SULLA SITUAZIONE COLOMBIANA E LE SUE POSSIBILI IMPLICAZIONI A BREVE TERMINE
S. Scardigli
Da qualche mese i termini
"narcoguerriglia" e "Plan Colombia" occupano abitualmente
un certo spazio sulle pagine di politica estera di giornali e telegiornali
anche italiani (forse adesso un po' meno, oscurati dai tragici fatti
mediorientali) e l'America del Sud torna ad essere palesemente un'area
fortemente instabile dopo un quindicennio di false transizioni democratiche e
di conflitti geo-politici che in precedenza (apparentemente) si scatenavano
altrove.
In uno scenario che vede stati
come l'Uruguay, il Venezuela, il Perù, l'Ecuador in una fase di forti
sommovimenti sociali e politici, la Colombia è senza dubbio la situazione più
esplosiva e nello stesso tempo più promettente da un punto di vista
rivoluzionario.
Un movimento insurrezionale
armato con caratteristiche di massa non solo è in piedi da decenni ma si sta
rafforzando politicamente e militarmente e controlla circa la metà del
territorio colombiano.
Dall'altra parte un potere
oligarchico e corrotto, legato mani e piedi all'imperialismo nordamericano, il
quale aumenta sempre più il suo impegno militare nella regione, fino a
prefigurare (con il "Plan Colombia") uno scenario, se non vietnamita,
senz'altro più aspro di quello salvadoregno degli anni ottanta.
Quella colombiana è quindi una
situazione da seguire e studiare attentamente, in quanto nei prossimi mesi
probabilmente si giocherà in quella regione una partita di forte importanza per
i rapporti di forza politici internazionali.
1. Guerriglia e controguerriglia: origini ed evoluzione
Le due principali
organizzazioni politico-militari colombiane, le FARC (Forze Armate
Rivoluzionarie di Colombia) e l'ELN (Esercito di Liberazione Nazionale),
contano oggi rispettivamente 20.000 e 5.000 combattenti.
A metà degli anni sessanta, il
periodo di fondazione di queste due organizzazioni, gli effettivi erano di
poche centinaia.
"La via rivoluzionaria
armata per la lotta per il potere" fu sostenuta come unico mezzo
praticabile dai comunisti colombiani a partire dal 1964 e lo strumento scelto
furono le FARC (costituite nel 1965 in seguito all'unificazione dei guerriglieri
già operanti nel sud della Colombia).
L'ELN fu costituito nello
stesso periodo e si rifaceva all'esperienza cubana, aggregando nelle proprie
file consistenti settori cristiani e intellettuali di sinistra.
Le due organizzazioni non sono
mai riuscite a superare le proprie divergenze e non è mai stato quindi
possibile costituire un comando unificato.
Occorre a questo punto fare un
accenno alla storia politica della Colombia partendo dalla quasi guerra civile
del 1948-1960.
Terminato quel periodo ( che
causò circa trecentomila morti), i due principali partiti politici del paese,
liberali e conservatori, si accordarono nell'ambito di un Fronte Nazionale per
alternarsi al governo una legislatura dopo l'altra, amministrando lo stato (in
maniera a dir poco clientelare) con questo sistema fino al 1978.
Di conseguenza i partiti
politici persero ogni credibilità e, da parte di consistenti minoranze, si
cominciò a pensare alla lotta armata come unica via d'uscita da questa
situazione.
A parte i due gruppi
guerriglieri rimasti in piedi oggi, fino agli anni ottanta operava anche
l'M-19, movimento progressista di guerriglia urbana che organizzava settori
sociali differenti (anche borghesi) su una piattaforma patriottica e
antimperialista.
I suoi componenti fecero una
brutta fine: deposte le armi nel 1991, a seguito di un cambiamento
costituzionale chiesero la legalizzazione del loro movimento ed entrarono nel
governo, salvo poi essere sterminati quasi tutti (base e dirigenti) nel giro di
due o tre anni. Amen!
Per quanto riguarda la
controrivoluzione c'è da dire che l'istituzione militare nel suo complesso ha
reagito con un notevole ritardo ai progressi della guerriglie.
Scarsità di mezzi e conflitti
laceranti tra i diversi corpi armati dello stato causavano continue sconfitte
militari della controguerriglia.
E' a partire dalla seconda metà
degli anni novanta che (sotto la supervisione statunitense) si realizza in
maniera sistematica un ammodernamento e una riorganizzazione dei corpi
repressivi in funzione controinsurrezionale, realizzando un sufficiente grado
di coordinamento interforze e affiancando tecnologie sofisticate con i buoni
metodi tradizionali come stragi di contadini e rapimento di familiari di
guerriglieri da parte di squadre della
morte.
Questa nuova fase di scontro,
che il generale nordamericano Wilhelm sintetizzò significativamente nella formula "due fronti, un
nemico", partiva dal presupposto che narcotrafficanti e FARC fossero due
fronti di una stessa guerra e, di conseguenza, la distinzione tra operazioni
antidroga e antiguerriglia tendesse a sparire, fornendo inoltre una
giustificazione d'immagine al crescente coinvolgimento militare Usa in
Colombia.
2. Il genocidio politico come strumento di controllo del dissenso
La società colombiana vive da
più di cinquant'anni in un clima di diffusione endemica della violenza,
non solo nella sua accezione legittima
di strumento di liberazione degli oppressi o negativa di violenza degli oppressori.
Essa si è estesa ai più diversi
aspetti del vivere sociale, si manifesta in forme di delinquenza e attività
illecite di ogni tipo, conseguenza di una crescente disperazione sociale
aumentata dalle politiche economiche privatizzatrici che hanno portato alla
distruzione di ogni tipo di servizio pubblico ed al saccheggio delle risorse
dello stato.
E' una situazione comune a
tutte le realtà degradate ma che qui arriva al parossismo.
La Colombia è il paese con il
record mondiale degli omicidi.
Naturalmente l'omicidio
politico contro i leaders politici e sindacali è la regola della lotta
politica.
Può capitare che vengano
diffusi liberamente comunicati in cui si offre una ricompensa a chi uccide un
determinato sovversivo (se è un semplice oppositore politico fa lo stesso) e
che gruppi armati finanziati da industriali e commercianti uccidano liberamente
sovversivi e "rifiuti sociali".
Nelle zone rurali gli squadroni
della morte paramilitari (finanziati da industriali e agrari e addestrati
dall'esercito), torturano ed eliminano anche semplici contadini con la finalità
terroristica di scoraggiare ogni forma di appoggio alla guerriglia.
Questo metodo è il preferito
dallo stato colombiano che, da una parte nega qualsiasi coinvolgimento e,
dall'altra, permette che le squadre paramilitari siano finanziate e appoggiate
anche pubblicamente dall'alta borghesia colombiana.
Lo scopo è principalmente
quello di impedire ogni rivendicazione di riforma agraria, utilizzando
l'assassinio, l'espropriazione e l'espulsione di migliaia di contadini.
E' degna di nota questa
affermazione di Renan Vega, professore all'Università Pedagogica di Bogotà che,
in un articolo pubblicato da "Critica Marxista" scrive:
"...una legge approvata
dal Congresso della Repubblica, nella quale per la prima volta si è definito
delitto la sparizione forzata e il genocidio politico -legge che fu approvata
su istanza dell'Onu e di diverse organizzazioni per i diritti umani-, fu impugnata
dalla presidenza della Repubblica e dagli alti gradi delle forze armate, con la
scusa che impediva la lotta contro la sovversione e i gruppi guerriglieri.
Questo indica che in fondo lo
stato colombiano continua a rivendicare l'impunità per le proprie azioni, come
è stato proprio degli eserciti latinoamericani
informati dalla dottrina di sicurezza nazionale, addestrati e
indottrinati dagli Stati Uniti".
3. Narcotraffico e politiche militari imperialiste: le posizioni della
guerriglia
Dopo lo smantellamento dei
cartelli di Medellin e di Cali (circa cinque anni fa), il controllo e la
produzione della droga fu assunto da diversi piccoli gruppi e la Colombia
continuava ad esportare il 75% della cocaina prodotta nel mondo.
Ampi settori statali erano
coinvolti nel traffico tanto che, fino al 1998, il governo colombiano veniva
accusato dagli Usa di non collaborare al programma antidroga della Casa Bianca.
Ma nonostante le collusioni statali coi narcotrafficanti e la disastrosa
politica economica del governo del presidente Samper gli Stati Uniti si
guardarono bene dall'applicare sanzioni economiche contro uno stato il cui
destino era così importante per gli interessi nordamericani.
"A metà degli anni novanta
gli Stati Uniti decisero di trasformare
il Southcom, il comando regionale responsabile dell'America Centrale e
Meridionale, da struttura continentale priva di reale competenza marittima, in
organismo con precise competenze terrestri, aeree e marittime all'interno di
un'area estesa dalla Florida all'Antartide (...) il Southcom era l'unico
comando regionale statunitense dotato di un'apposita divisione dei diritti
umani, ovvero si stava preparando a combattere una battaglia mediatica curando
che l'intera gamma delle sue attività (...) fosse inserita in una soffice
cornice di human rights (...) la lotta al narcotraffico costituiva un ottimo
schermo etico dietro al quale perseguire altri obiettivi, a cominciare dalla
ristrutturazione dell'intero sistema di sicurezza latinoamericano, che mirava a
collegare l'intelligence alle azioni di polizia, per condividere le
informazioni disponibili sui narcos e i loro traffici con tutte le istituzioni
interessate. Allo stesso modo, naturalmente, si potevano assumere e
condividere anche le informazioni sui
guerriglieri e i loro simpatizzanti" (Antonio Sema, "Limes"
n.2-2000).
"Narcoguerriglia" è
ormai l'aggettivo con il quale viene definita la guerriglia colombiana dai
mass-media di tutto il mondo.
I militari colombiani avevano
sempre sostenuto questa tesi ma l'amministrazione Clinton ha cominciato a
sostenerla in maniera sistematica quando è apparso evidente che le FARC erano
ormai in grado di tenere testa all'esercito colombiano e spesso di sopraffarlo e che senza
l'assistenza nordamericana la guerriglia sarebbe nel medio periodo vittoriosa
sul piano militare.
Da qui l'opera di
disinformazione dell'opinione pubblica e il "Plan Colombia", del
quale scriverò tra poco.
Le FARC si sono trovate in una
situazione che vedeva contadini poveri coltivare la coca come unica piantagione
che poteva garantire loro un sostentamento. Mai il governo colombiano ha
garantito la commercializzazione di prodotti alternativi ma ha sempre colpito i
contadini con la repressione e la defoliazione tramite agenti chimici
distruttivi di ogni possibilità di coltivazione.
Se le organizzazioni armate
avessero imposto ai contadini la cessazione delle coltivazioni illecite se li
sarebbero semplicemente messi contro; hanno quindi imposto una tassazione
dell'1% su queste coltivazioni, che costituisce una delle tante fonti di autofinanziamento
(come i riscatti, le tasse di guerra contro i possidenti, ecc.).
Va inoltre detto che i
coltivatori, commercianti ed elaboratori della coca realizzano introiti
bassissimi; i veri guadagni si realizzano nelle fasi seguenti della lavorazione
e soprattutto della commercializzazione.
L'ex presidente Samper è
ricercato negli Usa come trafficante di droga, ufficiali colombiani sono stati
sorpresi negli Stati Uniti con quintali di cocaina, il leader degli squadroni
della morte Carlos Castano (secondo gli stessi Stati Uniti) è un ex esponente
del cartello di Calì. Ma a questi la guerra non gliela fa nessuno.
4. Punti di forza e debolezza delle guerriglie: zone liberate e progetto
politico
Quando si è insediato l'attuale
presidente colombiano Andres Pastrana le FARC erano già in grado di reggere per
quarantotto ore contro un battaglione dell'esercito, sapevano come attaccare e
conquistare un campo militare e coordinavano l'azione guerrigliera con
l'iniziativa politica di massa. Sulla carta il rapporto a favore dei soldati
governativi era di uno a dieci, ma la grande mobilità degli effettivi
guerriglieri dava a questi ultimi un vantaggio enorme, in quanto li metteva in
grado di concentrare forze a piacimento su singoli obiettivi e di avere sempre
l'iniziativa rispetto all'esercito che
"teneva" le posizioni.
In meno di un anno le FARC
erano passate dall'attacco a postazioni di limitata dimensione allo scontro in
campo aperto e simultaneo a livello nazionale.
Ormai l'appoggio logistico
statunitense era diventato indispensabile all'esercito per non soccombere
militarmente.
Tutto ciò ha rafforzato il
potere contrattuale della guerriglia ed ha costretto il governo a
smilitarizzare un'ampia parte di territorio (attualmente circa il 50% della
Colombia) che è passata sotto il controllo delle FARC le quali hanno qui
avviato un'amministrazione statale con il controllo dell'economia, della
giustizia, del fisco, ecc.
Nonostante tutto questo le FARC
presentano punti deboli non indifferenti. Il principale è la difficoltà di
acquisire influenza e presenza politica nelle grandi città e di legarsi alle
lotte economiche e politiche dei settori sindacali e dei movimenti urbani.
Sul piano ideologico poi, anche
se c'è un richiamo esplicito al marxismo-leninismo, alcuni compagni parlano
della socialdemocrazia nordica come di un modello interessante anche per la
Colombia.
Per quanto riguarda l'ELN va
rilevato che questo gruppo non è ancora riuscito a ottenere la
smilitarizzazione ed il controllo di porzioni di territorio (anche se sono in
piedi trattative in questo senso) e che la sua tattica guerrigliera è diversa
da quella delle FARC, attuandosi soprattutto (anche se non solo) con sequestri
di personalità e tecnici stranieri a scopo di riscatto e con l'attacco alle installazioni
petrolifere del paese.
5. Il "Plan Colombia" e lo scenario politico-militare che si
profila
Specialmente dopo la vittoria
elettorale dell'antimperialista Chavez in Venezuela, il quale sta cercando di
avviare un modello di sviluppo capitalistico indipendente dagli Usa, e
l'insurrezione india di gennaio in Ecuador contro l'introduzione del dollaro
americano come moneta nazionale, è forte la preoccupazione alla Casa Bianca per
la possibilità di perdere terreno nel controllo di questa porzione del proprio
"giardino di casa".
Oltre a questioni di ordine
geo-politico molti sono gli interessi statunitensi in Colombia. In questo paese
esistono risorse naturali come petrolio, oro, carbone, nichel, legno, smeraldi,
il cui sfruttamento è perseguito dalle multinazionali nordamericane. Esiste poi
una notevole ricchezza biologica e genetica, altro campo nel quale le
multinazionali Usa hanno oggi la precedenza.
La perdita formale del
controllo del canale di Panama porta poi gli Stati Uniti a rafforzare la propria
presenza nelle zone vicine.
Da qui la "guerra
santa" contro la"narcoguerriglia".
E' stato quindi approvato
(prima dall'amministrazione Clinton e poi dal Senato della Colombia) il famoso
"Plan Colombia" che prevede aiuti statunitensi per 1270 milioni di
dollari, dei quali 1000 destinati ad ammodernare l'apparato militare e la sua
infrastruttura.
Si prevede di utilizzare queste
forze soprattutto nei dipartimenti di Putumayo e Caquetà, controllati dalle
FARC, sui quali saranno spruzzati dall'aria agenti chimici che produrranno la
desertificazione e che sono pericolosi anche per l'uomo.
E' quindi certo che ondate di
profughi si riverseranno nei paesi vicini, rendendo la situazione generale
ancora più "a rischio". Inoltre tutto ciò provocherà l'intensificarsi
degli scontri armati, su un terreno che vede ormai la presenza di più di mille
"consiglieri" militari Usa e che ancora di più ne vedrà in futuro.
E' stata molto interessante
l'accoglienza che i movimenti urbani colombiani hanno riservato a Clinton alcuni
mesi fa quando ha visitato in pompa-magna il suo collega Pastrana. Durante le
poche ore della sua presenza si è svolta una vera e propria guerriglia urbana e
diversi obiettivi significativi sono stati colpiti.
L'impressione è quindi quella
di un rafforzamento non solo della guerriglia rurale ma anche del movimento di
resistenza urbana.
Dopo le elezioni presidenziali
negli Usa che si svolgeranno a novembre e l'insediamento del nuovo inquilino
della Casa Bianca, è probabile che gli avvenimenti subiscano una
precipitazione. Specialmente in caso di vittoria repubblicana (i repubblicani
sono sempre stati i più premurosi nella cura del "giardino di casa")
è prevedibile un'accelerazione nell'esecuzione del Piano.
Qui in Italia si stanno
sviluppando reti di solidarietà internazionalista che hanno già prodotto
diverse iniziative d'appoggio. Vista la debolezza delle forze in campo
nell'Unione Europea non è lecito aspettarsi movimenti di massa (e purtroppo non
solo per la Colombia). Occorre però seguire attentamente la dialettica che si
svilupperà tra imperialismo americano e nascente imperialismo europeo per
quanto riguarda la Colombia e l'America Latina.
In Europa ci sono paesi ex
colonizzatori come Spagna e Portogallo, cosa che determina di per sè una non
estraneità dell'intera UE alle vicende latinoamericane.