Antologia Meridiana


Il mantra della meridiana

Come molti altri della sua generazione, Rosa Rossi ha visto e sentito parecchie cose nel corso di viaggi lontani allo scopo di concedersi il diritto d’immaginare meglio e di più. In seguito ha appreso l’arte di formare immagini talmente bene da percepire il calore aromatico di ogni cosa anche stando lunghi periodi ferma nella stessa città; ed oggi, a cinquantadue anni, al posto di seguire itinerari convenzionali, di transitare continuamente in non-luoghi come gli aeroporti e le stazioni ferroviarie, di viaggiare tanto per arrivare, va a piedi. Viaggia per viaggiare. Camminare nella natura è diventata la sua vera passione; e le piace andare da sola.

E dire che negli ultimi anni si era lasciata tentare dalla vita sedentaria, la Rosa: insegnante, nubile e senza figli. Aveva preso l’abitudine di trascorrere il tempo libero a leggere, sdraiata sul divano, o a guardare la tivvù. Finché un giorno le dissero che aveva la pressione alta, la minima soprattutto, e il suo medico le prescrisse moderazione nel cibo, pochi grassi, niente sale, molto moto. Così ha iniziato a camminare, anche se dapprincipio aveva la sensazione che si trattasse di un’inutile perdita di tempo. Le sembrava impossibile che in una placida passeggiata ci si potesse imbattere in qualcosa di veramente interessante. Si annoiava; ma poi ha cambiato idea. All’improvviso le è venuto un gran desiderio di campagna, un bisogno quasi fisiologico di respirare a pieni polmoni e d’intenerirsi davanti ai fiori di campo e di scoprirsi più sicura accanto agli alberi.  

L’altro ieri durante una delle sue passeggiate - che giorno dopo giorno si fanno sempre più lunghe - Rosa Rossi s’è fermata a prendere fiato al Ronco Bolzino. La giornata era splendida e la campagna le sorrideva: i meli col germoglio formavano un vero e proprio tetto di fiori su tutta l’aia e spargevano in continuazione una neve di piccoli petali bianchi e rosa su una moltitudine di polli che zampettava sull’erba folta. Nell’angolo più ombroso del cortile una gatta dal lungo pelo fulvo depositava la preda appena catturata e uccisa, un passero, davanti ai suoi tre micetti per poi mangiarla in loro presenza. Verso sud una coppia guardava con interesse l’orologio dipinto sulla facciata dell’antica villa padronale chiacchierando fitto. La meridiana era cotta dal sole; a malapena s’intuivano quelli che un tempo dovevano essere stati disegni dai colori sgargianti, ma l’iscrizione impressa sul quadrante si leggeva ancora abbastanza bene, e diceva: al sol misuro i passi, all’uom la vita. Poche parole seminate da un seminatore ignoto. Semi, che favoriti delle tiepide ore pomeridiane già stavano crescendo e germogliando dentro il cuore dell’uomo e della donna inchiodati al terreno col naso all’insù.

- Guarda bene; cosa vedi? –

- Vedo un’asta, dei numeri, le tracce di quello che dev’essere stato un festone dipinto. –

- E le parole? Le vedi, quelle? –

- Ah, si. Ci sono anche delle parole: al sol misuro i passi, all’uom la vita. –

- Le leggi come se non avessero alcuna importanza. –

- Perché, ne hanno una in particolare? –

- Certo. Perché credi che le abbiano messe lì, proprio in quel posto? Volevano che similmente al sole risplendessero per sempre di luce e s’irradiassero incessantemente in ogni direzione illuminando ogni cosa. Nonostante abbiano qualche secolo di vita e siano un po’ sbiadite, sono più che mai attuali. Parlano il linguaggio universale, che poi è quello dell’anima, il cui potere spontaneo è sconfinato. –

Rosa Rossi si guardò intorno lievemente spaesata. Per l’aria fresca di primavera corse un filo di vento; era già sera. Allora la prese la tristezza di dover tornare a casa, e per strada pensò e ripensò alla conversazione udita per caso. Proprio vero; l’autore delle parole impresse sulla meridiana voleva essere maestro, gettare un ponte tra la vibrante energia di una verità e l’eternità del tempo, desiderava rivelare qualcosa d’importante a qualcuno per far sì che altri potessero ricevere il dono, tesaurizzarlo e trasmetterlo, e l’ha fatto in quel modo.

Ieri dopopranzo Rosa Rossi c’è tornata al Ronco Bolzino. Il cielo e il verde erano allegri, forse anche troppo per i pensieri che aveva lei, che camminando lungo il sentiero sterrato non cessava di ripetere: al sol misuro i passi, all’uom la vita. Tutto sommato cominciava a piacerle quel suono; il suono che accompagna la luce ed ogni giorno appare a fianco del sole nella sua passeggiata quotidiana sulla Terra. Da quando conservava dentro di sé quelle parole, Rosa si sentiva come purificata. Più le ripeteva e più l’iscrizione che accompagna il cammino dello gnomone suonava al suo orecchio come un mantra, così i maestri indiani chiamano la parola che protegge per il solo fatto di essere ripetuta di generazione in generazione.

Un maestro spirituale Rosa in vita sua non l’aveva mai avuto, i buoni maestri sono rari al giorno d’oggi, ma le avventure della coscienza l’affascinavano, tanto ch’era stata anche in India, in un ashram a meditare, e adesso era lì davanti a quelle parole che sembravano parlare a lei soltanto. Certo ci sarebbe voluto del tempo perché il seme piantato nel suo cuore potesse infine germogliare crescere sbocciare e quindi produrre frutti. Ma lei non aveva fretta: avrebbe continuato lo stesso a pronunciare quel mantra, venti o trenta o quaranta volte ogni giorno per udirne il suono. Proprio così, pensava guardando sovrappensiero la gatta fulva del giorno prima che in un angolo del terreno faceva giocare i micetti con un topolino morto; e mentre camminava sul prato, le scarpe da ginnastica un poco affondando nell’erba, pensava e ripensava, e pensando si mise a muovere gli occhi sul muro dov’era dipinta la meridiana come se cercasse chissà che cosa, e insieme agli occhi muoveva un passo dopo l’altro pur non sapendo dove andare. Con quel suo camminare voleva convincersi ch’era arrivata a prendere confidenza e anche, in un certo senso, possesso di quella frase: al sol misuro i passi, all’uom la vita.

In quel mentre uscì dalla villa la padrona di casa, un donna non più giovane e un po’ pingue, asciugandosi le mani nel grembiule; era sua la meridiana, non le parole però. Si sentì: - Buon giorno, - la voce della donna che salutava. E dall’altra parte rispondere: - Salve. -

Subito dopo Rosa lasciò il cortile seguita da un canino che abbaiava; stavolta non le dispiaceva l’idea di rientrare e perciò s’incamminò verso casa, il posto dove la sera si torna dicendo: finalmente. Non appena dentro l’appartamento, sedette sul divano e stanca com’era cadde immediatamente addormentata. Nel sogno qualcuno andò da lei, le si mise accanto e parlò con voce piena d’amore: - Vedi il seme nel palmo della mia mano? Sono certo che tu sappia come piantarlo nel terreno. Quando le condizioni sono favorevoli il seme germoglia; in un certo periodo di tempo consuma una quantità d’acqua, calore, luce ed elementi nutritivi, quindi fiorisce e genera frutti. Ora dimmi, cosa succederebbe se gli fornissi tutta l’acqua, la luce e il calore in una volta sola? Questo è un seme potente e sano, perfettamente dotato di tutto ciò che gli serve per diventare un albero possente, ma un calore troppo intenso e una quantità eccessiva di nutrimento di sicuro lo distruggerebbero. –

Si svegliò bruscamente, e occorsero alcuni istanti perché si raccapezzasse. Poi le venne una gran voglia di muoversi e di cambiare corso ai suoi pensieri. Fece il corridoio avanti e indietro due o tre volte, e intanto diceva a se stessa: “Non c’è urgenza di arrivare; no, non devo avere fretta.” E dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua guardò fuori dalla finestra. Grande la luna sugli alberi e sui tetti splendeva. Un po’ più in là c’era un semaforo. Segnava giallo, rosso, verde. Accendi e spegni, accendi e spegni. Una luce nevrotica, quella del semaforo, affannosa, così diversa dalla luce della luna, calma e misteriosa.

Puntuale come sempre a quello che ormai è diventato il suo appuntamento pomeridiano Rosa è di nuovo lì, al Ronco Bolzino. Oggi le sembra che la meridiana sia contenta d’essere guardata. Ai suoi piedi la gatta fulva consegna ai micetti una lucertola viva e con uno speciale miagolio stimola i suoi allievi all’azione. Sembra pronta ad intervenire perché la caccia vada a buon fine, ma Rosa è sicura che non lo farà. Adesso tocca ai cuccioli agire, come a lei spetta continuare col mantra della meridiana perché chi l’ha scritto non c’è più. Ne è consapevole, e perciò pone la mente in condizione di concentrarsi in modo che il mantra fluisca con naturalezza; le sue labbra si muovono sicure sotto il cappello di feltro color ciliegia a grandi pois bianchi, e dicono: al sol misuro i passi, all’uom la vita. Le donne larghe di fianchi e grosse di cosce portano sempre curiosi cappellini; in genere sono più spiritose delle altre, quelle con la bella silhouette, che si prendono troppo sul serio. Ormai quel suono le è familiare e ogni giorno i suoi giri si fanno più lunghi per rincasare, sempre continuando a recitare il mantra della meridiana. Poi a una cert’ora si ferma e saluta il sole, prima che si ritiri del tutto: assume la posizione eretta con i piedi paralleli e il peso del corpo equamente distribuito, solleva la sommità del capo e spinge verso il basso le spalle lontano dalle orecchie, preme le mani una contro l’altra al centro del petto e il cuore si apre, il respiro si fa più profondo. Mentre l’ossigeno le invade i tessuti spazzando via le impurità la tensione la fatica e le preoccupazioni Rosa percepisce la perfetta immobilità del suo corpo, e ne gode la pace che sprigiona. Intanto il japa, la ripetizione mentale del mantra, continua; finché non fa fresco e la campagna va in ombra al momento del crepuscolo.    

Ma perché Rosa Rossi recita da giorni il mantra della meridiana? Che s’aspetti di vedere finalmente davanti a sé una realtà comprensibile, chiara, senza nebbie, in cui finalmente lei potrà muoversi con gesti precisi e sicuri? Nient’affatto. E’ che si sente leggera, incorporea, quasi a dimenticarsi d’esistere, quando pronuncia queste parole. Non deve andare da nessuna parte, o prendere posizione, né situarsi in rapporto a niente e nessuno; recita il suo mantra e chiuso. Non è molto, ma a lei che non cerca altro che una strada da percorrere piuttosto che  stare ferma ad aspettare, forse basta.


Rita Remagnino