Alvaro Carotti
Il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, per il
secondo biennio, che riguarda esclusivamente la parte economica, si colloca in
una fase di crescita economica del Paese e di forte crescita del settore
metalmeccanico.
Il contratto nazionale di lavoro dovrebbe
rappresentare il punto più alto delle rivendicazioni sindacali in nome
dell'unità e della solidarietà della categoria.
Ma è ancora così?
La frammentazione e le diversificazioni all'interno
delle aziende sono sempre maggiori, sia sul piano normativo e dei diritti, sia
su quello salariale.
Le diverse forme di assunzione dei lavoratori
determinano condizioni lavorative ed aspettative diverse. I lavoratori
interinali, essendo di passaggio, non hanno interessi comuni con quelli
stabili; quelli con contratto a tempo determinato hanno come priorità di essere
assunti a tempo indeterminato , e questa condizione li espone al controllo e al
ricatto aziendale.
Peraltro, proprio in questi giorni, è in
discussione tra le parti sociali una nuova normativa sui contratti a termine,
che rischia di peggiorare ulteriormente quella esistente, allungando il periodo
dei contratti a termine e allargando la casistica per cui è possibile
accedervi.
C'è poi l'outsourcing, che dà in gestione pezzi di
lavorazione o interi reparti ad aziende esterne separate dall'azienda-madre e
spesso con contratti di lavoro diversi.
Ma anche sul salario c'è stata una perdita quasi
totale di controllo da parte del sindacato. C'è quindi una quota rilevante di
salario che le aziende erogano unilateralmente in maniera del tutto
discrezionale.
Questa pratica riguarda in maggior misura gli
impiegati, ma si sta diffondendo sempre più tra gli operai. Ciò comporta una
ulteriore differenziazione tra i lavoratori ed offre un'arma in più all'azienda
per creare consenso, togliendo d'altra parte autorità negoziale al sindacato.
Anche la contrattazione integrativa aziendale
divide in due la categoria, perché esattamente il 50% dei lavoratori non la
esercita, perdendo, nel corso degli anni, quote considerevoli di salario:
questo avviene particolarmente nelle medie e piccole aziende.
La frammentazione non si ferma all'interno delle
singole aziende, ma si determina anche a livello territoriale.
Questa divisione non è più solo quella classica tra
nord e sud del Paese, in cui i diversi livelli di disoccupazione (sotto la
media fisiologica in alcune aree del nord e sempre elevatissima in gran parte
del sud) influiscono anche sui livelli salariali. Attraverso i contratti d'area
si estendono, a macchia di leopardo, sull'intero territorio nazionale, queste
condizioni di contrattazione salariale al ribasso. Anche nelle aree a bassa
disoccupazione un nuovo elemento di differenziazione è determinato dalla
richiesta di manodopera che viene soddisfatta dall'afflusso di lavoratori
extracomunitari.
In questo quadro che si è costruito su un'offensiva
portata avanti dal padronato, in nome della flessibilità nell'accesso al lavoro
e nella prestazione lavorativa, trasformatosi in accordi sindacali o in leggi
che ne hanno accolto le logiche di fondo, si è assistito ad una svalorizzazione
del lavoro industriale , sia dal punto di vista sociale sia con una operazione
di redistribuzione del reddito, che in gran parte è andato direttamente ai
profitti delle aziende ed in parte al lavoro autonomo e professionale.
Quanto detto sopra è anche il frutto dell'accordo
del luglio '93 sulla politica dei
redditi; infatti, come dimostrano chiaramente tutte le rilevazioni ufficiali
sull'andamento dei salari, proprio dal '93, vi è stata una caduta continua del
potere d'acquisto dei salari, che va di pari passo con l'aumento dei profitti.
Rimanendo all'interno di questo accordo, la forbice
è destinata ad aumentare. La richiesta che è stata presentata per il rinnovo
contrattuale, £ 135.000 al mese di aumento al 5° livello, non dà risposta al
problema salariale che esiste tra i lavoratori.
Una richiesta salariale così bassa, sommata alla
realtà descritta precedentemente, difficilmente può produrre una mobilitazione
tra i lavoratori.
E' allora necessario rimettere in discussione gli
accordi che hanno prodotto questa situazione di difficoltà tra i lavoratori,
sia in termini di flessibilità e frammentazione, sia per quello che riguarda il
salario.
Fare ciò significa aprire una campagna politica
nelle fabbriche per riproporre uno strumento fondamentale che era patrimonio
dei lavoratori ma che oggi appare come un'eresia: la riconquista della scala
mobile.
Perché solo così è possibile riprendersi quote di
salario che ci sono state tolte, riunificare a livello salariale l'intera
categoria insieme a tutto il lavoro dipendente e riaprire una prospettiva nella
quale il contratto nazionale di lavoro non ponga inevitabilmente al suo centro
il salario senza ottenere risultati, ma riproponga le questioni più generali
delle condizioni di lavoro.