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Chiesa e monastero di S. Benedetto.
S.
Benedetto è considerato uno dei cardini fondamentali
nelle vicende storiche e politiche conversanesi. Tra le varie ipotesi riguardo all'epoca di fondazione, la più convincente sarebbe quella che data la nascita del monastero tra gennaio e dicembre del 957, ovvero pochi mesi dopo la comparsa della chiesa. Inoltre questa data trova riscontro nella situazione politica della Puglia del tempo contesa tra Longobardi e Bizantini: la costruzione del monastero benedettino fu un'abile mossa politica dei Longobardi. Infatti considerata l'importanza strategica e territoriale di Conversano, che oltre ad essere un'obbligata zona di passaggio verso il mare rappresentava il centro del territorio in cui la signoria longobarda più potente aveva espanso la sua influenza e possedeva numerosi beni patrimoniali, costituiva un'ulteriore ostacolo ai tentativi bizantini di riconquiatti di liberalità che resero l'abbazia più un ente politico, che religioso e amministrativo quale era. Da allora in poi l'abate del nostro monastero diventava la più alta dignità del clero conversanese, almeno fino al ritorno del Vescovo, e la chiesa di S. Benedetto veniva ad essere la chiesa madre della città. L'insediamento benedettino raggiunse il culmine dalla sua importanza nel 1110 quando riuscì ad ottenere il privilegio di dipendere direttamente dalla S. Sede e quindi a consolidare ancora meglio la sua situazione patrimoniale. Ora la loro potenza gli assicurava quasi l'intangibilità da parte del potere vescovile, della feudalità laica e della stessa autorità papale. |
Dopo la vittoria angioina sulla casa
sveva e la dispersione della comunità dei monaci
benedettini, nel 1267 l'abbazia di S. Benedetto con tutti
i suoi diritti e privilegi fu concessa ad un gruppo di
monache cistercensi provenienti dalle Grecia. Questi cambiamenti non peggiorarono la situazione politica ed economica del monastero, anzi la migliorarono.: le monache arricchirono, con le loro conoscenze, la vita religiosa e culturale del cenobio, inoltre avendo mantenuto i legami con il convento nel Peloponneso, intrapresero dei rapporti che si rivelarono proficui per entrambe le parti. Per quanto riguarda la dominazione angioina e più tardi aragonese, esse diedero un forte impulso al monastero benedettino, visto che confermando i vecchi privilegi, concedendone di nuovi ed esentandolo dal pagamento delle imposte, diedero modo di fiorire alla sua economia. |
A tutto questo
si aggiungevano numerose donazioni di privati, che in cambio
della protezione e del godimento dei vantaggi delle libertà
ecclesiastiche, concedevano i loro diritti e controllando con
sollecitudine la loro situazione patrimoniale, riuscirono anche
ad accrescere la ricchezza del sta della terra pugliese.
Ma già prima dell'anno 1000, grazie alle frequenti e numerose
donazioni, questo monastero aveva acquistato la sua autonomia col
consenso dell'arcivescovo e di tutto il clero barese e si era
perfettamente inserito nel territorio conversanese.
L'avvento dei Normanni segna profondamente la storia di questo
cenobio.
Il legame di questo insediamento benedettino con le tradizioni e
gli interessi della città e la conseguente stabilità del potere
raggiunta dai monaci spinsero Goffredo, cavaliere al servizio di
Umberto d'Altavilla, a ricercarne l'alleanza.
Quindi Goffredo concesse al monastero una serie di atti di liberalità che resero l'abbazia più un ente politico, che religioso e amministrativo quale era. Da allora in poi l'abate del nostro monastero diventava la più alta dignità del clero conversanese, almeno fino al ritorno del Vescovo, e la chiesa di S. Benedetto veniva ad essere la chiesa madre della città. L'insediamento benedettino raggiunse il culmine dalla sua importanza nel 1110 quando riuscì ad ottenere il privilegio di dipendere direttamente dalla S. Sede e quindi a consolidare ancora meglio la sua situazione patrimoniale. Ora la loro potenza gli assicurava quasi l'intangibilità da parte del potere vescovile, della feudalità laica e della stessa autorità papale.Dopo la vittoria angioina sulla casa sveva e la dispersione della comunità dei monaci benedettini, nel 1267 l'abbazia di S. Benedetto con tutti i suoi diritti e privilegi fu concessa ad un gruppo di monache cistercensi provenienti dalle Grecia. |
Questi cambiamenti non peggiorarono la situazione politica ed
economica del monastero, anzi la migliorarono.: le monache
arricchirono, con le loro conoscenze, la vita religiosa e
culturale del cenobio, inoltre avendo mantenuto i legami con il
convento nel Peloponneso, intrapresero dei rapporti che si
rivelarono proficui per entrambe le parti. Per quanto riguarda la
dominazione angioina e più tardi aragonese, esse diedero un
forte impulso al monastero benedettino, visto che confermando i
vecchi privilegi, concedendone di nuovi ed esentandolo dal
pagamento delle imposte, diedero modo di fiorire alla sua
economia. A tutto questo si aggiungevano numerose donazioni di
privati, che in cambio della protezione e del godimento dei
vantaggi delle libertà ecclesiastiche, concedevano i loro
diritti e controllando con sollecitudine la loro situazione
patrimoniale, riuscirono anche ad accrescere la ricchezza del
monastero.
L'unico momento di ristagno dell'economia del cenobio risale al
periodo tra la fine del secolo quattordicesimo e la metà del
quindicesimo, chiaramente riconducibile alle generali condizioni
di povertà e all'arresto della produzione agricola che
caratterizzano quei tempi. Però come abbiamo già detto, questo
periodo costituì una breve eccezione: per tutto il diciottesimo
secolo, e fino ai primi dell' '800 sono documentati ampi possessi
patrimoniali. La testimonianza di questa straordinaria ricchezza
è oggi il magnifico tesoro del monastero; la raccolta comprende
splendidi gioielli, ma soprattutto numerosissimi oggetti di uso
liturgico, tutti prodotti di oreficeria napoletana. Infatti il
monastero era in contatto con la capitale del regno per la
presenza di religiose appartenenti a nobili famiglie in stretto
contatto con Napoli sia dal punto di vista politico che
culturale. Ad incrementare questi possessi contribuivano
sicuramente proprio i corredi dotali delle ricche monache in
rapporti di parentela anche con la famiglia reale, come dimostra
la lunga sequela delle badesse di casa Acquaviva.
La lunga serie di liti e ribellioni del clero di Castellana
contro le badesse conversanesi e la dura lotta del Vescovo di
Conversano per tentare di intromettersi negli affari del
monastero e limitarne la forza, porteranno nel 1810 al decreto
del re Murat, che aboliva la giurisdizione vescovile delle
badesse e annetteva il monastero al vescovado di Conversano.
Nel 1920, dopo la scomparsa delle ultime monache benedettine, il
convento fu, prima affidato alle suore di S. Anna, e in tempi
assai recenti, alle Apostole del S. Rosario, che ne utilizzano
tuttora i locali per attività scolastiche e sociali.
Il complesso è inserito nella parte più antica della città,
tra via S. Benedetto e via Porta Antica, e, per alcuni tratti,
poggia sulle poderose mura dell'antica Norba.
La chiesa di S. Benedetto era situata sin dalle sue origini
all'interno delle mura di Conversano.
Fu ricostruita alla fine del secolo undicesimo ad opera del conte
Goffredo. Non si trattò però di fondazione vera e propria
quanto di una significativa opera di ristrutturazione
dell'edificio già esistente nel secolo decimo sicchè l'attuale
chiesa è il documento più significativo delle cure e delle
libertà che il conte normanno destinò al cenobio conversanese.
Unica traccia e testimonianza dell'insediamento benedettino è
costituita dalla cripta. Il complesso medioevale costituito dalla
chiesa e dal corpo di fabbrica che comprende il refettorio, a
cominciare dal 1579 fu ampliato con la costruzione del nuovo più
ampio chiostro quadrato e di nuovi locali, tra cui gli
appartamenti delle "Signore dell'Eccellentissima Casa
Acquaviva", fino a costituire l'imponente isolato di
fabbrica dominato dal nuovo campanile.
L'elegante campanile seicentesco sovrasta l'ingresso monumentale
per cui, attraverso un cortiletto, si giunge al fastoso portale
del fianco nord che costituisce l'accesso principale della
chiesa.
La monumentalità, consapevolmente ricercata, di tutta l'area di
accesso al complesso benedettino contrasta visibilmente con la
facciata settentrionale della chiesa e del campanile
"normanno" lineare e severa.
Due diversi linguaggi strutturali sono però entrambi chiara
espressione delle fasi salienti della vita di questo cenobio,
l'apogeo grazie all'alleanza col potere del conte e quindi la
nuova affermazione sotto il potente protettorato della illustre
casata Acquaviva d'Aragona.
Dell'originario portale, che si apriva sulla facciata nord, in
asse con l'antico accesso al chiostro nel lato sud, non rimane
più alcuna traccia. L'ingresso, sicuramente ampliato è
attualmente occupato dal nuovo portale, inaugurato nel 1658,
sotto il badessato di Donna Marianna Acquaviva d'Aragona.
L'imponenza e la vivace cromia degli esterni, sembrano
preannunciare il sontuoso apparato decorativo dell'interno.
Mentre all'esterno infatti, gli interventi seicenteschi si
qualificano come semplici episodi che si sono venuti ad innestare
su di una struttura che è stata fondamentalmente accolta,
all'interno, invece, le trasformazioni denunciano un progetto
unitario che ha imposto con forza all'architettura originaria il
nuovo apparato decorativo.
La trasformazione seicentesca, avvenne per celebrare il tempio
del Santo assunto solennemente nel 1641, a patrono di Conversano.
I cambiamenti avevano come intento quello di fare acquistare
all'intera struttura maggiore elevatezza ed imponenza.
Già a fine 1500 invece, dovrebbe risalire la ristrutturazione
della zona absidale originaria, inglobata in un ampio vano
rettangolare che con ogni probabilità doveva costituire la più
antica cappella del Rosario, destinata ad accogliere le spoglie
dei Conti di Conversano. Essa accoglie la tela del Damasceno
raffigurante la "Madonna del Rosario".
Le tre pale che coronano gli altari della chiesa, testimoniano
che la fase fina le della solenne ristrutturazione di S.
Benedetto secondo i nuovi canoni seicenteschi fu compiuta dalla
èquipe bitontina che in quegli anni assumeva l'appalto di quasi
tutte le imprese decorative di terra di Bari.
Gli stucchi e la profusione di dorature hanno reso illeggibili le
probabili reminiscenze dell'originaria decorazione barocca.
Brevi notizie dell'assetto della chiesa di S. Benedetto a metà
secolo diciottesimo, ci provengono dai Decreti relativi alle S.
Visita Apostolica del 1749: insieme ad una serie di disposizioni
relative all'intero complesso conventuale, perché i locali
fossero resi più agibili e soprattutto fosse salvaguardata la
riservatezza delle monache di clausura, il Visitatore Apostolico,
vescovo di Oria, esprime la sua approvazione per i cinque altari,
tra cui "il maggiore coll'immagine di Padre S. Benedetto e
S. Biagio Martire".
All'ultimo restauro, compiuto a metà secolo diciannovesimo sotto
la direzione dell'architetto S. Simone e infine da rapportare
l'assetto attuale della chiesa.
L'intervento, determinato dalla necessità di risanare le
condizioni precarie dei più recenti lavori settecenteschi, si
qualifica come un tentativo di ripristinare l'antico aspetto del
tempio "guastato" dal rivestimento in stucco e
specialmente dalla " profusa indoratura fatta in oro
falso". I lavori si articolano intorno a tre momenti: la
messa in opera della nuova pavimentazione, il generale
rivestimento di stucchi, il restauro degli affreschi delle
cupole.
Alle diverse trasformazioni ed alle varie fasi di
ristrutturazione che si sono succedute nel tempo lasciando
tracce, come abbiamo visto, in genere chiare e decifrabili, fa
riscontro, invece, il problema della incertezza riguardo la
datazione della chiesa ed insieme del chiostro più antico.
Riteniamo di dover accettare l'ipotesi, come abbiamo già visto
suffragata dalla tradizione che la chiesa benedettina sia stata
riconosciuta alla fine del secolo undicesimo.
Del chiostro, invece, non abbiamo notizie particolari né elementi precisi di datazione.
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