Editoriali

La storia del mondo

La storia del mondo, della sua evoluzione come habitat, è leggibile nel segno tangente delle lotte e delle conquiste che hanno disegnato una mappatura dei sentimenti, oltre che delle insane passioni. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo. La storia dell'umanità, cioè della procreazione sotto la spinta di quei sentimenti e di quelle passioni, è stata scritta forse soprattutto dalle madri; dalle madri degli antichi Profeti, fino alle madri autofecondate dei nostri giorni, passando attraverso il corpo di una infinità di varianti di madre; le mondine che si portavano dietro i figli come fagottini, le famose madri-coraggio dei tossicodipendenti, o le snaturate madri per procura, fino alle mamme dei desaparecidos che reclamano davanti alla Casa Rosada la restituzione dei loro figli, e che abbiamo scelto come simbolo.Ogni uomo, ogni donna che abbia avuto o non avuto una parte nelle lotte e durante le conquiste che hanno costruito la Storia, ha avuto ed ha una madre. La letteratura, ovviamente, come la poesia e tutta l'arte in generale, contano infiniti e stupendi esempi di dedizione alla madre, ovunque e in qualunque tempo. E non rivolti ad una madre ideale ma bensì alla propria, il che costituisce probabilmente un esempio unico; non c'è altro soggetto in arte che resti su un piano puramente "privato", intimo, come quello della madre, che non venga sottoposto ad un processo di universalizzazione da parte dell'artista e che però, inevitabilmente, si renda universale di per sé. Ciascuno ritraendo la propria madre, le ritrae tutte. Non starò a dilungarmi con un asettico elenco di nomi e di relative opere; mi piacerebbe però ricordare alcuni esempi che conosco e che mi hanno intenerito se non addirittura stupito, il più delle volte."Si sarebbe detto che abitassi già in un altro mondo o piuttosto, semplicemente, nel tuo, un mondo interiore che ti era familiare", scrive Georges Simenon in "Lettere a mia madre" (Adelphi), piccola cronaca e scrigno di ricordi, nitidi e luccicanti come gioielli, redatto dallo scrittore durante le visite nell'ospedale di Liegi dove la vecchia madre si andava spegnendo con incredibile serenità: "Perché sei venuto, Georges? più tardi queste parole, che continuavano a pesarmi sul cuore, e per cui mi arrovellavo, forse mi hanno spiegato qualcosa di te. In queste poche parole c'è forse la spiegazione di tutta la tua vita".E la dolcezza abbondante, generosa anche se solo loquace, con la quale Rilke si avvicinava, virtualmente, in punta di piedi alla venerata figurina, con le sue "Lettere di Natale" (Passigli Editori); il Poeta fissava con la tradizione della letterina l'appuntamento natalizio di due cuori palpitanti, resi malinconici dalla lontananza ma mai disperati; "Trascorri nella Tua pace una fervida festa, proprio come farò io nella mia, ciascuno nella sua stanza, ci siamo riservati la parte migliore, possiamo entrare dentro noi stessi e in fondo questo è quanto di più solenne si possa immaginare". Persino l'anarchico, il rivoluzionario pacifista, il cantore allucinato della beat generation Allen Ginsberg, si è rivolto alla madre con una lirica velata di nostalgia, e improntata ad un movimento sacro delle parole, quasi a elaborare una messa del perdono, con il suo Kaddish per Naomi Ginsberg:..."O tu dal viso Russo, donna sull'erba, i tuoi lunghi capelli neri sono incoronati di fiori, il mandolino è sulle tue ginocchia...resta qui sposata nell'estate con le margherite, con la felicità promessa lì accanto, madre santa...."Potremmo documentarci all'infinito sull'argomento, perché ogni giorno si aggiungono scritti inviati alla madre, liriche a lei dedicate, ed in ogni momento ci può capitare di leggere parole di fervore nate da un rapporto, avuto o mancato, con colei che ci dato la sola vita che mai avremo. Persino nel momento di salutare un amico, dopo una normale giornata di festa passata insieme, può accadere che salti fuori da un cassetto una fotografia, una vecchia piccola fotografia ingiallita, e con questa legati con un nastro invisibile i ricordi frantumati dalla lontananza del tempo, ma fermati in qualche riga a lei dedicata, appena poche parole scritte con pauroso amore, perché accostarsi a quell'essere misterioso, che non è più nostra madre ma non siamo ancora noi, significa accostarsi alla sacralità della vita, al suo intenso e inspiegabile svolgersi.

(Millosevich)