SULLA PAROLA D’ORDINE DELLA “DITTATURA DEL PROLETARIATO”

(Nell’anniversario  della “Comune di Parigi 1871-2001)

F. Giuntoli

 

Ricordare la Comune di Parigi nel suo 130° anniversario è d’obbligo per una rivista comunista. La rivisitazione storica di quella esperienza rivoluzionaria non è solo un fatto celebrativo o rituale: gran parte delle concezioni politiche, su cui si basa oggi la nostra vicenda di militanti comunisti, poggia a sua volta su quei fondamenti e su quelle premesse che furono gettate 130 anni fa dagli operai e dai proletari parigini a prezzo del loro stesso sangue. Infatti fu in quella occasione che Marx ed Engels precisarono la loro teoria sull’abbattimento dello stato da parte della classe operaia, che ne assume direttamente le funzioni esercitando un potere rivoluzionario tale da consentire la transizione al Comunismo. Il potere rivoluzionario esercitato dalla classe operaia viene definito con il termine <<dittatura del proletariato>>. Questa terminologia (<<dittatura della classe operaia>>, <<dittatura di classe del proletariato>>) è già presente nel Marx de <<Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850>>. La sua concettualità viene ripresa ed argomentata nella famosa lettera di Marx a Weydemeyer del 5 marzo 1852. Dopo gli avvenimenti della Comune di Parigi (Marzo-Maggio 1871) la “dittatura del proletariato” assume una forma precisa: la forma della Comune, appunto (v. “La guerra civile in Francia” K. Marx 1871).

Su questo tema ritorna ampiamente Lenin, prima con il quaderno <<Il marxismo sullo Stato>>, successivamente nell’agosto-settembre del 1917 con <<Stato e Rivoluzione>>, l’opera lasciata interrotta perché <<fu più piacevole e utile fare l’esperienza di una rivoluzione che non scrivere su di essa>>.

Quasi cento anni dopo, a una distanza di migliaia di chilometri, la parola d’ordine dell’instaurazione della Comune, sul modello del 1871 a Parigi, viene ripresa a Shangai, in Cina. Nel corso della Rivoluzione Culturale, nella più grande città industriale della Cina rossa, in seguito all’iniziativa di trentadue organizzazioni rivoluzionarie, viene proclamata la Comune: è il 5 febbraio 1967. Così commenta il Remin Ribao: “La lotta delle masse rivoluzionarie per prendere in mano il loro destino può assumere forme molteplici, ma si riduce in ultima analisi alla necessità di prendere il potere; con il potere le masse hanno tutto, senza il potere non hanno nulla”. Sui muri della città appare la parola d’ordine “Tutti i poteri alla Comune”. La proclamazione della Comune di Shangai è salutata da un raduno di un milione di lavoratori.

 

Oggi, in un quadro di controrivoluzione imperante, ai comunisti è dato il compito di rintracciare i fili smarriti di un ragionamento interrotto e di riannodarne la trama. Ricostruire, pezzo dopo pezzo, il fondamento teorico che ne guidi l’agire politico: questo è il compito iniziale per i comunisti del XXI° secolo. Il termine classico <<dittatura del proletariato>> è del tutto scomparso dal dizionario comune della politica, anche per gli stessi marxisti. Coloro (pochi) che ne fanno ancora uso a dispetto dei tempi, finiscono per recitare una formula vuota o comunque priva di riferimenti attuali, attendibili.

Se è vero che il sostantivo <<dittatura>> ha assunto un’accezione totalmente negativa nel senso comune, trascinando la specificazione “proletaria” che ne rovesciava il significato, è anche vero che lo stesso impianto concettuale che ha sostenuto storicamente la parola d’ordine “dittatura del proletariato” non è stato in grado di offrire una riformulazione in termini attuali ed appropriati, segno questo di un grande vuoto teorico. E’ allora in questa direzione che dobbiamo scavare, è su questo nodo che si deve appuntare la nostra ricerca ed anche la nostra sperimentazione. Dobbiamo evitare che lo sgretolarsi di un caposaldo della teoria marxista della politica faccia crollare definitivamente l’intero edificio e con esso ogni ipotesi di trasformazione comunista della società. A questo ci viene utile, oggi, ricordare la Comune di Parigi. Ripensare il concetto di “dittatura proletaria” riqualificandone la sostanza politica liberatoria e liberatrice, anche alla luce del fallimento degli Stati socialisti che ad essa si sono ispirati.

Individuare i punti di caduta del pensiero e dell’azione politica dei comunisti del XX° secolo, procedere coraggiosamente alla critica di tutto ciò che ha costituito una deviazione fondamentale rispetto agli insegnamenti dei classici marxisti, può essere iniziato anche a partire da una piccola rivista come la nostra. E’ per questo che proponiamo di aprire una discussione politica, teorica e culturale, sul grande tema che l’impresa eroica dei comunardi ci ha consegnato: con quali mezzi le classi lavoratrici possono procedere alla loro liberazione dallo sfruttamento e dall’oppressione capitalistici ?

Quale rapporto deve intercorrere fra i mezzi usati ed il fine che si vuole raggiungere ?

Con quale tipo di organizzazione sociale è possibile la transizione al Comunismo ?

Ai nostri amici e ai nostri lettori sono rivolti i quesiti che abbiamo qui formulato. Altri interrogativi ed altre domande, magari più opportune e stimolanti, non mancheranno di aggiungersi se questa discussione saprà svilupparsi.