Un'intesa anche con l'islam

Mentre sembra riprendere l'iter per l'approvazione di intese con diverse confessioni di fede (buddhisti e Testimoni di Geova, già siglate ai tempi del governo D'Alema; ma anche apostolici, Soka Gakkai, induisti, ortodossi, mormoni) sembrano allontanarsi i tempi di un accordo con le comunità islamiche. La Lega sta alzando un vero e proprio muro. Eppure è qualcosa che dovremmo ai musulmani che vivono in Italia, per la rilevanza e la consistenza della loro comunità; ma soprattutto che dobbiamo a noi, per la nostra tradizione di civiltà e libertà.

Nel novembre del 2000 proposi ai massimi responsabili delle principali confessioni religiose presenti in Italia, e ad autorevoli esponenti della Chiesa cattolica e delle Comunità islamiche, un testo che invitava all'incontro e al riconoscimento reciproco tra differenti culture e religioni. Ovvero una dichiarazione di fiducia nella convivenza: certo non agevole da realizzare eppure possibile; faticosa e, tuttavia, utile, intelligente, "remunerativa". Si chiedeva, in quel testo, di operare – anche attraverso atti normativi – per dare concreta attuazione a quei diritti universali della persona (e, tra essi, la libertà di culto), solennemente affermati dalla nostra carta costituzionale. In particolare, si auspicava la firma di una intesa tra lo Stato italiano e le comunità islamiche, quale strumento per riconoscere garanzie e per agevolare la mediazione dei conflitti e delle controversie, distinguendo tra ciò che è giuridicamente accettabile (anche se radicalmente diverso) e ciò che non lo è: "Lo Stato deve proporsi – scrivevamo allora – come casa comune in grado di offrire a quanti risiedano nel suo territorio pari opportunità per coltivare i propri valori e affermare i propri diritti (…) nel rispetto dell'ordinamento giuridico italiano".

All'indomani degli attentati dell'11 settembre, quando la "questione islamica" si impose, con prepotenza, all'attenzione delle società occidentali, ci chiedemmo: proprio adesso? Proprio adesso parlare di patto giuridico con i musulmani? Sì, era esattamente quello il momento più opportuno – oltre che più giusto – per lavorare all'intesa. Quando si manifesta un allarme sociale, tanto più se "impensabile", si diffonde la tendenza ad attribuirne la responsabilità a un soggetto estraneo e diverso. E, allora, il compito prioritario diventa quello di distinguere: riconoscere ciò che è possibile riconoscere, legalizzare ciò che è legalizzabile, costituzionalizzare ciò che non è contro la Costituzione, ma che proprio la Costituzione prevede. Da qui un nuovo manifesto, promosso da Oscar Luigi Scalfaro e Giulio Andreotti, dal senatore della Lega Nord, Fiorello Provera, dal responsabile della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, da Susanna Agnelli e da chi scrive, per affermare la necessità di adeguate politiche pubbliche e di un sistema di diritti e doveri per i musulmani presenti nel nostro paese. Ovvero – presumibilmente – oltre mezzo milione di persone, tra italiani e stranieri. Ciò richiede che – come è stato fatto con l'Unione delle comunità ebraiche, le Chiese evangeliche e altre confessioni ancora – si arrivi alla firma di quel patto giuridico che, nell'ordinamento italiano, è l'intesa. Una tale prospettiva è stata oggetto di un recente convegno, il 4 giugno scorso, che ha visto la partecipazione di giuristi (da Cesare Mirabelli a Francesco Margiotta Broglio a Giovanni Conso) ed esponenti delle principali forze politiche della maggioranza e dell'opposizione. In quella sede, il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini e Piero Fassino (Ds), Marco Follini (Udc) e Rosy Bindi (Margherita), Domenico Nania (An), Renato Schifani (Forza Italia) e Fiorello Provera (Lega Nord) si sono detti favorevoli all'intesa.

Tutto fatto, dunque? Tutto risolto? Ovviamente no. Un conto sono le intenzioni e le dichiarazioni politiche (pur se autorevolissime, come in questo caso). Un conto è il voto di mille parlamentari. Non solo: l'opposizione della Lega Nord sembra tanto tetragona quanto aggressiva. E la cosa conterà – eccome! – all'interno del centrodestra e delle successive scelte di leader, partiti e parlamentari. Questo rende ancora più importante che il tema dell'intesa circoli all'interno della pubblica opinione e si faccia capace di argomentazione, persuasione, consenso: convincendo il maggior numero di cittadini che "non lo facciamo mica per i musulmani" (non principalmente per essi). Lo facciamo, innanzitutto, per noi: e per i nostri standard di civiltà e di libertà.

Luigi Manconi