Interventi |
Cabaret d'autunno Il 29 gennaio 1999, presso la sala Pertini della Camera del Lavoro di Crema, è stato presentato il recital “ Cabaret d’autunno”. Nello spettacolo concorrono, integrandosi fra loro, elementi come il canto, la musica eseguita sia al pianoforte che alla fisarmonica e le voci recitanti di tre figure attorali. Il mese di gennaio può sembrare inadatto, ma il titolo non deve trarre in inganno. L’autunno in questione non é solo una stagione, ma anche una metafora della vita. Potrebbe infatti essere rappresentato in ogni momento dell’anno senza, per questo, risultare fuori luogo.Cosa sono i nostri autunni attuali se non un’unica annuale stagione che ci regala con insistenza un limbo nebuloso d’emozioni? Quando il buio si vela di bianco, la luce sembra ci sia davvero, la strada si vede appena... E’ la nebbia, la nebbia delle nostre terre, la tremula visione che, nel testo di Giovanni Pascoli, tutto uniforma in un onirico paesaggio di sconosciute presenze. La nebbia, che ci protegge dagli sguardi estranei ma, contemporaneamente , non ci dà la possibilità di distinguere bene ombre e suoni intorno a noi. E l’incertezza, il languore che pervade l’animo di Paul Verlaine, quando, piangendo, si paragona alla foglia sbalzata qua e là dal vento autunnale.Sono le gelide brine delle pianure che preannunciano i tombali rifugi di Charles Baudelaire, dove l’abbandono é anche il desiderio di un sonno che imponga una tregua al dolore. Guillam Apollinaire, nel testo proposto in lettura, é tra i primi poeti moderni a inaugurare un linguaggio irriverente verso i luoghi comuni e i modelli classici della poesia. Il suo é infatti un autunno malato, ma, nonostante tutto, amato; desiderandone dapprima la fine, sceglie di arrendersi davanti alla rapacità di questa stagione. A questo proposito una composizione, drammatica e struggente, del cantautore Leo Ferré (Col tempo sai) renderà onore alla metafora. (Ivan Ceruti) |