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Poetica della terra

Era all'inizio un frutto da assaporare per cogliere l'intima corrispondenza generante armonia e forma. Il nutrimento, sostenuto dalla bellezza, rende la terra madre dell'uomo e con la sua radice ne crea una dolce dipendenza che ormai il tempo ha scisso: abitiamo un mondo che ci separa dalla terra. L'andamento dei versi spesso ricerca questa restituzione primigenia. La petrosità della lingua raffigura sedimenti che hanno fatto scoprire la narrazione all’uomo. L'orma, con il suo segno ed indizio ha avviato un sentiero di conoscenza che l'Essere con la sua disseminazione ha inaugurato con parola aurorale, con la decifrazione della luce in quella radura dove il senso della nostra appartenenza diventa visibile, prima dell'oscurità indecidibile del bosco.
La mineralità delle faglie ha scritto gli incantesimi dei sottosuoli poetici: i quarzi di trasparenza solidale del tempo, la muschiosità dell'agata, le macchie di luce bianche della giada, i paesaggi lunari della malachite, l'ametista dalla sua magicità sinistra.Non è il valore tecnico che si mostra nelle pietre, quanto l'enigma che lega la materia alla bellezza che diventa un paesaggio vivente da nominare.
Il racconto della geologia porta con sé quell'alfabeto stratiforme che le ere hanno deposto con il succedersi dei diversi suoli che in un album inerte si sono fossilmente rappresentate.Ci sono pietre meditanti, quelle che incamminano i pierrot lunari della poesia di Jean Paul Laforge e che portano il pianto notturno verso una allegoria di malinconico abbandono.
Nel libro dantesco delle pietre la predilezione va forse verso lo zaffiro che è scelto per definire Maria: "Il bel zaffiro/ dal quale il cielo più chiaro s'inzaffira".Le ferite della terra, le rughe, i solchi, portano con sé le metafore del volto terrestre che in un movimento di spoliazione verso l'astrazione porta ad una assenza desertica dove l'elemento può dilagare su una superficie senza possederla. Altrove il tappeto di foglie morte ci spinge ad un transito nella natura che si è abbandonata alla dialogicità autunnale. Stormire e ricordare il distacco da rami che continuano ad insegnare la permanenza e la mutazione con le loro forme temporali.
Nel greto disseccato affinché le levigature petrose si offrano al sole cocente, il torrente dona il suo corso come corpo, con asperità che la scultura vivente della natura dispone in alfabeti sassosi. Esiste una toponomastica immaginaria dove i territori si avvicinano e si allontanano a seconda dei desideri umani che si disegnano in curve isoipse di livelli che rendono familiare la terrestrità all'uomo.
Con la fatica di morire sulla terra c’è la promessa della sua accoglienza. Un tumulo che la rende leggera al nostro sogno reso compiuto dalla finitezza e da un oltre che l'universo irradia. Tra il fiume e la roccia, Rilke cerca quella striscia di terra feconda dove gli Angeli si umanizzano e il divino si plachi in una forma dissetata.In un'ora incerta, quotidianamente l'orizzonte viene chiamato a dare un senso planetario alla terra e allora i cipressi stagliano di geometria amorosa l'incontro fra la radice e il vento che respira l'alba.

(Alberto Mori)