Esantema papuloso in immunodeficienza comune variabile

A.V. Marzano, M. Ghislanzoni, E. Berti, E. Alessi

Istituto di Scienze Dermatologiche, IRCCS Ospedale Maggiore Milano,

Università degli Studi di Milano e Milano Bicocca

 

 

L'immunodeficienza comune variabile (CVH) è una forma acquisita di ipogammaglobulinemia ad eziologia sconosciuta, che si associa a un aumentato rischio di disordini linfoproliferativi.

Uomo di 26 anni, cha da circa 6 mesi è portatore di lesioni eritemato-papulose follicolari al volto, agli arti superiori e al tronco, dove gli elementi risultano confluire in ampie placche e che al momento del ricovero è febbrile per concomitante polmonite da Haemophilus influentiae, documentata con emoculture e risolta favorevolmente con l'associazione ceftriaxone-ciprofloxacina.

Oltre agli indici di flogosi sono aumentate le transaminasi, la LDH e la b2 microglobulina, mentre il livello sierico di tutte le classi immunoglobuliniche risulta marcatamente ridotto. Le biopsie cutanee evidenziano infiltrazione focale dermica di tipo linfoistiocitario epiteliotropa e follicolotropa con netta predominanza di linfociti CD8+. Nel sangue periferico è presente un grave deficit dei linfociti B con marcato incremento dei T soppressori e modesta riduzione dei T helper. L'analisi molecolare rivela un riarrangiamento clonale della catena g del TCR nel DNA estratto dalla cute lesionale, mentre il risultato è dubbio nel sangue periferico. Agoaspirato midollare, biopsia ossea e TAC total body sono normali. Una terapia con immunoglobuline e.v. determina parziale regressione delle manifestazioni dermatologiche.

Il caso risulta di difficile classificazione. Un suo inquadramento come linfoma CD8+ in CVH si fonderebbe in particolare sulla dimostrazione della natura clonale della patologia. L'ipotesi è che la malattia possa essere legata alla comparsa di un clone abnorme di linfociti T soppressori in grado sia di inibire i B linfociti, determinando la grave ipogammaglobulinemia, sia di evolvere in senso neoplastico.

Tuttavia una condizione pre-linfomatosa colta, grazie alla sensibilità della biologia molecolare, nella fase iniziale di trasformazione tumorale non può essere esclusa. A sostegno di tale interpretazione deporrebbe la buone risposta al trattamento immunoglobulinico.