Il tempo del lavoro
(viaggio
n° 6)
La
quasi primavera dell’ufficio
di
prima mattina muove le teste
dei
colleghi (sempre al presente intente)
quasi
oscillandomi rubo particole
e pensante
scarto meccanici arti
per
tutte le stagioni. Muscolare
è quest’aria
che ci girano dentro
uomini
tutti occhi e pelle e pance
che
parlano. Ostacolata e senza
convinzione
guardo la redazione
muoversi.
Pochi i contatti che bussano
agli
occhi in stupore e ripetutamente
e a
vanvera contatti e ninnoli
incerti
sopravvengono. Orecchiati
ovunque
si sperdono gli occhi che
non
possono fare del loro meglio.
A fine
novembre si pagano
le
tasse. Mai con le lussuose macchine
che
ci danno in prestito si potrà
staccarsi
da questi lavoranti a cottimo
per
un computer più potente, i resi
tornano
ordinati in containers.
Spazientita,
non avendo più
un
rapporto con la mia pazienza
(il
grafico giurava di non capire
niente
di computer usandoli
tutto
il giorno) mi misi a fare senza
convinzione
l’elenco degli articoli pervenuti.
I numeri
delle pagine non
ordinano
così bene gli spazi
che
si interpongono e tutti questi
oggetti
attorno al mio golfino di lana.
Rapidità
di tocco, dominava su tutto
un
colore in quadricromia. Nessuna
priorità
ed un agglomerarsi
di
persone che fanno soldi insieme
che
fanno versi di persone pensando
ad
avere un po’ di tempo libero.
Vorrei
difenderti tu che occupi
che
pesi, fino ad essere recuperata
cercando
un modo per esserne
divorata
(inseriscono all’interno).
Annalisa Manstretta
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