La
poesia per grandi bambini
“T’amo
pio bue/anzi ne amo due!” Il poeta pittore Toti Scialoja, si é spesso
divertito a rielaborare e parodiare testi classici o note cantilene
popolari come questa trasformata in: “Ghiro ghiro tondo/mi
sbrigo e non son pronto...” Anche a me é capitato di svolgere
una simile operazione : “T’amo pio bove/mite muovi il mento/
il cuor confondi./T’amo di più bove/dei bassifondi/alla prova del nove...
Mi sono poi accorto che la poesia non era adatta ai bambini piccoli,
ma a quelli più grandi. E qui sorge un problema: il cosiddetto genere
“per bambini” viene adottato troppo spesso come etichetta editoriale
delimitata. Io stesso, autocensurandomi, ho adottato criteri soggettivi;
dicendo che la mia poesia era per “bambini grandi”, mi riferivo a “bambini
grandi o grandi bambini?” Il confine tra il mondo degli adulti quello
dell’infanzia non sempre è definito. I due mondi interagiscono: dai primi
giochi nascono le rime popolari, poi, man mano ci si avvicina all’espressività
poetica, ma lo spirito bambinesco talvolta riaffiora e si arriva a un
genere (per fortuna!) indeterminato, fino agli “attant’anni e oltre
”. Il nonsense, genere tipicamente inglese , propende chiaramente
per un’età illimitata. Il Jabberwocky (Jabber=farfugliare) di Lewis
Carrol, é una poesia composta da parole inventate , indicativa in questo
senso. Non per niente figura in un libro (Alice’s Adventures in
Wonderland) più adatto agli adulti che ai bambini. Senza andare
tanto lontano, le stesse filastrocche popolari sono spesso “senza
senso”, con parole inventate, ciò non toglie che questi “futili”
giochi di parole, apparentemente fini a se stessi, si possano trovare
nell’anticamera della poesia. I futuristi, i dadaisti, i surrealisti
giocavano con le parole, come i vari “novissimi” Porta, Balestrini,
Pagliarani e Guglielmi) trent’anni dopo. Ogni ciclo poetico ha il suo
periodo sperimentalista. La mia esperienza di poeta non si è posta limiti
non ha mai preteso di mantenere la coerenza, anche se in quest’ultima
“parola magica” si rifugiano molti critici, scambiandola per un abito
stilistico. Per lo stesso motivo, in ambito professionale, ho potuto “sfogarmi”
in libere espressioni, inserendo, a volte , tra le raccolte poetiche
pubblicate per l’infanzia, alcuni testi “a metà strada” tra i due generi
codificati (bambini adulti). Dei miei versi posso affermare di
“ non sapere dove vanno a finire ”, Majorino, infatti, dice che “vengono
da non si sa dove e pervengono a non si sa cosa” “Il mondo
d’un fiato”, presentazione) a conferma che non vi sono certezze
nell’avventura dello scrivere . Tornando alle filastrocche spesso notiamo
che sono “alla rovescia”: C’era una volta un ricco pover’uomo/Egli
cavalcava un nero caval bianco..” Così il Burchiello sviluppava
l’antico tema popolare che ritroviamo addirittura nella Genesi (Isaia
XI 6 sgg.): “ il lupo farà dimora con l’agnello/e il leopardo si accovaccerà
col capretto..” Negli scioglilingua il gioco di parole viene esasperato
dal notissimo Apelle figlio di Apollo/fece una palla di pelle di pollo
a Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti):“Un pollaio, di Gennaio/Nel
solaio di un notaio/un porcaio diventò..” Oltre a anticipare il
“nonsense all’italiana” (Scialoja) Guerrini giocava col doppio senso.
Nel considerare l’ampiezza dell’argomento non bisogna dimenticare i
canti popolari. I versi infantili “La me nòna l’é vecchierella/la
me fa ciau/la me fa ciau/la me fa caiu ciau ciau..” hanno ispirato
il famoso canto della resistenza “Bella ciao”. Un’eco di queste canzoni
é riscontrabile nel primo De André (La guerra di Piero e altre canzoni
“poetiche ”) ma molte di esse, ingiustamente dimenticate, sono imparentate
con la poesia (La pesca dell’anello, La Principessa di Carini, Donna lombarda).
Le nostre maltrattate tradizioni nascondono diversi tesori, non inferiori
a certe ballate d’oltre Manica dal respiro fiabesco poetico, come quelle
scozzesi: “Tam Lin”, “Thomas the rimer”. Il titolo di quest’ultima
definisce il “bardo” celtico: letteralmente rhimer significa “rimatore
”, in altre parole poeta, o qualcuno che gli assomiglia molto.
(Alberto
Mori)
Lunatico
falco
Il
gran capo
Lunatico Falco
in una imboscata
finì nel talco.
Tra bianche piume
e candide frecce
nere rimasero
soltanto le trecce .
Nel suo sogno
di pallido viso
bianca era l’ombra,
di luna il sorriso.
Nel ci lo stinto,
nel prato sfumato,
ecco una nuvola
bianca di fiato.
Se il bianco segnale
poi sparirà,
rimarrà un talco
di gran qualità.
La magica polvere
che tutti sentiam,
suoni, profumi,
di un dolce tam tam.
tratta
da:
“Tuttad’oro ed i bimbi”
A. Mari Legnano
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