Testa
nelle nuvole e piedi ben piantati nella terra
E' in presenza del "corpo" della Terra che per la prima volta
l'uomo s'accorge di che pasta è fatto. Dapprincipio, quando il corpo nudo,
spoglio, gli viene incontro, lo incontra, trama ed ordito del consistere,
egli lascia che davanti ai suoi occhi l'essenza dell'umana animalità lentamente
si sveli e intanto si riempie orgoglioso della propria grandezza. Soltanto
in un secondo tempo, guardandosi attorno, capisce di non essere il solo
esemplare di sostanza fisica in circolazione, e si rende conto che lo
scopo dell'involucro carnale dentro il quale si trova non è quello di
conferirgli un segno di superiore distinzione, bensì, molto più semplicemente,
di metterlo in relazione con un altro "corpo" ben più potente
e poderoso del suo, quello della Terra, con il quale egli dovrà tenere
contatti mutui e reciproci fino alla morte. Un bello smacco per l'unico
fra gli esseri viventi che crede d'esser stato fatto ad immagine e somiglianza
di Dio. La constatazione risulta all’uomo talmente sgradita, ch'egli cerca
subito di riscattarsi tentando in tutti i modi di misurarsi e di mettersi
alla prova con ogni tipo di massa solida esistente. E tanto più la Terra
si dimostra tenace e resistente opponendo ostacoli al prodursi di ogni
cambiamento nella sua sostanza, tanto più egli desidera lavorare la materia
terrestre e s'industria a trasformarla con le proprie mani. Lavora sodo,
d'impegno, a volte fino a consumare quel
corpo che sulle prime gli era parso così resistente, tant'è che ben presto
nel suo immaginario la Terra vigorosa, solida, densa, pesante nelle forme,
rigida nei contenuti, finisce per assumere le sembianze di controparte
oggettiva e diretta della volontà, ovvero di quella speciale capacità
di volere, di scegliere e di realizzare, che lo distingue da tutti gli
altri animali, e che gli permette di rinnovare ogni giorno gli slanci
per intraprendere sempre nuovi e diversi lavori.
Tocca alle
mani, animate dal sogno e mosse dall'urgenza di dover addomesticare la
materia, portare a compimento l'atto di volontà. Un qualsiasi atto di
volontà. La scrittura non fa eccezione; anche in questo caso è fondamentale
la funzione dinamica esercitata dalla mano che con l'ausilio della penna
indaga la materia nella speranza di scoprirla in profondità. Chi scrive
sa che una mano in movimento non va mai bloccata con la scusa di fermarsi
a pensare, altrimenti il Supervisore Interno - sempre in agguato - potrebbe
cogliere al volo la possibilità d'interferire sull'oggetto del disquisire,
andando inevitabilmente ad intaccare l'autenticità della materia. Quindi,
meglio che il poeta lasci la mano libera di agire, se vuole che le dita
del sogno forgino il ricordo della materia e la massa pesante (inconsapevole)
venga lavorata con onestà.
Per esprimere
se stessa la scrittura ha bisogno della mano in movimento, del corpo,
tanto quanto delle idee. Troppo spesso nella nostra cultura la dimensione
dello spirito si contrappone a quella dell'operare. Si crede che lo spirito
conosce mentre il corpo e la volontà operano. Il risultato di tale erronea
convinzione, è un operare privo di spirito affiancato da uno spirito inoperante.
Brutto affare davvero. Chi procede in questo senso, senza neppure accorgersene,
crea una frattura fra l'agire quotidiano e le aspirazioni dello spirito,
provocando di conseguenza una serie di dolorose lacerazioni che vanno
a suo unico danno. L'essere umano che lavora con dedizione, invece, coniugando
le mani con la testa, a poco a poco diventa cosciente delle proprie potenzialità,
e nel contempo s'istruisce. Per il momento non sono in molti a farlo,
ma c’è la possibilità che questo piccolo popolo aumenti nel prossimo futuro
perché nell'uomo tecnologico il bisogno di approfondimento, di spiritualità,
è autentico e sta diventando sempre più reale. E' vero, qualcuno ancora
crede che per spiccare il salto di qualità sia sufficiente sedersi a contemplare,
o inginocchiarsi a pregare, dimenticando il corpo e la volontà che lo
spinge ad agire. Ma prima o poi anche costoro capiranno che bisogna ficcare
le mani in pasta e sporcarsele di materia viva se davvero si vuole astrarre
il pensiero per poi far bene nel concreto. Solo attraverso il lavoro materiale
eseguito con dedizione il carattere della persona si rinsalda con il temperamento
e colui che lavora si pone nella condizione di trovare sempre nuove soluzioni,
tangibili e concrete, per poter andare avanti. Un tale prezioso suggerimento
giunge all’uomo tecnologico proprio dalle immagini tenaci, resistenti,
pesanti, passive, dell'Elemento Terra. Montagne ed alberi sembrano messi
lì apposta per dire all’uomo che se vuole crescere deve imparare a pensare
globalmente per agire localmente. Loro praticano questo stile di vita
da sempre: testa nelle nuvole e piedi ben piantati nella terra. E pare
che funzioni. Ne consegue che l'essere umano che lavora con criterio,
colui che s'impegna a “fare qualcosa” e si dedica ad una vita industriosa,
in qualche modo restituisce se stesso alla Natura. Il confronto continuo
con la materia non può che ricordargli la propria finitezza, il suo esistere
come granello di polvere in viaggio per l'universo, L'essere materia a
propria volta. Grande è il tempo della Terra!, perché rende stabili le
emozioni e i sentimenti agitati dall'Acqua, smorza gli slanci provocati
dal Fuoco, riconduce alla semplicità del concreto le libere divagazioni
indotte dall'Aria. Operazioni che richiedono attenzione, cautela, pazienza,
capacità di sintesi, ma soprattutto la determinazione di volersi risintonizzare
sui ritmi naturali, quindi la volontà di riportare le illusioni della
mente all'essenzialità del linguaggio del corpo, alla sacralità della
materia. Solo alla fine di questo lungo percorso, l'uomo che lavora smette
una volta per tutte di filosofeggiare davanti all'Universo e diventa egli
stesso forza trasformatrice contro la sostanza intima delle cose.
(Rita Remagnino)
Benvenute
le terre del mondo universo,
ognuna
nel suo genere,
benvenute
le terre del pino e della quercia,
benvenute
le terre del limone e del fico,
benvenute
le terre dell'oro,
benvenute
le terre del grano e del mais,
benvenute
quelle dell'uva,
benvenute
le terre dello zucchero e del riso,
benvenute
le terre del cotone, benvenute
quelle
della patata e della batata,
benvenute
le montagne, i bassopiani,
i
deserti, le foreste, le praterie,
benvenuti
i ricchi margini dei fiumi,
gli
altopiani, le radure,
benvenuti
i pascoli immensi, benvenuto
il
suolo fecondo dei frutteti, del lino,
del
miele, della canapa, benvenute
quanto
le altre, le terre dalla superficie più' dura,
terre
ricche come le terre dell'oro o del grano,
come
le terre della frutta, terre di miniere,
terre
dei virili metalli scabri,
terre
del carbone, rame, piombo, stagno, zinco,
terre
del ferro - terre della materia della scure.
(Walt Whitman "Canto della Scure" in Foglie d'Erba)
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