Vertice N.A.T.O. di Firenze: la rivincita dell’Europa e la nascita di “Euroforce”.

Controvertice: proprio tutti erano in piazza?

Vittorio Paiotta

 

Il 24 e il 25 Maggio si è tenuto alla Fortezza Da Basso a Firenze il vertice della NATO. Ad un anno dall’aggressione militare ai danni della Jugoslavia si sono ritrovati per fare il punto della situazione i vertici, politici e militari, statunitensi ed europei. A questo summit ha partecipato anche la Russia, riallacciando così, anche ufficialmente, i rapporti con l’occidente interrottisi durante la guerra (rapporti che comunque a livello ufficioso non si erano mai interrotti). Ovviamente niente di preciso è dato sapere circa i reali contenuti di questi colloqui, a parte qualche velina e qualche conferenza stampa ad hoc. Tuttavia le indicazioni che si possono ragionevolmente trarre sono quattro:

1)      non c’è accordo tra USA ed EU da una parte e la Russia dall’altra sulla questione balcanica: tuttavia sembra abbastanza chiaro che Putin, in continuità con la linea tenuta dal suo padrino Eltsin, non rischierà la sua immagine (e gli aiuti economici) per difendere e sostenere la Jugoslavia. Il patto di stabilità per l’area balcanica varato qualche mese fa dalle potenze mondiali esclude la Jugoslavia dalle sovvenzioni: quest’ultima continuerà ad essere un buco nero nel gigantesco business della ricostruzione fino a che qualcuno non riuscirà a deporre o meglio ad assassinare Milosevic (naturalmente in modo democratico!). 

2)      L’utilizzo di armi nucleari tattiche non è più uno scenario puramente difensivo, ma diventa una possibilità  per future “operazioni internazionali per la difesa della democrazia”: in sostanza, prima di arrivare alla perdita di propri uomini e mezzi per la vittoria su di un paese nemico (o “canaglia”, come indica la definizione ufficiale della NATO) è lecito bombardarlo con testate nucleari. Questo scenario non è del tutto nuovo, in quanto già nella guerra del Golfo i generali americani avevano promesso ai loro soldati l’utilizzo di armi nucleari tattiche in caso di uso di armi chimiche da parte delle truppe irachene; questo situazione non si verificò e gli americani si “accontentarono” di seminare uranio impoverito sulla superficie dell’Iraq. Tuttavia, se nella guerra del Golfo l’utilizzo di armi nucleari tattiche era stato ventilato sottoforma di promessa ai propri soldati (e sempre smentita ufficialmente) adesso acquista la dignità di un vero e proprio scenario bellico possibile e lecito.

3)      La NATO si allarga ad est e la sua struttura si rafforza: tuttavia i trattati siglati solo un anno fa per il cinquantesimo anniversario dell’alleanza risultano rispettati nella forma, ma già superati nella sostanza; infatti un anno fa i capi di governo europei, firmando i vari documenti, di fatto accettavano il divieto, imposto dagli USA preoccupati di un eccessivo sviluppo militare dell’alleato-concorrente Europa, di creare un esercito europeo. Oggi “Euroforce” è un progetto concreto, che prevede la creazione, nel giro di due anni, di una forza di intervento europea forte di  60.000 unità e soprattutto, fornita di tecnologia di provenienza non americana (ed è la prima volta che questo accade). L’Europa insomma, pur tra molte contraddizioni, non sta a guardare e ribadisce in maniera inequivocabile la volontà di proporsi al mondo come potenza imperialista alleata, ma alternativa agli USA.

4)      A queste tematiche, trattate nel vertice, se ne aggiunge qualche giorno dopo una quarta: il rilancio da parte di Clinton dell’idea Reaganiana dello scudo stellare, cioè di un sistema missilistico che protegga gli Stati Uniti dall’aggressione di fantomatiche minacce di paesi terroristici quali Nord Corea ed Iran (!). Tuttavia, mentre l’idea di Regan era quella di proteggersi dall’Unione Sovietica, il magnanimo Clinton si è subito precipitato alla Duma per rassicurare i deputati russi sul fatto che lo scudo non sarebbe un’arma contro di loro.  Anzi: gli USA avrebbero volentieri fornito alla Russia ed all’Europa l’assistenza per estende lo scudo a tutti quei paesi. La manovra americana è abbastanza chiara: se non possono impedire la creazione di un esercito europeo possono mostrare i muscoli ribadendo la loro superiorità tecnologico-militare sotto forma di minaccia-assistenza ai loro rivali (una vecchia tecnica attuata con successo da anni da mafia e camorra, quando “offrono” la loro protezione ai commercianti).

 

Mentre si parlava di tutto questo nella blindatissima Fortezza Da Basso (c’erano perfino sommozzatori in Arno per timore di attentati), per le vie della città le forze comuniste, antagoniste e pacifiste hanno tentato una risposta proponendo una serie di manifestazioni e dibattiti che componessero una sorta di controvertice. Il controvertice ha avuto il suo momento più visibile durante tutta la giornata di Mercoledì 24 Maggio: in mattinata gruppi di manifestanti hanno occupato le vie del centro tentando di bloccare l’accesso dei vari partecipanti al vertice all’uscita degli alberghi. Durante il pomeriggio infine si è tenuta una manifestazione a cui hanno partecipato più di 5000 persone. La valutazione politica che si può dare di questa risposta è obbligata: la mobilitazione è stata piuttosto buona e soprattutto ben visibile; il vertice NATO, anche se non è stato minimamente disturbato (e non poteva essere altrimenti visto l’entità dello schieramento di polizia, carabinieri, esercito, FBI),  non è passato comunque inosservato. Certo è che non può non saltare agli occhi la sproporzione di forze tra il movimento comunista (e antagonista più in generale) e lo schieramento nemico; in un vertice dove si decidono a tavolino i destini del pianeta dal punto di vista militare e politico è sicuramente preoccupante non riuscire ad andare oltre a una sfilata per le vie del centro. Se la sproporzione delle forze in campo è un segnale tristemente noto con cui ogni forza che organizza manifestazioni di questo tipo sa che deve fare i conti, meno attesa (e non meno preoccupante) è la perdita di sensibilità per queste tematiche di una parte degli “antagonisti”. La manifestazione del 24 è stata di fatto vissuta da molti settori della “sinistra non di governo” come un appuntamento regionale: dalla Toscana la mobilitazione è stata buona, dal Movimento Antagonista Toscano al Partito della Rifondazione Comunista, dal Movimento per la Confederazione dei Comunisti ai Collettivi studenteschi (di scuola ed università). Tuttavia si è registrata l’assenza di tutti gli altri settori non toscani: nessuna traccia dei centri sociali del Nord-Est, come pure dei centri sociali romani  napoletani e milanesi; il PRC, che pure si è mosso bene in Toscana, non ha portato nessuno da fuori regione.

Questo fatto può in parte essere spiegato con una difficoltà di mobilitazione, in quanto il giorno dopo il controvertice di Firenze, si svolgeva a Genova una manifestazione contro le biotecnologie in opposizione ad una mostra-convegno sull’argomento: l’intento dei manifestanti era quello di riproporre, sia pure in scala ridotta, la contestazione anti-globalizzazione che si era manifestata a Seattle pochi mesi orsono. La manifestazione ha avuto un discreto successo (circa diecimila persone) e diverso spazio sui media dove i manifestanti sono stati appellati per lo più con definizioni quali “i ragazzi che legittimamente protestano contro lo sviluppo inumano delle nuove tecnologie”. Il fatto che una contestazione di questo tipo trovi tanta simpatia sui giornali non meraviglia più di tanto; l’articolo di Mazzei sui movimenti anti-globalizzazione pubblicato da “comunismo notizie” metteva bene in luce il perché, soprattutto in Europa, una contestazione di questo tipo non sia poi troppo malvista. Le biotecnologie sono soprattutto un investimento statunitense e l’orientamento della comunità europea è quello di ricorrere a misure difensive per evitare che i cibi transegenici invadano il mercato europeo danneggiando l’economia agricola nostrana. Si capisce quindi che espressioni di piazza di questo tipo, pur non facendo sicuramente piacere a chi è abituato a gestire indisturbato il potere, non spiacciano poi più di tanto (emblematico a questo proposito la partecipazione della Col.Diretti alla manifestazione di Genova).

Sarebbe però un errore gravissimo classificare questa serie di manifestazioni (Seattle, Ginevra, Genova e successivamente Bologna) come organiche alle logiche dei governi. Se è vero che i contenuti possono forse essere considerati non esterni alle strategie del capitale (o di parte di esso) è pur vero che in esse si avverte un rifiuto dell’attuale sistema di vita e una richiesta, seppur molto generica di una diversa organizzazione della società. Proprio questa genericità potrebbe rappresentare allo stato attuale un vantaggio in quanto potrebbe funzionare da molla per l’attivazione e la messa in circolo di forze nuove, singole persone che pur avvertendo un disagio in questa società non vedono la politica come mezzo utile per uscirne ed affermarsi. Le forze comuniste ancora presenti, pur senza cedere al movimentismo fine a se stesso, non possono lasciarsi sfuggire questa opportunità; dopo le manifestazioni di Seattle, di Ginevra, di Genova, Firenze e Bologna la stagione dei controvertici sta volgendo al termine: se si vuole tentare di trasformare un generico ribellismo in un movimento consapevole del proprio ruolo i comunisti debbono dare il loro fondamentale contributo cominciando, ad esempio, a coinvolgere settori del mondo del lavoro (positiva in questo senso la presa di posizione comune del coordinamento delle realtà comuniste contro il vertice OCSE di Bologna, che pubblichiamo in altra parte del giornale, così come il partecipato corteo organizzato dalle RdB). Chiaramente questo tipo di lavoro va svolto senza cedere al movimentismo fine a se stesso che anima alcuni settori del coordinamento antiglobalizzazione in quanto si potrebbero commettere errori come quello che ha spinto molti di loro a non partecipare alla manifestazione di Firenze contro la NATO: non è illudendosi di sostituire un nemico con uno apparentemente più abbordabile che si risolvono i problemi; commettere questo errore vorrebbe dire non avere consapevolezza del fatto che, seppur con diversi volti, è sempre il capitale, con le sue variegate strategie, con i suoi scontri interni, con le sue contraddizioni che sono anche la sua forza, l’unico nemico che le forze comuniste hanno di fronte.