da “Liberi di librarsi, parole e pensieri il libertà”
testi scritti da detenuti della
Casa Circondariale di Cremona

VEGLIA

Io che nella notte vivo da solo
strusciando un cerino sul muro,
accendo una candela bianca
nella mia mente
e intravedo una vela timida.
La penna che scricchiola
scrive e riscrive nel silenzio,
e a lungo,
il pianto che mi bagna la mente.

(Mario)

IN TEMPI DI GUERRA

L’ESODO mi porta in altri luoghi
cacciato via dalla terra
da tutti gli incapaci del mondo
che assassinano VITA e LIBERTA’
Porto con me un po’ di MARE
e qualche FIORE
affinché il GIARDINO DELL’ESSERE
possa continuare ad essere.
Al resto provvederanno le STELLE.

(Vito)

SENZA TITOLO

Una foresta ci precede
e si fa corpo nostro
e modifica corpi e innalza
la griglia
d’un tormento immenso
dove ci vediamo morire
con inestinguibili forze
morire rinvenire
al pensiero del riflusso compatto
come si scrive la frattura, il sole
sempre al centro e al limitare
dei grandi alberi trasparenti

(Jacques Dupin)

LASCIANDARE

Screpolata foglia
cambia posizione
una svista un’infine stacco
un corpo astratto
ospita l’inattesa
immobile e l’osservare
la mente nel pensiero
ferma la parola
una svista un’infine stacco
l’inchiostro
controlla l’emozione
chiudendo in sé
l’anima profumata
orfana del suo tempo
all’inatteso
lasciandare
mente-corpo

(Francesco)

LEGGERE POESIE

Chi da una poesia si aspetta la salvezza
dovrebbe piuttosto imparare a leggere poesie
Chi da una poesia non aspetta alcuna salvezza
dovrebbe piuttosto imparare a leggere poesie.

(Erich Fried)

Verklarte Nacht

Sediamo nudi a tavola. I tuoi occhi rischiarano la stanza.
Le tue fosforescenti mani di farfalla smuovono l’aria
quando mi parli, o dormono sulla nera tovaglia.
Le tocco ogni giorno. Le linee della vita conoscono il mio nome
Le vene trasparenti celano il corso del mio destino,
la fuga del nostro sangue che muta le bianche tue gote
in macchie di desiderio.
La porta del giardino si spalanca. La pioggia fa fremere le piante,
spruzza la sussultante finestra dove tu splendi,
luce in cui mi vedo, in cui forse dileguo.
Ammucchi i piatti, togli le briciole e versi altro vino.
Sento dalla cucina tintinnare le stoviglie azzurre e i coltelli, lontano.
Mi dolgono la gambe dal non poter venire fino a te.

(Leonard Nolens)

AVVENTATO

Me ne fotto. Le gambe sono dure
legnose prossime allo scoppio?
La schiena tira duole in lamine
d’acciaio? Me ne fotto stamane
più di ieri del crampo delle fitte
dell’umido della merda dell’urina
di questo porco mondo
stamattina
ho stirato le braccia stropicciato
la faccia gli occhi ho gridato
sono vivo ci sputo ci rido
su questa massa informe di notizie
sono vivo pazzo quel tanto che basta
avventato
su quello che capita a tiro.

(Renzo Modesti)

SENZA TITOLO

Guarda il telefono
mette una rosa nel bicchiere
si siede
considera i libri sullo scaffale
poi la macchia del soffitto
allunga meccanicamente la mano
accende la radio
canzonette
comunicati pubblicitari
cambia stazione
una voce legge
le notizie dell’assedio
di una città lontana
numeri indifferenti
bambini
donne
sospira
svuota i portacenere
torna a sedersi
spegne la radio
guarda il telefono

(Giulio Stocchi)

CAMBIAMENTO VISIVO

Tutta la vita avvicinavo a me le mie mete per colpa della miopia.
Oggi esprimerò la mia gratitudine indicibile
al sole che fece di oro il secolo senza il nostro aiuto.
La cicogna ingoia la rana stando in piedi: avremo l’estate corta
La sera, se il portiere del paradiso apre il mio libro
io allontano le lettere - allontano la fine.

(Nikolaj Kancev)