Poesie a strappo

Quando poesia accade

Lo sguardo accostato al foglio si accomuna alla prima lettera. Inizia ad aderire ad un inizio di percorso. Soffermare e trattenere fra le palpebre. Acuire un suono vocalico nella mente, oppure lasciare condurre una sillaba ad assuono. Vibrare una cesura frettolosa a fine verso. Distillare un silenzio pausato da respiro fra due parole tra loro attraenti. Nella piazza, queste ed altre sinergie oculari della lettura, accolgono la visibilità della poesia pubblica nel suo atto di fruizione. Testi appesi sospesi e quando la presenza umana s’assenta, letti dal vento. Il tempo di memoria lo creeranno i corpi in andirivieni, incarnando le voci dei poeti nelle personali caleidoscopie. I poeti tanti singoli frammenti compositi per libera coralità espressiva. Sul bordo alto del foglio, una linea staccabile di dentelli, per iniziare a cercare di trattenere, di prendere-fra-sè. Nella mano che la trova, si apre orizzontale, con la breve lacerazione dello strappo. Ciò che è stato visto e compreso è agito in sequenza, con un movimento di accadimento interiore: occhio, mano, anima. Il porticato fra chiesa e stato diventa luogo dell'impermanenza della poesia. Il confine immaginario ed illimite di una soglia mobile della coscienza, la cui presenza accanto alle parole di poesia, ha donato la possibilità di una erranza, di una ricreazione, di una apertura all'aperto del senso. Allora anche l’anonimo sente l’urgenza di un segno significante: lascia il suo scritto che si aggrega con l’atmosfera di chi si riconosce, di chi sorride, nella concentrazione/distrazione, fluidamente distribuitasi da pannello a pannello. Sono i giorni delle parole che dissetano la città arsa dai suoi egotismi municipali: fragilmente effimere, taglienti, ironiche, denuncianti, intime e comprese, penombre e solari, anche vuote e bianche, senza nome. Vengono ad indefinire con pensosa leggerezza le cifre dei profitti con l’energia vitale dell’essere. Si depongono risvegliate con la gratuita’ avverata per chi vuole leggere poesia viva di tutti e per tutti e riconoscere la infinita’ dei suoi mondi possibili nell’esperienza comunicativa.

(Alberto Mori)