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CO.RI.S.MA. (Comitato Ricerche Storiche
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Mortai archipendoli e
bombe
Dei fatti darme
del 22/25 febbraio 1793 o meglio, della "Battaglia della Maddalena " (così si
trova nei testi), non ci restano che pochissimi reperti storici di accertata provenienza
locale. A parte lo stendardo ed i documenti cartacei: (relazioni, pro memoria, lettere,
dispacci e quantaltro) non ci rimangono nientaltro che una palla di cannone e
un puntatore da tiro. La palla di cannone fa bella mostra di se nel corridoio del primo
piano del nostro palazzo comunale su di un piedistallo in granito locale. Dello strumento
da tiro detto: " puntatore o traguardo, che servì in quei giorni ai gallo-corsi per
direzionare il tiro dei loro mortai dallisola di S. Stefano verso Cala Gavetta, se
ne conosce la forma solo perché più autori lo hanno delineato nei loro testi come
immagine simbolo a corredo iconografico delle descrizioni dei fatti darme isolani.
Questo strumento bellico è conservato lontano dallisola , in un museo torinese:
lArmeria Reale ed è purtroppo sconosciuto anche ai più attenti cultori di cose
storiche isolane. Non vorremo che diventasse come laraba fenice di cui tutti parlano
ma nessuno sa cosa esattamente sia, vorremo dare per ciò, qui di seguito una breve
traccia della sua storia. Conosciuto con vari nomi, questo strumento bellico è chiamato
archipendolo, archipenzolo, quadrante, puntatore e traguardo, questo mitico reperto
storico serviva a misurare langolo di elevazione della volata dei cannoni e a
controllare lorizzontalità delle piazzole. Nella ricca letteratura sui fatti
napoleonici del 1793 a La Maddalena, è il documento iconografico fra i più sfruttati ma
anche per contro tra i meno sconosciuti. Sfruttato in ogni pubblicazione a carattere
storico o anche semplicemente in ogni guida turistica locale, è stato copiato, lucidato e
duplicato senza mai però darne la precisa ubicazione della sua reale presenza museale,
ovvero dove oggi si trovi. |
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Archipendolo 0,28
Materiale : ottone,
ferro, corda, legno (noce) bronzo
Ingombro massimo : cm
49,6 x 46
Peso: gr. 2260
Iscrizione incisa:
"Traguardo a pendolo per dirigere le
bombe, costruito da Napoleone I° quando era semplice ufficiale di artiglieria alla
spedizione di Corsica in Sardegna. Fu preso all'isola di Santo Stefano nelle Bocche di
Bonifacio dal signor Giovanni Ornano ufficiale della Marina Sarda, quando fu costretto
dalla forza d'abbandonare la posizione lasciandovi un mortaio a bomba e lo strumento.
N.B. il fatto ebbe luogo il 24
febbraio 1793
dono fatto dal Capitano di
vascello Cav. Giuseppe Albini nel febbraio 1843
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Storia della sua conservazione quale cimelio
e come ci fu tramandato:
Nel saggio su Domenico Millelire del 1928 di Erasmo
Dellonore ci viene detto che "raccolto sul campo da Domenico Millelire dopo
la rovinosa fuga degli attaccanti gallo-corsi dallisola di S,Stefano, fu donato
dalla figlia di Domenico, (Anna Maria Millelire, che sposò Francesco Susini da cui
derivano i Susini-Millelire che tanto peso ebbero nella storia isolana e del risorgimento
italiano), al cugino comandante poi vice Ammiraglio quindi senatore e conte Giuseppe
Albini, il quale lo regalò a Re Vittorio Emanuele I° che lo fece deporre nel Museo
Navale di Genova. Ora si trova nellArmeria Reale di Torino con il consenso della
famiglia Albini per disposizione del Ministro Alfonso La Marmora , come risulta da
documento del 20 dicembre 1859 conservato nel Museo Navale di La Spezia".
Raccontano le cronache del tempo che tra i reperti
lasciati nelle mani dei sardo piemontesi dalle truppe gallo-corse in fuga dallisola
di S. Stefano, furono raccolti un mortaio dassedio, due cannoni su di un carro, i
tre cannoni della torre di S. Stefano, molte munizioni, tre ancore a mare e piccoli arnesi
di cui gli equipaggi si appropriarono, come trofei di guerra, tra cui un quadrante per la
punteria dei cannoni.
Il Valery nel 1837, nel suo viaggio in Sardegna ci
comunica che ad Alghero "ho trovato un bel mortaio preso nellisola della
Maddalena alla spedizione di cui faceva parte Napoleone e da lui stesso probabilmente
caricato. I pezzi dellartiglieria di questa spedizione furono abbandonati sulla
spiaggia malgrado la volontà e le urla del Bonaparte, perché le barche che dovevano
riportarli sulla nave erano appena sufficienti per i soldati. Il mortaio proviene da
Bonifacio ed è stato fuso a Bourges nel 1788: porta la corona di Francia e le iniziali di
Luigi XVI° ed è proveniente forse dalla stessa piazzaforte del primo"..
Anni dopo (nel 1850) il La Marmora ci precisa che
nel tempo che era comandante generale militare dellisola, avendo fatto nel 1850
lispezione di questa costa " vidi questo mortajo al suo posto, indicato dal
Valery, sopra il Bastione dAlghero, ma come dopo questepoca tutti i pezzi di
bronzo di fabbrica straniera furono rimessi a Torino per essere rinfusi, io volli impedire
la distruzione di questo mortajo storico, e feci molti passi per constatare
lidentità e lantichità del pezzo. Queste ricerche mi fecero conoscere che il
mortajo di cui parla il Valery e che presentemente si trova allArsenale di Torino
per essere fuso, non era fabbricato a Bourges, dove non vi era fonderia, ma a Strasburgo,
non nel 1788 ma il 10 giugno 1786 e che questo pezzo non fu portato dalla Maddalena, ma
dal Forte Vittorio dellisola di San Pietro, dove fu similmente abbandonato dai
francesi nel 1793. Ciò risulta dallinventario fatto in quellepoca dei
numerosi pezzi dartiglieria che i francesi lasciarono allora in potere dei sardi,
questo inventario si trova negli Archivi di Cagliari".
Il Pezza nel suo saggio del 1936 sulla Rivista
Marittima ci chiarisce che i vari tipi di cannoni erano indicati col peso della palla che
lanciavano in libbre. Così un cannone da 36 libbre era unarma che lanciava una
palla di 13 Kg. oppure di 18 Kg. a seconda che si trattasse di cannoni sardi(libbra 369
grammi) oppure di cannoni francesi(libbra 489 grammi). La gettata efficace dei cannoni era
in quel tempo, con carica ordinaria, intorno ai 200metri. I mortai erano invece indicati
con calibro in pollici alla bocca, perché lanciavano bombe e non palle piene. Il Pezza in
riferimento al mortaio abbandonato da Napoleone sullisola di S. Stefano ci dice che
fu fuso a Lione nel 1704 con le iniziali di Luigi XIV che era da 12 pollici cioè da 320mm
ed è attualmente conservato a Torino al museo nazionale di Artiglieria dandoci
addirittura la Bibliografia di riferimento: Gen. Montù Storia dellArtiglieria nel
volume secondo a pag. 1351. Come non dare credito a così tanta precisione?
Unindagine documentale a Torino potrà fugare le varie ipotesi riguardo al mortaio
recuperato a S.Stefano . Il La Marmora poi a riguardo dellarchipendolo ci informa
che "fui più fortunato relativamente alla ricerca daltri oggetti che si
rannodano allo stesso fatto.
Nella figura media qui si vede la riproduzione,
ridotta allottavo delloriginale di un quadrante graduato in legno destinato
alla mira dei mortaj, questo oggetto fu positivamente lasciato dal giovane Bonaparte
accanto ad un mortajo nella batteria di S. Stefano che ha dovuto abbandonare
frettolosamente suo malgrado. Con questo stromento in legno e metallo egli appuntò il
detto mortajo e per conseguenza è il primo stromento da guerra di cui questuomo
straordinario si servì nella sua strepitosa carriera militare. Per questo
riguardo esso è un oggetto molto prezioso ed unico".
Il La Marmora ci chiarisce che fu un maddalenino di
cognome Ornano "allora ufficiale di marina e originario di Corsica, a togliere
immediatamente lo stromento e ad appropriarsene. Questo signor Ornano comandava i battelli
che conducevano allisola di S. Stefano le truppe, che dovevano sbarcare in un lato
della stessa isoletta, nel momento che i gallo-corsi se ne andavano nellaltro,
lasciando 14 prigionieri che non ebbero più tempo dimbarcarsi. Il signor Ornano
diventato ufficiale generale conservò per tutto il tempo di sua vita questo trofeo, di
cui egli era stato il primo ad impossessarsi: alla sua morte lo legò al suo genero, il fu
Vice Ammiraglio Conte Albini, il quale depositò questo oggetto in una specie di Museo
della Marina Reale di Genova, detto Sala dei modelli ed è là che tuttora si
trova portando il numero 221, nel momento che io scrivo queste notizie (agosto
1859)".
La Marmora riguardo i cimeli Napoleonici confuta
molte tesi del Valery, con appunti e deduzioni corredate da documenti validi e inediti.
Lattuale sede dellimportante cimelio è Torino , ove nel Museo
dellArmeria Reale è qualificato come "Quadrante usato da Napoleone il
Grande". Il Prasca (1936) dice che "larchipendolo non si trova più in
casa Albini e nemmeno nella sala modelli del primo dipartimento marittimo, parmi del
Randaccio, io e molti altri con me lo abbiamo inutilmente cercato, ma è a Torino
nellarmeria reale. Ho nelle mie mani copia della corrispondenza scambiata tra la
fam. Albini e il Ministero della Mariana e la Real Casa relativamente alla consegna di
tale strumento alla Reale Armeria. LAmmiraglio Conte Giuseppe Albini, al quale lo
strumento era stato legato da suo suocero il Generale Ornano, lo aveva depositato nella
sala modelli della Regia marina sarda in Genova nel 1859. Gli eredi dellAmmiraglio
Albini consigliati, quanto pare, dallAmmiraglio Conte Francesco Serra, segretario
generale al Ministero della Marina di Torino, consentirono che fosse trasportato
nellarmeria di Torino, facendone omaggio a S.M. il Re" .
Le riproduzioni del disegno semplificato
dellarchipenzolo furono molte, infatti prima vi fu quella del La Marmora del 1860,
in scala 1:8 con un grado di attinenza alla realtà maggiore di tutti quelli che
seguirono. Una versione semplice, ma efficace, si ebbe in un saggio del 1896 nella Rivista
Marittima a firma del Prasca che scriverà anche una monografia sul Barone De Genejs. Su
quella del 1896 si sono basate molte altre riproduzioni usate nel tempo in saggi e libri
guida di argomento maddalenino, anche recenti, a volte senza neppure aver il buongusto di
ridisegnarlo ma ricalcandolo in maniera spudorata o più facilmente fotocopiandolo. Alcuni
autori hanno dedotto che Napoleone stesso fosse lautore inventore di questa macchina
bellica senza una riprova certa documentale di riscontro. Probabilmente fu elaborato alla
Scuola di artiglieria di La Fere e sperimentato forse per la prima volta a S. Stefano
contro i maddalenini. Sarebbe auspicabile che il quadrante originale o una sua copia
fedele possa tornare nel posto dove fu lasciato a memoria della sconfitta gallo-corsa,
sede migliore non potrebbe essere che la Torre del Belgrano a S. Stefano, quale Museo dei
fatti darme del 1793. Sulla questione delle palle da cannone gettate sulla cittadina
,espose o inesplose, recuperate dopo il bombardamento, la cronaca è ricca di indicazioni
e bisogna fare un giusto riordino di notizie. Non sappiamo quante veramente furono le
palle gettate dai gallo-corsi nei due giorni 22/23 febbraio 1793, ove vi fu scambio vivo
di fuoco fra le due parti, si conosce la storia forse un po romanzata della prima
palla che cadde sulla chiesa parrocchiale senza scoppiare in un avello in mezzo alla
chiesa e la leggenda popolare volle vederci l'intercessione della Santa patrona Maria
Maddalena, anche se si riscontrò che fosse vuota di polvere attribuendo ciò ad un
miracolo e non alla volontà di un tiro di prova o di aggiustamento con molta più
deduzione logica.
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Due bocche da fuoco:
un obice da 17 mm
ed un mortaio da 12
pollici (320 mm) |
indietro
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Il Manno ci dice che la palla " serbossi per anni nella Chiesa
stessa" .
Già il Valery e La Marmora credono che fu intenzione
del Bonaparte di non rovinare la chiesa e fa un resoconto delle prime bombe e fra le altre
nomina una che sfondò il tetto della casa di Domenico Millelire: la famiglia conserva
ancora (1860) un frammento del proiettile, unaltra cadde sulla piazza del molo e fu
raccolta inesplosa dal padre del sig. Nicola Susini (Francesco ?), al quale si devono
queste notizie dedotte da una lettera del 27 ottobre 1858, questultimo proiettile fu
collocato sulla piramide che fu eretta sul molo in occasione della visita del Re Carlo
Alberto nel 1843 a La Maddalena. Il Prasca nel 1896 da il resoconto delle bombe ripreso
dalla lettera del 1858 del Sindaco Susini. Giancarlo Tusceri, scrittore isolano, nel suo
libro "Per dio e per il re " del 1993 dà una più corposa visione riguardo la
potenza di fuoco scaraventata sullisola da Napoleone. Fa parlare in questa
"intervista impossibile" il Bonaparte in prima persona e confortato da documenti
e sue deduzioni logiche gli fa dire : "Ho scaraventato circa 500 bombe in pochi
giorni ed i miei ragazzi almeno 5000 palle infuocate". Dice il Tusceri che fonti
sarde riferiscono di 1050 palle di cannone.
Il Loddo Canepa , che dellepisodio del
bombardamento dà una ampia dissertazione conferma il numero di 1050, citando però il
Garelli (1907) che trova esagerata ed impossibile questa cifra per 48 ore di bombardamento
di un solo mortaio e la riduce a 150 .
Tusceri ci conferma che la prima bomba vuota sfondò il
tetto della chiesa che non era lattuale ma era più modesta, nel luogo dove fu poi
costruita lattuale. La bomba provocò un fuggi fuggi di gente che vi si era
rifugiata, essendo di domenica e credendo di essere al sicuro, era in corso la messa
grande del proparroco Giacomo Mossa. Nel resoconto delle bombe il Tusceri corregge con
dovizia di particolari quanto ci è stato tramandato dal La Marmora che lo apprese da quel
resoconto del Susini già citato. La seconda bomba, oltre allo spigolo di ponente della
facciata della chiesa, colpì al volto un volontario che accorreva armato alla difesa del
paese, il Tusceri ci fa sapere era un tal Simone Ornano il cui nome di guerra era "Lo
spasso".
Il Prasca (1896) dice che lOrnano ottenne la
pensione di invalido mercantile. La terza e la quarta bomba caddero sul tetto di una
abitazione attigua alla chiesa, la casa di Giuseppe Ferracciolo e non Fenicolo come
riporto erroneamente il La Marmora. La quinta scoppiò nel mezzo della piazza della chiesa
danneggiando le case vicine, la sesta palla infine entro dalla finestra di davanti della
chiesa ed esplose allinterno, lesplosione avvenne ai piedi della statua lignea
di S. Maria Maddalena senza provocare danni apprezzabili. Due altre bombe caddero su
abitazioni del paese rispettivamente a ponente e a tramontana della chiesa nella casa del
Michele Costantini e di Paolo Martinetti, un altra cadde sulla riva di levante di Cala
Gavetta sulla casa della famiglia Millelire e un'altra ancora sulla sabbia del molo senza
esplodere, tutto ciò sostiene Napoleone per bocca del Tusceri. Le case danneggiate furono
almeno ottanta.
Sempre il La Marmora ci rende noto che "il Valery
(1837) racconta che la bomba caduta nella Chiesa senza scoppiare, fu venduta nel 1832 per
32 scudi allinglese Craig (Craig-Sanderson) da un consigliere comunale di La
Maddalena che voleva comprare con detta somma un orologio per la facciata della
parrocchia. Fatto è che lorologio non fu acquistato e che la bomba (al contrario di
quanto afferma il Valery) dice il La Marmora è sempre (sino al 1860) nelle mani del sig.
Craig che è divenuto console generale dellInghilterra in Sardegna e che si dice
voglia farne omaggio allImperatore dei Francesi Napoleone III°, in ricordo del
battesimo di fuoco del 1793 del suo augusto zio Napoleone I°". Dal resoconto e dalla
ubicazione dei danni conseguiti allo scoppio di queste palle di cannone ci si rende conto
che realmente come ben vede il La Marmora , la chiesa era il principale punto preso di
mira dal giovane Bonaparte , lui dice per impaurire le donne che vi erano raccolte,
essendo una domenica, ma dimenticando che nei preparativi isolani nei confronti
dellattacco annunciato quasi tutta la popolazione civile era stata sfollata al
sicuro in Gallura.
In una nota al testo il La Marmora fa sapere che "
lorologio pubblico (presente in facciata) fu costruito con contribuzioni di
particolari e del comune, non col denaro ricavato dalla vendita della bomba
inesplosa". Con altra nota il La Marmora ci informa che " questa storica
bomba fu spedita dal Cav. Craig ora 5 anni orsono (1855) allImperatore dei Francesi,
ben condizionata in una cassetta che fu conservata in Marsiglia per mezzo del Capitano
Cav. Antonio Sitzia . Il sullodato Cav. Guglielmo Sanderson Craig era sommo apprezzatore
di monumenti, morì il 15 ottobre 1867 in Cagliari, uomo studioso ed intelligente, amato
da tutti per le sue virtù private e cittadine. Conosceva tutta la Sardegna in cui visse
dal 1818 studiandola nel suo aspetto mineralogico e commerciale, che poteva dirsi sua
seconda patria, fu membro della Società agraria ed economica di Cagliari alla quale
interveniva con assiduità, cooperando colle sue cognizioni allintroduzione di
diverse colture adatte alle nostre terre ".
Le note sul Craig sono interessanti e ancor di più ora
che in qualche modo si sta creando intorno a questo personaggio una particolare ricerca
documentale, sulla figura di questo console inglese ex commerciante con svariate
sfaccettature. Si sa che disegnava molto bene , si ricordano un disegno per la porta della
Parrocchiale isolana, uno stendardo di saluto alla riapertura della scuola elementare
maddalenina (1828), un acquerello con la veduta del porto di Cala Gavetta ora nel Castello
dei Villasanta-Millelire a Sanluri, ed un progetto per la sistemazione dellarea del
porto a Cagliari.
Antonio FRAU
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CO.RI.S.MA
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