Il dibattito sulle riforme istituzionali europee

VERSO UN’EUROPA PIU’ “STABILE”… E REAZIONARIA

Sergio Cararo

 

Il processo di integrazione europea sta subendo una nuova accelerazione. Il dibattito sulla nuova struttura istituzionale dell'Unione è stato informalmente aperto a metà maggio dal ministro degli esteri tedesco Fischer. In realtà a mettere in evidenza il deficit democratico e di legittimità dell'attuale Unione Europea è stata la vicenda delle sanzioni contro uno dei membri - l'Austria - colpevole di aver portato al governo l'estrema destra (che però si chiama partito liberale) di Jorg Haider.

L'Unione Europea si è trovata a fare i conti con se stessa a 360 gradi  ma anche con i ritmi impressionanti della competizione intercapitalista a livello mondiale.

Proviamo a sintetizzare i problemi emersi in questi anni di avvenuta integrazione europea.

1) La grande operazione dell'Euro non sembra reggere la competizione con il dollaro nel mercato mondiale dei capitali. Se l'ambizione era quella di attirarli in Europa essi hanno invece preso la strada degli Stati Uniti e del dollaro forte. Ne hanno beneficiato le esportazioni ma solo quelle al di fuori del mercato europeo (che non raggiungono neanche la metà di quelle complessive) che è rimasto ingessato proprio dalla fine del regime dei cambi e dalla tagliola della moneta unica.

 

2) La guerra contro la Jugoslavia se da un lato ha accentuato l'escalation verso la costituzione dell'Esercito e di un complesso militare-industriale europeo, dall'altra ha rivelato le persistenti difficoltà ad omogeneizzare la politica estera e di sicurezza dei 15 paesi dell'Unione. La nomina di Solana a "Mr. Pesc" si è rivelata finora un fatto più formale che sostanziale. Sul futuro e sugli assetti nei Balcani l'Unione Europea concorda solo nella persecuzione economica, politica e militare contro la Jugoslavia che vanifica però ogni possibilità di spartizione dell'area balcanica.

 

3) Le sanzioni prese contro l'Austria stanno diventato un boomerang. La nascita dell'Unione Europea si regge infatti su due trattati (Maastricht e Amsterdam) che stabiliscono criteri di carattere macroeconomico vincolando gli stati aderenti al loro rispetto ma niente di più. Il Trattato di Shengen riguarda poi solo le casematte della fortezza europea in funzione anti-immigrati basandosi su criteri che poco hanno da invidiare alla politica "xenofoba" rimproverata ad Haider.

In sostanza l'Unione Europea non avendo una "Carta" fondata su principi e valori comunemente accettati da tutti gli stati aderenti, non ha alcuna legittimità istituzionale per prendere sanzioni contro uno stato membro che violi "politicamente" questi principi.

 

4) Questo deficit di legittimità democratica non sarebbe certo un problema (del resto in quanti paesi c'è stata effettivamente la consultazione popolare sui Trattati che hanno portato alla gabbia dell'Unione Europea o sugli eurocrati che la guidano?). Ma la questione che sta emergendo con forza è l'urgenza di adeguare i poteri decisòri dell'Unione e la sua struttura istituzionale anche in previsione dell'allargamento ad altri stati che hanno fatto da tempo richiesta di adesione alla UE.

 

Il dibattito informalmente riaperto da Fischer deve dunque misurarsi con la pesantezza di questo contesto. Molto probabilmente se la questione non fosse stata posta alla vigilia del semestre di presidenza francese dell'Unione (da giugno la Francia è presidente di turno dell'Unione) non avrebbe suscitato tante "passioni", ma alla fine del semestre francese, a Nizza (7-8 dicembre 2000) è prevista la Conferenza Intergovernativa chiamata a dare risposte sulla architettura istituzionale con cui l'Unione Europea affronterà la questione del suo allargamento ad altri stati.

 

Le varie proposte in discussione

La Conferenza Intergovernativa (CIG) di Nizza dovrà discutere di una serie di temi decisivi previsti dall'agenda europea:

a) L'estensione delle decisioni a maggioranza qualificata su materie che prima richiedevano l'unanimità;

b) riponderazione dei voti dei singoli stati in seno al Consiglio Europeo. La Germania ad esempio chiede di avere più voti.

c) "cooperazioni rafforzate" su materie strategiche come difesa, giustizia,immigrazione e fisco. Il concetto di cooperazione rafforzata è al momento una scatola vuota che i vari stati intendono riempire con proposte non sempre coincidenti. Ma questo concetto deve diventare qualcosa di estremamente concreto in vista dell'allargamento dell'Unione previsto per il 2003.

 

A fronte di questa agenda, il tedesco Fischer ha ritenuto di "smuovere le acque" parlando il 12 maggio scorso come "privato cittadino" in una conferenza all'Università Humboldt di Berlino. Nel suo ragionamento l'asse franco-tedesco resta quello decisivo. Il suo progetto contiene alcuni elementi fondativi per la nuova  Unione Europea:

a) Struttura federalista dell'Unione Europea simile a quella degli Stati Uniti;

b) Coinvolgimento e gestione di questo modello da parte di un nucleo trainante di paesi ai quali nel corso del tempo potrebbero aggiungersi altri;

c) Elezione diretta del Presidente dell'Unione Europea;

d) Trasformazione del Consiglio Europeo in governo europeo;

e) Divisione del parlamento europeo in due camere: una eletta dai cittadini, l'altra formata dai deputati nazionali.

 

Le reazioni al progetto federalista di Fischer non si sono fatte attendere. Soprattutto in Francia si sono manifestate resistenze (in Italia abbiamo visto la riluttanza di Amato e Dini diversificarsi dal consenso manifestato da Prodi). Ma il presidente francese Chirac, parlando il primo luglio al Reichstag ha ripreso alcune delle proposte di Fischer (con cui condivide l'idea dell'asse franco-tedesco e delle "cooperazioni rafforzate") ed ha rilanciato su questioni come la definizione di una Costituzione Europea. La sortita di Chirac confligge apertamente con gli orientamenti del governo Jospin ma questi sono i frutti della "coabitazione".

Infine il presidente italiano Ciampi parlando a Lipsia, ha anch'esso rilanciato la questione della Costituzione Europea e delle cooperazioni rafforzate in materia di difesa, sicurezza e politica estera. La sintonia tra Prodi e Ciampi conferma il loro orientamento apertamente filo-tedesco già emerso chiaramente nel corso dei "governi di Maastricht" che li hanno resi protagonisti (ahinoi!) nel decennio appena trascorso.

 

A nessuno sfugge l'obiettivo di fondo di questo processo. Se da un lato l'Unione Europea deve allargarsi per consolidare la sua area di influenza e il suo mercato interno portandolo a coinvolgere 28 stati e quasi 600 milioni di abitanti, dall'altro deve dotarsi di strumenti coercitivi e poteri decisionali forti che ne assicurino la stabilità. Il deficit democratico su cui si è retta tutta l'operazione che ha portato alla costituzione del polo imperialista europeo non può che acutizzarsi. I feticci come la Costituzione Europea o l'elezione diretta dell'eurocrate di turno sono solo specchietti per le allodole che a malapena mascherano la natura reazionaria di una Europa che, come commenta curiosamente il Financial Times "somiglia sempre più ad un consiglio di amministrazione". Qualcuno nel secolo scorso aveva già definito lo Stato "il comitato d'affari della borghesia". Uno stato sovranazionale è solo un comitato d'affari un pò più complesso.