Un pericoloso albero di Natale

E così Jörg Haider, proprio mentre la sua immagine politica si appanna in Austria, gioca la carta italiana e quella religiosa. Verrà a Roma con un grande albero di Natale per piazza San Pietro. Attenti ai regali che vorrebbe deporre sotto di esso.

Haider si appresta ad arrivare a Roma, approdando su ambedue le rive del Tevere. Un arrivo fortemente simbolico, molto più importante delle sue scorribande in Italia settentrionale (in "Padania", direbbe Bossi) e nel Canal Grande. Una nuova "marcia su Roma"?

Vale la pena di porsi qualche interrogativo, anche perché alla "marcia" di Haider corrispondono altri segnali di ripresa di una destra che va alla ricerca di radici antiche nella speranza di portare frutti nuovi.

Quale potrà essere il successo di Haider in Europa e anche in Italia? Come risponde il centrosinistra (la sua cultura politica) a questa offensiva politica? E ancora: come risponde - se risponde - il mondo cattolico? Soprattutto: per quali canali si affermano e si rafforzano, ancora una volta, nel nuovo millennio, i fascismi?

Non credo che l'episodio Haider sia né di lunga durata (in Carinzia già segnalano qualche calo) né di facile esportazione. Con qualche doverosa precisazione. La prima riguarda l'oltre Tevere: qui la rispondenza sarà probabilmente maggiore, ben al di là della gratitudine per l'albero di Natale regalato a piazza San Pietro dai boschi della Carinzia. È probabile che in Vaticano si pensi con favore a un rafforzamento della destra nel nostro paese, grazie anche a un indiretto aiuto dall'Austria, aiuto che potrebbe facilmente passare attraverso la Padania.

Ma non è detto che la crescita del fascismo nel nostro paese segua le stesse strade. Ne segue parecchie altre, difficili da individuare e ancora più difficili da combattere. I segnali più preoccupanti non vengono tanto dall'Austria, quanto dalle nostre piazze e strade, dagli striscioni negli stadi, soprattutto dagli episodi di razzismo. Sempre più frequenti e diffusi, sempre pericolosi, spesso inafferrabili.

A tenere uniti questi episodi e a collegarli con la Padania di Bossi e la Carinzia di Haider un elemento culturale (pseudoculturale) di grande portata e profondità, il nazionalismo. O, se si preferisce, il culto dell'identità nazionalista. Nel nostro caso, nazionalcattolica: un connubio di grande impatto e di forza rinnovata. La nuova crociata si combatte nel nome di una identità a tutto tondo che sarebbe il nostro patrimonio più sacro e profondo, messo a rischio dalle aperture agli altri, dai sorrisi agli immigrati, ma anche dalla debolezza delle proprie strutture civili ed ecclesiastiche, laiche e cattoliche. Haider, se è così, è più un segnale che una causa, un esempio da imitare.

Gli storici, d'altronde, ci dicono (nonostante Storace!) quanto molteplici e spesso sottili siano le strade per le quali il fascismo è arrivato, sia da noi che nella Germania di Hitler, nella Spagna di Franco, in molti paesi delle dittature latinoamericane. Molte strade sottili, quasi impercettibili, ma legate dal culto della identità nazionale.

Un antidoto? Non è facile individuarlo. In una parola: l'altro. Non è soltanto Haider a bussare alle nostre porte: è anche - soprattutto - l'immigrato, il povero, il diverso. È lui che ci potrà salvare dai rigurgiti di fascismo che si affacciano sulle due sponde del Tevere.

Filippo Gentiloni