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Note intorno alla poetica del “nulla”

Il problema è: con chi o con cosa desidera dialogare chi fa uso della scrittura quando ciò che resta è un pensiero, depredato della sua ultima definizione. Ammesso che il poeta possegga la propria scrittura, dovrà comunque fare i conti con ciò che per lui è stato deciso da un dio o da un’ideologia. Trovano posto dentro di lui i fantasmi comuni anche all’uomo di scienza o allo scettico più incontentabile. Questi fantasmi, ricchi di potere suggestionante, attraverseranno con lui i deserti della mente e con lui designeranno i luoghi dove costruire i “ pieni “ della necessita’. Cosi’ come occorre dare sempre un giudizio, alla stessa stregua è necessario “ riempire “ un interrogativo con una o più risposte adeguate. La moneta corrente, nella vita di tutti i giorni, è la rassicurazione reciproca tra gli individui, riguardo al far bene il proprio dovere di “ non lasciare vuoti in giro “. Con questo non voglio dire che far ordine dia come risultato la soppressione del “ vuoto “, ma, certamente, permette a molti uomini di circoscrivere il vuoto rimanente e di tenerlo contemporaneamente sotto controllo. Affinché sussista il controllo del vuoto occorre agire in aggiunta, mentre sottrarre al preesistente diviene opera di sostituzione. L’autore depone elementi nuovi sullo sfondo grigio ma, nella maggior parte dei casi, non è cosciente della vera natura del suo atto. L’insieme del prodotto trattiene in sé il tempo di occupazione dello spazio visivo, escludendo “ l'altro pensiero “ che, nello stesso tempo, ha convissuto con l’autore, ma che nell’opera non è visibile. Questo “ pensiero altro “ è uno degli aspetti del “ nulla“ il quale alla fine definisce e giustifica una non-opera, divenuta preda di uno spazio e di un tempo qualsiasi. La scrittura, unica madre di tutte le arti, stilo della mente, che si fa non-testo, non-quadro, non-performance, non-musica, etc.., nella “ pienezza della sua assenza “, traduce ciò che emerge per escludere ogni appartenenza. Sollevando un velo si “ copre “ sempre qualcos’altro.
L’azione che è intenzione e non è fatto che accade. Ciò che noi chiamiamo verità non ha mai la sua casa nel luogo dell’oggetto trovato. Abito il mio desiderio, perciò amo ciò che non posseggo, ciò che in quest’ora non è. Possediamo solo l’ombra delle cose, solo il suono delle parole, non il discorso. “ Sollevando un velo si copre sempre qualcos’altro.“
C’è un gesto che il nostro corpo non farà mai volontariamente perché quel gesto solo lo specchio lo conosce. Quando il mio naso sfiora il pelo dell’acqua, solo allora io scompaio. Della linea fluida che percorre il suo destino si cura il poeta del nulla. Ogni accorgimento è parola d’acqua libera, nessun punto d’appoggio in un certo luogo, ma l'inizio di una fine. Non ti racconterò delle cose, ma dell’ombra di esse, non dell’uomo, ma del suo riflesso speculare. Se il mondo parlerà di questo allora sarò il cantore dell’alterità. Potrò seguire il popolo delle ombre, perché in esse la luce dovrà mostrarsi, riempire i vuoti lasciando che il nulla evada dalle forme.

(Ivan Ceruti)

Da oltre vent'anni Ivan Ceruti alterna la ricerca nel campo della poesia lineare alla realizzazione di nere tracce grafico-pittoriche, di ispirazione magica. La sua produzione poetica è edita esclusivamente in ciclostilato a partire dalla metà degli anni '70. Ha fondato e diretto il laboratorio di scrittura poetica e teatro da camera "Il Trovante", mettendo in scena proprie drammaturgie.