Sessione I - Simposio 1

Sala Expo - Palazzo del Popolo
Venerdì 17 novembre 2000 - Ore 14.30

Modelli di psicopatologia della personalità.
Un passo verso trattamenti verificabili

Chairperson: Giancarlo Dimaggio
Discussant: Antonio Semerari

I disturbi di personalità sono descritti nella nosografia del DSM-IV come insiemi eterogenei di sintomi, segni e stili relazionali. Entità diverse costituiscono quadri unitari di personalità disfunzionali. Spesso inoltre questi quadri sono descrizioni insufficienti della tipologia che intendono descrivere; le personalità, per quanto disturbate, sono più complesse di quanto i criteri tratteggiati dal manuale pretendano.
Gli obiettivi del simposio saranno: a) fornire descrizioni accurate dei disturbi, tenendo conto della letteratura scientifica delle varie scuole; b) trovare coerenza nella diversità di manifestazioni psicopatologiche delle sindromi. Si tenterà di rispondere a domande come: la disregolazione emotiva e la molteplicità rappresentativa, copresenti nel borderline, sono riconducibili a fattori comuni? Il senso di non appartenenza grandiosa dei narcisisti è legato alla difficoltà a rappresentarsi i desideri? Le operazioni tentate dagli autori saranno di due tipi. La prima (Liotti e Cotugno) sarà di reductio ad unum. La seconda di ricostruire circuiti di interazione reciproca fra elementi patologici che stabilizzano la patologia di personalità. Gli elementi valutati rilevanti dai partecipanti sono: 1) La storia di sviluppo dei Sistemi Motivazionali Interpersonali, in particolare quello dell'Attaccamento. 2) Le alterazioni delle funzioni metacognitive. 3) Gli stati mentali dominanti riconoscibili in ogni disturbo. 4) I cicli interpersonali disfunzionali specifici delle patologie. 5) La modalità in cui la conoscenza si organizza in forme tipiche o, viceversa, si disorganizza e diventa incoerente, frammentata. Identificare dei modelli unitari dei disturbi di personalità è uno dei primi passi per formulare strategie di intervento più efficaci e verificabili; essi infatti permettono di mirare sugli aspetti nucleari dei disturbi e di incidere sugli aspetti psicopatologici fondamentali. D'altra parte avendo presente i nessi tra gli elementi è possibile evitare interventi inutili o iatrogeni, come proporre l'integrazione ad un borderline che sta testando la sicurezza del terapeuta o promuovere il decentramento con un narcisista alle prese con il problema di nominare i propri desideri.


Il nucleo del disturbo borderline di personalità

Giovanni Liotti* - Armando Cotugno*

* Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva della Associazione di Psicologia Cognitiva, Roma.

Mentre la teoria psicoanalitica di Kernberg afferma che il disturbo nucleare della patologia borderline è una rappresentazione scissa, non integrata, di sé e degli altri, la teoria cognitivo-comportamentale di Linehan sostiene che tale disturbo nucleare va invece riconosciuto nel deficit del sistema di regolazione delle emozioni. In questo articolo si afferma che la disorganizzazione dell'attaccamento comporta tanto una rappresentazione molteplice e dissociata di sé e della figura di attaccamento quanto un deficit metacognitivo che rende difficile la regolazione delle emozioni. La disorganizzazione dell'attaccamento è dunque compatibile con i principali modelli teorici del disturbo borderline di personalità, e potrebbe costituire la base per una integrazione di tali modelli. Inoltre, alcuni dati clinici e di ricerca convergono nel sostenere l'ipotesi che la disorganizzazione dell'attaccamento costituisca un importante fattore di rischio nello sviluppo del disturbo borderline di personalità.


Perché il narcisismo è un disturbo stabile? Un modello di mantenimento della psicopatologia

Giancarlo Dimaggio, Antonio Semerari, Antonino Carcione, Maurizio Falcone, Giuseppe Nicolò, Igor Pontalti, Michele Procacci.


Il disturbo narcisistico di personalità può essere descritto a partire da alcune dimensioni basiche e distinte della vita mentale: a) un set tipico di stati mentali, di forme di esperienza cosciente; b) un pattern di alterazioni delle abilità metacognitive; in particolare è carente l'accesso ai propri stati interiore, desideri ed emozioni; la comprensione della mente dell'altro, in particolare da una prospettiva decentrata è deficitaria; c) la sensazione pervasive di non condividere la propria esperienza con gli altri impegnati nelle relazioni e di non appartenere a gruppi; d) la regolazione dell'autostima gioca un ruolo centrale ed è attuata attraverso dei tipici bias di self-enhancement; e) i valori sono lo strumento di elezione per compiere le scelte personali e sociali, a scapito dell'uso delle emozioni e dell'accordo interpersonale; f) i cicli interpersonali assumono andamenti disfunzionali caratteristici. In questa sede proponiamo un modello integrato della personalità narcisistica che descrive come il disturbo di automantiene nel tempo e quali sono le gerarchie di importanza psicopatologica tra gli elementi descritti.


I processi cognitivi disfunzionali che sostengono il disturbo evitante di personalità

Michele Procacci, Giancarlo Dimaggio, Antonio Semerari, Anna Barbagli, Giancarlo Vinci, Maurizio Falcone, Giuseppe Nicolò


Nell'affrontare l'argomento del disturbi di personalità è notorio che si tratta di persone che presentono difficoltà a relazionarsi. Nel disturbo evitante di personalità tale aspetto è cruciale. L'evitante rappresenta, a nostro modo di intendere, proprio il caso in cui il desiderio del rapporto cozza violentemente con la impossibilità nel conseguirlo. In particolare è la sensazione di estraneità, di non condivisione degli stati psicologici con un'altra persona ad emergere. Nei gruppi poi, l'evitante trova le difficoltà più grosse; non riesce proprio ad appartenere a nessuno gruppo pur facendo sforzi. Il nostro intervento muove da queste complesse dimensioni cognitive, specifiche nella costruzione delle competenze sociale degli individui, ed illustrerà le conseguenze nella formazione di schemi relazionali stabilmente disfunzionali.
A tale scopo utilizzeremo gli esempi presenti in letteratura ed i dati emersi delle ricerche empiriche per formulare un nuovo modello psicopatologico del disturbo evitante di personalità.

Il presente lavoro è stato supportato dal fondo n°96/QT/23 del Progetto obiettivo di Salute Mentale, ISS.


Stati mentali, deficit metacognitivi e cicli interpersonali nel Disturbo Dipendente di Personalità: ipotesi per un modello clinico e strategie d'intervento

Antonino Carcione, Giancarlo Dimaggio, Giuseppe Nicolò,
Michele Procacci, Antonio Semerari

Il DSM III introduce la diagnosi di Disturbo Dipendente di Personalità descrivendolo come caratterizzato da passività nelle relazioni interpersonali, tendenza ad assumere un ruolo passivo e subordinato agli altri, bassa autostima. Con maggiori precisazioni sintomatologiche tale quadro descrittivo rimane nel DSM IV.
Scopo di questo lavoro è proporre un modello articolato del Disturbo Dipendente di Personalità che metta in luce un funzionamento mentale dei soggetti con tale disturbo più complesso di quello derivabile dalla lettura dei criteri diagnostici descrittivi.
Utilizzando le osservazioni dei trascritti di sedute di psicoterapia, sia in termini clinici che tramite strumenti di valutazione come la Griglia degli Stati Problematici (G.S.P.) e la Scala di Valutazione della Metacognizione (S.Va.M.), vengono evidenziati gli stati mentali caratteristici dei soggetti affetti da DPD, la loro variazione nelle relazioni interpersonali, le disfunzioni metacognitive (che probabilmente ne sono alla base) che caratterizzano una difficoltà nella regolazione di scelte autonome ed i cicli interpersonali che si perpetuano determinando la stabilizzazione del quadro psicopatologico. Verranno di conseguenza proposte strategie di intervento che permettano l'acquisizione di una crescente autonomia ed una maggiore capacità di regolare le scelte indipendentemente dal contesto interpersonale. Tranches di sedute audioregistrate verranno utilizzate per illustrare quanto sostenuto.