, seppure sono capaci di resistere, non ci sembra che siano in grado di svolgere la necessaria funzione di sviluppo delle esperienze rivoluzionarie nate nel '900.

Questo è un punto focale nella ricostruzione di una visione comunista che deve intrecciare questioni importanti quali il livello di sviluppo delle forze produttive raggiunto nel secolo scorso, il ruolo di uno stato socialista e la funzione del partito.

È sicuramente fuori del tempo parlare oggi delle funzioni di uno stato socialista senza che si intravvedono le condizioni di una rivoluzione politica.

Parlare però di quello che sono stati i paesi socialisti, delle condizioni produttive in cui si sono sviluppati e sono finiti ci obbliga quasi inevitabilmente a porci domande sulle caratteristiche di uno stato socialista nelle condizioni odierne; è infatti evidente che una critica sarebbe del tutto superflua se non si ponesse il problema di una elaborazione, anche se solo teorica, propositiva.

Questo non è evidentemente un piano di lavoro facile ma non può essere rimosso e per questo motivo, e per essere più chiari, nella nostra ricerca pensiamo che vada fatto riferimento alle posizioni di Lenin subito dopo la rivoluzione sovietica.

Infatti di fronte alla arretratezza della Russia ed alla concreta necessità di avviare la trasformazione socialista era impossibile prescindere dal livello di sviluppo raggiunto all'epoca dai paesi capitalisti avanzati e cioè dal capitalismo di stato.

Cioè per avviare una trasformazione socialista della società russa era chiara la necessità di portare le forze produttive al livello dei paesi capitalisti.

Quel tipo di posizione, nel mutato contesto pratico e storico, mantiene ancora una sua validità? Quali sono oggi le condizioni oggettive che dimostrano le potenzialità di una trasformazione sociale possibile?

Dentro il contesto attuale quali funzioni deve svolgere uno stato socialista ed in cosa devono essere diverse da quelle dei vecchi stati socialisti?

Il dubbio di porre domande e di fare riflessioni troppo premature rispetto alla realtà è molto presente in noi ma va considerato che siamo oggi in condizioni di fare queste riflessioni alla luce non della sola esperienza della Comune di Parigi come avveniva all'inizio del secolo ma con l'esperienza di 70 e più anni che indubbiamente, in positivo ed in negativo, offrono un materiale di analisi ed occasioni di elaborazioni con le quali ben pochi si sono a tutt'oggi misurati.

Il ruolo degli Stati nella lotta contro la globalizzazione imperialista

Un'ultima questione ci sentiamo di affrontare ed è in una dimensione che, per ora, appare solo come politica.

Riteniamo giusta l'analisi che si fa sullo Stato al livello odierno di sviluppo dell'imperialismo, ovvero che non esiste un solo modello di riferimento, ovvero quello dello stato nazionale, ma che si stanno manifestando due "modelli" funzionali ovvero gli stati disgreganti e gli stati disgregati.

Partendo da questa posizione di tipo teorico e analizzando la realtà internazionale emerge in alcuni stati "candidati" alla disgregazione una reazione che si oppone a questa azione dei poli imperialisti".

Questo conflitto si manifesta con stati non solo socialisti ma soprattutto con stati che non sono mai stati socialisti e comunque oggi dichiaratamente capitalisti.

Ci riferiamo a paesi quali la Russia ma anche all'Indonesia, al Pakistan, al Brasile, al Venezuela, all'India ma anche ai paesi dell'Africa meridionale, dalle repubbliche Congolesi allo stato Sudafricano, che stanno mostrando una "divergenza" politica con i paesi imperialisti.

A questa categoria, disomogenea, di paesi vanno affiancati altri paesi di tradizione socialista o comunque che si battono contro l'imperialismo quali l'Iraq, la Jugoslavia, la Libia, la Corea del Nord, Cuba fino alla Cina minacciata dalle campagne filotibetane e separatiste oppure da quelle filoislamiche del Xinkiang.

Questa contraddizione, che emerge dalla ridefinizione dei poteri a livello internazionale, pone una serie di domande.

Questi stati, che non sono gli stati coloniali del '900, fino a che punto possono entrare in contraddizione con i processi avviati dall'imperialismo?

In una condizione di internazionalizzazione della produzione e dunque anche del proletariato e della classe operaia questi stati, nel loro conflitto con l'imperialismo, possono rappresentare una base più avanzata di un conflitto di classe che ha caratteristiche internazionali?

La dimensione di questa contraddizione comprende paesi quali la Russia, la Cina, l'India, il Brasile ed altri. Questa dimensione può dare vita in prospettiva ad un'area economica forse non socialista ma che è esterna ed in conflitto con l'imperialismo?

Anche in questo caso le domande sono molte e le risposte vanno ben ponderate per evitare "abbagli" clamorosi ma certamente la contraddizione tra stati disgreganti e stati disgregati è in atto e dobbiamo capire a quali sbocchi possa portare a livello internazionale.

Queste ultime riflessioni toccano in parte l'oggetto della discussione odierna che riguarda essenzialmente la riorganizzazione degli stati imperialisti.

I comunisti dentro il polo imperialista europeo

La costituzione del Polo Imperialista Europeo pone ai comunisti dei paesi ad esso integrati non solo la questione dell'analisi di questo polo ma anche di come i comunisti opereranno in questa condizione.

È chiaro che la constatazione di questa necessità ci porta ad affrontare una questione importante ovvero quali rapporti vanno stabiliti a livello Europeo tra gruppi e organizzazioni di comunisti e se questi, nella misura in cui l'unità europea diviene anche politica ed istituzionale, debbano mirare alla costruzione di rapporti organizzati oltre che a quello del confronto politico e teorico.

Ovviamente questo è oggetto del dibattito e delle iniziative politiche ed anche della discussione che faremo domani domenica 21 maggio sulle prospettive di riorganizzazione dei comunisti.