CESARE PREVITI e il miracolo delle calende greche

di Marco Travaglio

(tratto dai «i quaderni di MicroMega» - No alle leggi "forza ladri" supplemento al n° 4/2001)


Basta con « l'insopportabile dilatazione dei tempi processuali». E' uno scandalo il «tempo esorbitante che occorre per arrivare ai processi e alle sentenze» .E ora di finirla con i «proscioglimenti per intervenuta prescrizione», che «somiglia tanto a un'immunità garantita: proprio quella che i Costituenti volevano scongiurare». No, non è Borrelli a parlare. E nemmeno D' Ambrosio, o la Boccassini, o Colombo, o Davigo, o Greco, o Ielo, sdegnati per le lungaggini dei processi sulle «toghe sporche». L'autore di queste vibranti filippiche è Cesare Previti, nella sua opera più preziosa e lungimirante: Un programma per la giustizia (edizioni Epr, Roma 1996). Lui stesso, a fine gennaio '98, appena scampato all'arresto grazie alla bontà d'animo dei colleghi deputati, ribadì il concetto: "Adesso voglio un processo in tempi rapidi". Un'esigenza così sentita da indurre il Polo a battersi allo spasimo (insieme al sempre disponibile Ulivo) per inserire nella Costituzione la riforma sul "giusto processo" (art. 111), con l'obbligo tassativo della "ragionevole durata". Ora, visto che i suoi tre processi a carico per corruzione di giudici, a 6 anni e mezzo dall'inizio delle indagini e a 4 dalle richieste di rinvio a giudizio, non sono ancora approdati neppure a una sentenza di primo grado, qualcuno potrebbe domandargli il perché di questa "insopportabile dilatazione dei tempi", ben oltre la "ragionevole durata" , che potrebbe - Dio non voglia - portare all'ennesimo "proscioglimento per intervenuta prescrizione" (dopo quello, davvero increscioso, del suo amico Berlusconi per il lodo Mondadori). Ma sarebbe fatica sprecata. Da quando indossa le scomode vesti di avvocato-deputato-imputato, il coriaceo rottweiler berlusconiano è molto impegnato. Non trova nemmeno un minuto per rispondere ai giudici, figurarsi ai curiosi. Tutta colpa dei suoi avvocati, che dal 1996 lo costringono a una maratona giudiziaria mozzafiato. E del suo partito, che da un paio d'anni lo precetta alla Camera senza soluzione di continuità, notte e giorno, dal lunedì al venerdì, anche per la sedute marginali. Sia che si voti, sia che si discuta, sia che si sonnecchi, lui è sempre lì, inchiodato al suo scranno. Gli altri fanno un salto alla buvette? Lui niente, sempre lì, lo sguardo fisso e vigile a far la guardia al bidone, come il palo della banda dell'Ortica. Una vitaccia da stakanovista, che mette a dura prova la tempra del vecchio leone e la sua proverbiale salute di ferro. Dai e dai, e alla fine il pover'uomo, che il 21 ottobre ha compiuto 67 anni, ti cede di schianto. E accaduto proprio ai primi d'ottobre, alla riapertura dei processi, quando ha dovuto ricorrere al chirurgo per raddrizzare un'anca sbilenca. Poi la convalescenza, che lo terrà lontano per almeno sei settimane dalle aule parlamentari (e processuali). Pazienza: la salute innanzitutto. Un po' di meritato riposo, dopo sei anni di autentico martirio. Aggravato da una serie impressionante di incidenti di percorso.

1995

Tutto comincia a metà luglio, quando Stefania Ariosto, chiamata dalla procura di Milano a testimoniare nell'indagine sui libretti al portatore di Silvio Berlusconi, inizia a raccontare che c'è ben altro: ad esempio, le bustarelle piene di soldi che lei ha visto consegnare almeno due volte da Previti al giudice Renato Squillante. I verbali vengono secretati. Gli italiani ne sapranno qualcosa solo il 15 marzo '96, quando - dopo la casuale scoperta di una microspia al bar Tombini di Roma - scatteranno gli arresti per il "partito dei giudici" berlusconian-previtiano. Qualcuno però viene informato molto prima. Il 23 dicembre '95, la Ariosto riceve un grazioso pacco dono natalizio: dentro c'è un coniglio sgozzato e scuoiato, ancora fresco di mannaia, al sangue. "Buon Natale, Stefania", recita il bigliettino d'auguri.

1996

Dopo gli arresti di Squillante, Pacifico e Acampora, vengono indagati per corruzione in atti giudiziari Berlusconi, che si accinge a ricandidarsi alle elezioni politiche del 18 aprile, e naturalmente Previti, pure lui in procinto di tornare in parlamento, non più al Senato ma alla Camera (la sua campagna elettorale è imperniata su uno slogan rassicurante: "Non faremo prigionieri" ). E si viene a sapere chi ha parlato: la "teste Omega", Stefania Ariosto, che il Polo delle Libertà e i suoi manganelli catodici si affrettano a massacrare per mesi. "Cortigiana", "pazza" "bugiarda" "puttana" "mitomane", "traditrice", "spia", "cavallo di troia", "serial killer". Segue, a ruota, il linciaggio contro i magistrati che hanno osato raccogliere le sue dichiarazioni: "falsari", "complottatori" , "golpisti" , " strumenti del partito comunista". Purtroppo, però, le indagini forniscono una gran quantità di riscontri al racconto della Ariosto e di smentite a quello di Previti e dei suoi cari. Poi ci sono le famigerate rogatorie, contro le quali il mastino berlusconiano ricorre disperatamente in tutti i gradi di giudizio elvetici. Ma, alla fine, le carte bancarie arrivano. E rivelano un sacco di cose interessanti: da quella strana "parcella" in Svizzera da 21 miliardi all'indomani della sentenza Imi-Sir (ma lui si difende in parlamento dicendo che è solo un'evasione fiscale, rassicurando i colleghi deputati) a quel curioso passaggio di 434 mila dollari (vd. articolo di Paolo Biondani) da un conto Fininvest a un conto Previti e da un conto Previti a un conto Squillante, il 6 marzo 1991. L'Espresso pubblica a puntate l'album delle fotografie dell'Ariosto, che immortala l'allegra brigata di giudici e avvocati romani in giro per il mondo. Cura i servizi la vicedirettrice Chiara Beria di Argentine, che però il 23 maggio è vittima di uno spiacevole incidente: un misterioso incendio doloso le polverizza la villa sulla collina di Camaiore. Proprio quel giorno l'Espresso è uscito con una copertina dal titolo "Forza Ilda" e una grande foto del pm Ilda Boccassini, il motore dell'inchiesta "toghe sporche". Il leghista Mario Borghezio parla di "un attentato di stampo mafioso" e chiede al governo di "spiegare se sia da ricollegarsi con la recente inchiesta dell'Espresso sui loschi affari legati a un pool di magistrati, avvocati romani e noti esponenti politici e imprenditoriali". Il terzo bersaglio è la Boccassini. Previti e la sua difesa l' accusano di aver falsificato le prove a proposito di un'importante intercettazione: quella che immortalò il colloquio fra Squillante e alcuni amici magistrati e avvocati in un altro bar romano, il "Mandara". La microspia si guastò sul più bello, ma l'ufficiale di polizia giudiziaria appostato nel bar ebbe la prontezza di trascrivere il resto della conversazione su un tovagliolo di carta. La cosa, ovviamente, è perfettamente legittima: se un poliziotto ascolta due killer progettare un omicidio, e ne trascrive il colloquio per farne rapporto al giudice, riceve un encomio. Se invece lo fa con gli amici di Previti, è uno scandalo nazionale. La Boccassini viene martirizzata per aver "spacciato una semplice trascrizione (sic) per un'intercettazione", ingannando così l'ignaro gip Alessandro Rossato, altro bersaglio degli strali berlusconian-previtiani solo perché il sorteggio gli ha assegnato quel processo. Rossato passa pure lui per "toga rossa", anche se aderisce a Unità per la Costituzione, la corrente più lontana da Magistratura democratica e più amata dai forzisti. Nulla di men che corretto verrà accertato a carico di Boccassini e Rossato. Il 24 maggio '96, a porte chiuse, la Ariosto viene contro interrogata dai difensori degli indagati in un incidente probatorio a porte chiuse davanti al gip. Ma dopo un po' viene portata fuori dall'aula a braccia, semisvenuta, in seguito all'incredibile aggressione verbale del difensore di Previti, che in quel momento è Ignazio La Russa, deputato di An e - quando si dice la combinazione - presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera.

Panorama, diretto da Giuliano Ferrara, regala ai suoi lettori in 500 mila copie la videocassetta "Verità & bugie", con alcuni spezzoni dell'interrogatorio, abilmente montati dalla regia: l'interrogatorio è un atto segreto, e infatti il tribunale intima di non pubblicarlo, ma si sa come sono fatti i nostri garantisti. Il 1996 si conclude con un tragicomico allarme istituzionale per il Watergate all'amatriciana della macro-microspia rinvenuta da Berlusconi dietro il termosifone di casa sua. Il Cavaliere, nella fretta, dimentica di avvertire i carabinieri, ma non le telecamere e l'«amico Massimo». Cioè D'Alema, prossimo presidente della Bicamerale per la riforma della Costituzione. Berlusconi, eletto vicepresidente, viene elevato nientemeno che al rango di padre ricostituente. Marco Boato diventa addirittura relatore per la riforma della giustizia.

1997

Le sue otto bozze sfornate in otto mesi dall'apposito Boato prevedono una giustizia sempre più condizionabile dalla politica. E suscitano pesanti critiche dai magistrati e applausi a scena aperta da Licio Gelli e Cesare Previti, che chiedono il copyright (il primo per il "Piano di rinascita democratica", il secondo per l'indimenticabile " Un programma per la giustizia"). Intanto, fra una bozza e l'altra, l'inchiesta sulle "toghe sporche" volge al termine. Bisogna inventarsi qualcos'altro contro la Boccassini. Ci pensa la sua ex collega Tiziana Parenti, che in maggio la denuncia per aver assoldato - si suppone di tasca propria - un pentito allo scopo di incastrare lei, la Parenti, in un traffico di droga (si scoprirà poi che non era vero niente, anzi la Parenti verrà incriminata per favoreggiamento nei confronti di un ufficiale del Ros che, ricercato per storie di droga, alloggiava a casa sua). A settembre, mentre i padri costituenti concludono la loro fatica (le bozze di riforma vengono approvate e trasmesse al parlamento il 31 ottobre), la procura di Milano scopre che Previti continua a inquinare le prove, e chiede alla Camera l'autorizzazione per arrestarlo. Montecitorio respinge il plico al mittente: la richiesta deve venire dal gip. Si perdono due mesi: il pool chiede al giudice Rossato l'arresto di Previti, Rossato lo dispone e il 12 dicembre inoltra il mandato di cattura al parlamento: 153 pagine agghiaccianti, in cui lo scandalo "toghe sporche" viene definito "un episodio di corruzione di inaudita gravità", mai visto "nella storia italiana e neppure in quella di altri Stati". Ma per i politici l'unico scandalo è la richiesta di arresto. Boato sospetta che sia fatta apposta per "interferire nei lavori della Bicamerale". La Camera se la prende comoda e rinvia il voto a dopo le festività natalizie (salvo poi stabilire che è passato troppo tempo, e ormai Previti, se voleva inquinare le prove, l'ha già fatto) Il 17 dicembre il pool deposita la prima richiesta di rinvio a giudizio per Berlusconi, Previti e Squillante (fascicolo Sme-Ariosto ). "Vogliono condizionare il voto della Camera", tuona Berlusconi, "e rovinarmi il Santo Natale. In realtà è la legge a dettare il calendario: il termine ultimo per indagare scadeva proprio quel giorno.

1998

L'anno si apre, il 21 gennaio, con il salvataggio di Previti dalle manette a Montecitorio. Il Polo è una falange macedone, ma non ha la maggioranza. Corrono al salvamento la Lega Nord e un bel pezzo di Ulivo (Sdi, Ri, Marco Boato e mezzo Ppi). "Le prove", dicono i salvatori, "sono così evidenti che Previti non può più inquinarle". Peccato che 1'11 gennaio l'Avanti! sia uscito con un dossier che dimostrerebbe che la Ariosto è da dieci anni un'agente dei servizi segreti. Le prove sarebbero in alcuni presunti rapporti della criminalpol e della procura di Roma. Peccato che siano falsi. Per averli fabbricati, viene indagato e rinviato a giudizio un ex spione della marina, Angelo Demarcus, non nuovo a simili imprese. E quando gli inquirenti gli perquisiscono la casa, trovano l'originale del dossier, con dentro l'indirizzo di Previti. Demarcus rivela che l'ex ministro gli aveva fornito una parte dei documenti falsi. Previti conferma, ma sostiene di averli ricevuti per posta, in forma anonima. E nega di aver mai incaricato Demarcus di farne un dossier. Forse era un regalo di Natale. Nel 2001 la procura di Roma chiederà e otterrà l'archiviazione per Previti: indizi a suo carico ce ne sono, ma non bastano a sostenere un processo. L'unico dato certo è che la Ariosto è stata calunniata.

Tutto è pronto, frattanto, per le prime due udienze preliminari del caso "toghe sporche": processo Imi-Sir (presunte tangenti per far condannare l'Imi a pagare mille miliardi di lire alla Sir di Nino Rovelli) e processo Sme-Ariosto (che comprende le accuse della Ariosto sui giudici romani "a libro paga" di Previti per conto di Berlusconi, e le presunte tangenti pagate ai giudici per annullare, su richiesta della cordata Berlusconi-Barilla-Ferrero, la cessione della finanziaria alimentare Sme dall'Iri a Carlo De Benedetti). La terza - per le presunte mazzette in cambio della sentenza che sfilava la Mondadori a De Benedetti consegnandola a Berlusconi è in fase più arretrata. Previti chiede "un processo rapido" . Ma si dimentica di avvertire i suoi avvocati. 29 giugno. Si apre l'udienza preliminare Imi-Sir davanti al gup Rossato.

8 luglio. La difesa Previti chiede tempo fino al 2006 per leggere tutti gli atti. Il tribunale respinge la proposta indecente. Allora la difesa scopre un vizio di forma nella notifica della richiesta di rinvio a giudizio alle parti: si ricomincia da capo, perdendo 4 mesi. Intanto Berlusconi ha collezionato, nel giro di pochi mesi, le sue prime tre condanne: 1 anno e 4 mesi per Medusa Cinema (falso in bilancio) , 2 anni e 9 mesi per le tangenti alla guardia di finanza ( corruzione) , 2 anni e 4 mesi per i 21 miliardi di All Iberian a Bettino Craxi (finanziamento illecito). Il Polo propone l'abolizione del carcere per chiunque abbia compiuto 60 anni (guardacaso: nel '98 Berlusconi compie 62 anni, Previti e Craxi 64, Squillante 71). L'idea non passa, ma poi la legge Simeone-Saraceni salva dalla galera almeno gli ultrasessantenni con "inabilità anche parziale" (la prostata di Berlusconi e il diabete di Craxi dovrebbero bastare, e ancora non si sa nulla dell' anca di Previti).

5 novembre. Parte finalmente l'udienza preliminare Imi-Sir. Previti si presenta in aula, ma solo al mattino. Nel pomeriggio deve correre a Montecitorio ed eccepisce l'impedimento parlamentare, il primo di una lunga serie. I pm acconsentono, il gup accetta. Udienza rinviata.

1999

15 febbraio. Dopo due udienze occupate da schermaglie procedurali, Previti chiede la sostituzione dei pm: Colombo e Boccassini non gli garbano. Li accusa di avere truccato le carte a proposito della cimice al bar Mandara. Ma in Italia non è (ancora) consentito all'imputato scegliersi il pm. Infatti la procura generale respinge. Ma ecco subito una nuova campagna di stampa contro la Boccassini. Se ne incarica un quotidiano al di sopra di ogni sospetto: il Giornale di Vittorio Feltri e Paolo Berlusconi. Questa volta la terribile Ilda avrebbe brutalizzato una povera donna somala, strappandole dalle braccia un marito e due bambini. "Il Dna salva una somala dalla Boccassini", "La guerra santa del Pm contro una mamma somala e il suo bimbo", "Quella procura che rapisce i bambini" sono i titoli più sobri della campagna del quotidiano berlusconiano, durata sei mesi. Al Cavaliere non par vero di poter tuonare contro "i metodi barbari di certi magistrati inquirenti", mentre 40 deputati di Forza Italia chiedono la testa della magistrata dai capelli rossi. Anche stavolta, non c'è nulla di vero: anzi, la povera donna somala, di nome Sharifa, sospettata dalla polizia di essere al centro di un traffico di bambini, s'è messa nei guai da sola, s'è inventata un figlio e un marito che non ha, raccontando un sacco di altre frottole e portando un bel po' di prove false. E, alla fine, è uscita assolta dal processo proprio grazie alle indagini della Boccassini, che ha continuato a cercare prove in suo favore, sebbene tutto sembrasse congiurare contro di lei. Ma al Giornale non importa: la Boccassini è un'aguzzina, torturatrice di madri e ladra di bambini. Tutto il Polo, come un sol uomo, chiede l'intervento urgente del Csm. Così impara, la donnaccia, a occuparsi di toghe sporche.

5 marzo. Sciopero degli avvocati: quelli di Previti aderiscono, processi rinviati. Intanto in parlamento fervono i lavori per approvare il "pacchetto Carotti" sul giudice unico. Un emendamento dei forzisti Gaetano Pecorella (avvocato difensore di Berlusconi) e Donato Bruno (avvocato socio di studio di Previti) prevede di "diminuire sempre la pena quando l'imputato è incensurato o ha superato i 65 anni di età": guardacaso, proprio l' età di Previti e Berlusconi. La norma, se passasse, accorcerebbe i termini di prescrizione del processo "toghe sporche" e, in caso di condanna, assicurerebbe agli imputati pene inferiori ai 3 anni (cioè li sottrarrebbe al carcere). Viene respinta a fatica, visto che mezzo Ppi non vede l' ora di approvarla. Passa invece dalla Camera, nell'indifferenza generale, una nuova versione dell'articolo 431 del Codice di procedura (voluto da Giovanni Falcone nel '92 e approvato soltanto dopo la sua morte): verranno espulsi dal fascicolo del dibattimento "i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio e quelli assunti all'estero in sede di rogatoria". Carte bancarie e testimonianze raccolte all'estero diventerebbero carta straccia. La riforma non avrà altrettanta fortuna al Senato, ma verrà prontamente riesumata dalla Casa delle Libertà nell'autunno 2001.

23 marzo. Inizia l'udienza preliminare di Sme-Ariosto. Berlusconi fa sapere che non interverrà mai e si fa dichiarare contumace (si può procedere in sua assenza). Tanto c'è già Previti, che chiede di presenziare a ogni udienza: se non c'è lui, non si fa un passo. E quel giorno lui non c'è: è a Montecitorio per un imprescindibile dibattito sulla fecondazione assistita, il riordino delle carriere dei prefetti e dei diplomatici, e la crisi nel Kosovo.

23 aprile. Previti diserta anche l'Imi-Sir: alla Camera c'è il decreto sulle quote latte, da non perdere. 17 maggio. Udienza Sme-Ariosto: Previti c'è, e ritira fuori dal cilindro la vecchia carta del bar Mandara. Stavolta per liberarsi del gup Rossato. Il tribunale respinge l'istanza, come pure quella del giudice imputato Filippo Verde, che vorrebbe traslocare il processo Imi-Sir a Perugia. 24 maggio. Previti è impegnato alla Camera per riferire sulla depenalizzazione di reati minori: assegni a vuoto, sfida a duello e altre nefandezze. Per la verità parla 10 minuti appena, mentre la posizione di Forza Italia viene illustrata dall'onorevole Raffaele Marotta con un discorso di 26 minuti. Ma repetita juvant. 2 giugno. Il ministro della Giustizia Oliviero Diliberto, nel decreto con le norme d'accompagnamento al giudice unico, infila anche l'incompatibilità fra gip e gup. Il giudice che ha seguito un'indagine dall'inizio non può celebrare l'udienza preliminare: deve cedere il caso a un collega che, non avendo mai letto una carta del fascicolo, deve ricominciare tutto da capo. Ma il governo intende almeno salvare i processi in corso, con una norma transitoria che li fa proseguire come sono iniziati, e fa scattare l'incompatibilità per quelli nuovi dal 2 gennaio 1999. Peccato, perché nei tre processi sulle "toghe sporche" , gli imputati le stanno provando tutte per sbarazzarsi del gup Rossato. La norma transitoria Diliberto è destinata a frustrare quest' aspettativa. Ma Guido Calvi, capo-delegazione Ds in commissione Giustizia del Senato, ha un'illuminazione: rendere operativa l'incompatibilità fin da subito, anche per i processi in corso. Così Rossato dovrà fare immediatamente le valigie e le due udienze già avviate dovranno ripartire da zero, davanti a un gup che non ha mai letto un rigo delle 182.117 pagine di atti. Previti & C. lo chiedono da tempo, ma invano; ora la loro richiesta diventa legge, e per iniziativa dei Ds. Il Polo, incredulo, stappa lo champagne. Il centro-sinistra si spacca, ma pare che l'idea di Calvi non sia un colpo di sole: Calvi è un avvocato di grido, vicinissimo a Massimo D'Alema, di cui è pure il difensore di fiducia. Infatti si parla di un diktat di D'Alema.

15 giugno. Previti, viste le rosee prospettive, è ormai incollato allo scranno parlamentare. Stavolta deve illustrare un'interpellanza sullo scioglimento dei consigli comunali per mafia. Potrebbe pure farne a meno, visto che l'interpellanza ha come primo firmatario Elio Vito, cui non manca certo la favella. Invece parla Previti. E l'udienza salta. 16 giugno. I suoi difensori Vincenzo Saponara e Angelo Sammarco chiedono un altro rinvio: si vota sulla missione in Albania. 17 e 18 giugno. Previti ancora assente giustificato: deve concionare sugli "interventi urgenti in materia di protezione civile". Rinvio. 19 giugno. Previti ci sarebbe anche, ma purtroppo manca Squillante: ricoverato d'urgenza per difficoltà respiratorie, ne avrà per 5 giorni. Rinvio. 25 giugno. Previti ci sarebbe anche, ma stavolta è assente Pacifico, sotto interrogatorio a Perugia per un altro processo. Rinvio. 26 giugno. Squillante e Pacifico ci sarebbero anche, ma stavolta non c'è Previti: è sotto interrogatorio a Roma. Rinvio. 28 giugno. Il capogruppo forzista Beppe Pisanu comunica che Previti è precettato per i giorni 28, 29, 30 giugno e 1° luglio. Il maratoneta dell' aula dovrà arringare i colleghi sulla nascente Corte penale internazionale (tema già trattato peraltro dal forzista Gualberto Niccolini, ma melius abundare) e sul voto agl'italiani all'estero. Intanto dopo un anno l'udienza è ancora ferma alla costituzione delle parti. Ottime speranze di tirare in lungo oltre fine anno. 29 giugno. Previti attacca Rossato: "In vista dell'incompatibilità gip-gup ha cominciato a correre contro il tempo, convocando udienze praticamente tutti i giorni, anche di sabato. E si parla addirittura di fissarne qualcuna di domenica". All'obiezione che lui, dal lunedì al venerdì, se ne sta asserragliato a Montecitorio, si supera: "Ho seguito le udienze con assoluta regolarità (sic), credo di aver fatto valere l'impegno parlamentare non più di un paio di volte". In realtà ha marinato una decina di udienze su 25. 30 giugno. Rossato chiede al presidente della Camera Luciano Violante di giustificare i suoi impegni parlamentari. Violante, puntuale, giustifica. E il Polo insorge compatto contro il giudice malfidato. Berlusconi, per consolare l'amico Cesare, lo reintegra nel Comitato di presidenza di F orza Italia, da cui era uscito dopo le note vicende. 1° luglio. Berlusconi tuona contro il "voltafaccia della sinistra" sul gip-gup. Qualcuno, colto dai giornali con le mani nella marmellata, non rispetta i patti. Alla fine si arriva a un compromesso: incompatibilità anche nei processi in corso, ma solo dal 1° gennaio 2000. Rossato deve fare in fretta, se non chiude le udienze entro Capodanno, si ricomincia da capo davanti a un altro gup. E la fretta, come vedremo, sarà per lui cattiva consigliera. 7 luglio: Nuovo sciopero degli avvocati: processi rinviati a dopo le ferie. 12 luglio. Inizia l'udienza preliminare per il lodo Mondadori, ma Berlusconi e Previti rifiutano di presentarsi. Grazie alla legge Diliberto-Calvi, il gup non è più Rossato, che aveva seguito le indagini fin dall'inizio ma non riuscirebbe mai a finire entro fine anno. Il nuovo giudice si chiama Rosario Lupo (il quale, nel 2000, assolverà tutti, e nel 2001 si vedrà ribaltare la sentenza dalla Corte d'appello, troppo tardi però per evitare la prescrizione per Berlusconi ).

Settembre. Quello che si affaccia (anzi, non si affaccia) alla riapertura dei tribunali è un Previti trasformato. Da fantasma dell'aula parlamentare a impenitente stakanovista, da recordman dell'assenteismo a presenzialista da guinness, come racconterà Claudio Rinaldi in un memorabile articolo su Repubblica. Il risveglio dal letargo, accompagnato da un attacco di irrefrenabile logorrea, coincide con l'approvazione della legge gip-gup. Dal 18 giugno '96 (inizio della legislatura) al 29 luglio 1999, Previti partecipa ad appena 5.126 votazioni elettroniche su 21.495, con un tasso di assenteismo del 76.16 per cento. E, anche quando partecipa, non si ammazza di lavoro: cofirma 8 proposte di legge, presenta 27 interrogazioni, e per due anni (1996-1997) non prende mai la parola, mentre nel '98 lo fa 2 sole volte (il 20 gennaio per chiedere ai colleghi di salvarlo dall'arresto e il 23 ottobre per spiegare il suo no al governo D' Alema).

Dall'estate '99, invece, lo Stachanov di via Cicerone si scatena. E come tarantolato. Curiosamente, però, la prorompente foga oratoria lo coglie soltanto il lunedì e il venerdì. F orse perché dal martedì al giovedì, alla camera, si vota ed è facile invocare l'impedimento parlamentare per disertare i processi. Resterebbero i weekend, ma senza uscieri, segretari e cancellieri i tribunali non possono funzionare. E, anche quando ci provano, bisogna santificare le feste (vedi al 19 ottobre '99) .

14 settembre. Dopo una vita trascorsa a occuparsi soltanto di Difesa e di Giustizia (tra ministero e commissioni parlamentari), Previti rompe la monotonia e si dà alla politica internazionale. Entra nell'Ocse (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) e nella conferenza parlamentare dell'Ince (Iniziativa centro-europea). Il suo primo contributo all'Ince è la partecipazione alla congresso di Praga dal 6 al 9 ottobre, che purtroppo gl'impedisce di partecipare ai processi.

15 settembre. Ormai rapito dalla febbre della diplomazia, il deputato granturismo prende pure il posto del collega forzista Elio Palmizio nella commissione Esteri, nota anch' essa per le frequenti trasferte oltre confine.

16 settembre. Riprende l'udienza Sme-Ariosto, ma Previti non c'è: deve votare sulla riforma dei cicli scolastici.

17 settembre. Riprende Imi-Sir, ma Previti non c'è: impegnatissimo a Roma in una "discussione sulle linee generali" sui seguenti temi: "convenzione istitutiva dell'Unione latina, modifiche all'atto costitutivo dell'Unesco, accordi con Estonia, Mongolia, Guyana, Georgia, Russia, Kazakistan, Nuova Zelanda, Paraguay; elezione diretta dei presidenti delle Regioni" .Il tutto, nella sua nuova veste di membro della commissione Esteri. Stavolta anche i pazienti pm milanesi dicono basta, e così gli avvocati di parte civile per l'Imi. Rossato prende il coraggio a due mani e respinge l'istanza di rinvio: la richiesta di Previti "confligge con le necessità di speditezza del processo e di effettività della giurisdizione". Un conto sono i giorni di votazione, un conto quelli di semplice discussione (lunedì e venerdì): altrimenti, nessun parlamentare sarebbe mai processabile. Dunque, si procede senza Previti.

18 settembre. Previti solleva questione di legittimità costituzionale contro il provvedimento di Rossato. E il suo avvocato chiede di sospendere l'udienza in attesa che la Consulta si pronunci (tempi previsti: uno-due anni). Rossato risponde picche. Allora la difesa gli chiede di sollevare questione di incostituzionalità contro la legge gip-gup. Altro buco nell'acqua.

20 settembre. E lunedì: Previti ancora alla Camera, impegnatissimo a discutere sulla minoranza slovena. Rossato decide un'altra volta di procedere.

22 settembre. È mercoledì: Previti ancora alla Camera, stavolta per votazioni. Rossato celebra ugualmente l'udienza.

24 settembre. E venerdì: alla Camera non si vota, ma il Demostene di via Cicerone si produce in una doppia orazione sulla "Convenzione europea sulla notificazione degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile o commerciale" e sulla Corte penale internazionale. Da leccarsi i baffi.

27 settembre. È lunedì: infatti Previti parla. Stavolta sul servizio militare volontario femminile. Per FI riferisce anche il generale Pietro Giannattasio, ma due bocche parlano meglio di una.

5 ottobre. E martedì: Previti dice di dover votare, ma Rosato procede.

6 ottobre. E mercoledì: idem come sopra. Poi c'è la missione parlamentare a Praga, per la grande assemblea dell'Ince.

19 ottobre. Il pool chiude l'indagine sul lodo Mondadori. Berlusconi e Previti, che han chiesto di essere sentiti prima della richiesta di rinvio a giudizio, vengono convocati di domenica mattina, per non disturbare i loro impegni parlamentari. Ma non si presentano: "Convocazione irrituale", mandano a dire. "Noi, la domenica, andiamo alla Messa".

15 novembre. Rossato rinvia a giudizio Previti e gli altri per Imi-Sir.

26 novembre. Rossato chiude anche l'udienza Sme-Ariosto, mandando a processo Previti, Berlusconi & C. Ma, per le 5 udienze celebrate in sua assenza (3 per Imi-Sir e 2 per Sme-Ario- sto), Previti chiede alla Camera di sollevare conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato contro il suo gup. In previsione, il pool implora Rossato di ripeterle in giorni di semplice dibattito parlamentare. Nulla da fare, il 31 dicembre è dietro l'angolo, tempo scaduto.

2000

10 maggio. Violante accontenta Previti e ricorre alla Consulta contro Rossato. Ma solo per le udienze di Imi-Sir tenute nei giorni di votazione. Nei giorni di semplice discussione invece - decide la Camera - l'impedimento non vale: almeno il processo Sme-Ariosto è fuori pericolo. O almeno così sembra. Perchè si costituisce nel procedimento anche il Presidente del Senato Nicola Mancino. Non c'entra niente, ma fa lo stesso. Anzi, scavalca Violante e sposa in toto la tesi di Previti: è legittimo impedimento anche la semplice discussione in aula. I parlamentari possono sottrarsi ai processi dal lunedì al venerdì. Cioè sempre. Ora è a rischio anche il processo Sme-Ariosto. In attesa che la Consulta decida, i processi "toghe sporche" proseguono in tribunale fra mille ostacoli, rinvii, difficoltà. Dentro e fuori dall'aula. Gli avvocati di Previti e Berlusconi presentano, ripresentano e reiterano un'infinità di volte le stesse questioni: ricusazioni dei giudici e dei pm, vizi di forma, eccezioni di nullità e inutilizzabilità, cavilli. Chiedono di sentire come testimoni tutti e 2000 i giudici in servizio a Roma, più mezza Confindustria e mezzo mondo giornalistico. Poi tentano di far cestinare gli atti delle rogatorie svizzere, affermando che il governo delle sinistre li ha usati per accertamenti fiscali vietati dal "principio di specialità" elvetico (ma Visco smentisce e la bolla di sapone si sgonfia). Poi sostengono che pagare i giudici, tra il 1990 e il 1992, non era reato: la corruzione in atti giudiziari (più grave di quella semplice) fu introdotta solo nel '90, e solo nel '92 si specificò che valeva anche per i corruttori e non soltanto per i giudici corrotti, dunque il professor Pecorella e i suoi colleghi ne deducono che per due anni in Italia è stato lecito corrompere i giudici (ma non, per i giudici, farsi corrompere). Insomma: Squillante & C. possono anche essere punibili per aver preso soldi da Previti e Berlusconi, ma Previti e Berlusconi non lo sono per avergli dato quei soldi. Una tesi originale, che però non riscuoterà grandi successi.

12 maggio. Le difese di Berlusconi e Squillante chiedono di cestinare le rogatorie svizzera del processo Sme-Ariosto giunte "in fotocopia semplice", o su fogli "non numerati", o trasmesse direttamente dai giudici elvetici ai colleghi milanesi o agli agenti dello Sco, "by passando il ministero della Giustizia italiano e l'Ufficio Federale in Svizzera". Il tribunale respinge la richiesta: tutto è avvenuto secondo la legge. Provvederà il Polo a modificarla, quella legge.

19 giugno. Il gup Lupo proscioglie tutti gli imputati del processo Mondadori, sia pure col comma 2 dell'articolo 530 (insufficienza o contraddittorietà delle prove) .La decisione è il frutto di un'altra norma dell'inesauribile "pacchetto Carotti": quella che impone al gup di assolvere subito, prima del processo, qualunque indagato raggiunto da elementi d'accusa anche gravi, ma non così gravi da giustificare su due piedi una condanna. Anticipando così un giudizio che, finora, spettava al giudice del dibattimento.

17 novembre. Alla ripresa di Sme-Ariosto, il pool contesta una nuova tangente (i famosi 434 milioni di dollari del 1991), che allontana la prescrizione al 2006. Polemiche a non finire. Anche perché si attendono ancora parecchie rogatorie sui conti di Previti & C., dal Liechtenstein e dalla Svizzera. Ma il parlamento, anziché sveltirle, le rallenta vieppiù. Tant'è che da tre anni tiene nel cassetto la legge che dovrebbe ratificare la convenzione italo-svizzera sulle rogatorie, firmata dai due governi nell'ottobre '98.

2001


Aprile. Nell'ultima seduta del Senato, l'Ulivo approva la legge sulle rogatorie. Ma alla Camera il Polo si mette di traverso con 2000 emendamenti, e non c'è più tempo. Bisognava pensarci prima.

15 maggio. Berlusconi vince le elezioni e diventa presidente del Consiglio, nonché parte civile contro se stesso al processo Sme-Ariosto. Previti, che in campagna elettorale ha annunciato l'intenzione di "fare piazza pulita" degli avversari, torna per la terza volta in parlamento.

25 giugno. La Corte d'Appello di Milano ribalta il verdetto del gup Lupo e rinvia a giudizio Previti e i giudici Metta e Squillante per il lodo Mondadori. Solo Berlusconi si salva per la prescrizione, grazie a un trattamento tutto speciale. Il suo ruolo di "mandante" delle tangenti lo renderebbe responsabile "soltanto" di corruzione semplice (pena più bassa, prescrizione più vicina), mentre Previti, come esecutore materiale, risponde chissà perché di corruzione aggravata (pena più alta, prescrizione più lontana) insieme ai giudici che ricevettero i quattrini. E poi il Cavaliere merita le attenuanti generiche perché, in fondo, quella di comprare le sentenze a Roma era un'usanza diffusa; eppoi "le sue attuali condizioni di vita individuali e sociali" (è presidente del Consiglio) lo rendono «di per sé» meritevole di quel trattamento di riguardo. Si inaugura così un nuovo corso giurisprudenziale, dagli sviluppi ancora tutti da scoprire.

6 luglio. La Corte Costituzionale, 14 mesi dopo il ricorso Previti-Violante-Mancino, dichiara nulle tutte e 5 udienze di Imi-Sir e Sme-Ariosto contestate da Previti. Almeno per lui, i due processi dovranno ripartire dall'udienza preliminare. Ovviamente davanti a un altro gup. La Consulta fa presente che, all'occorrenza, si possono tenere udienze anche di sabato e domenica. Senza sapere che i due pii imputati santificano le feste.

Settembre. In pochi giorni la Casa delle Libertà fa sparire tre processi a carico del Cavaliere (AlI Iberian 2, consolidato Fininvest, Milan-Lentini), e le prove a suo carico negli altri due (Mondadori e Sme-Ariosto ). Il doppio miracolo è possibile grazie alla cosiddetta "riforma" del falso in bilancio (che cancella pure uno dei capi d'imputazione del processo Sme-Ariosto) e alla legge sulle rogatorie, lasciata a mollo dall'Ulivo e ora riesumata dai nuovi padroni del vapore, riveduta e corretta dagli emendamenti di Lino Jannuzzi, Marcello Dell'Utri e Paolo Guzzanti. Una legge che sembra la fotocopia delle eccezioni di inutilizzabilità delle carte svizzere presentate un anno fa dai difensori di Berlusconi e Previti e respinte dal tribunale.

1° ottobre. Mentre Ciampi si affretta a firmare con la velocità della luce la legge anti-rogatorie e a congratularsi con il presidente del Senato Marcello Pera per l'ottimo lavoro svolto nel comprimere il dibattito parlamentare, Previti non ne vuol sapere di comparire al processo Sme-Ariosto. Prima annuncia che non ci sarà perché si sente "intimidito" dalle parole di Borrelli sulla cosiddetta riforma. Poi manda avanti un certificato medico: è convalescente da un'operazione all'anca. "Sia portato in aula su una barella, come si fa con gli altri imputati", chiede spazientita la Boccassini. Ma sono cose che non si dicono. "Ecco la prova dell'accanimento persecutorio di questo pm disumano", geme tremante il vecchio Cesarone dal letto di dolore.

8 ottobre. Il medico fiscale del tribunale conferma: Previti sarà intrasportabile per sei settimane. Se ne riparlerà a fine novembre. Lui, il nemico della "insopportabile dilatazione dei tempi processuali", tifoso sfegatato della "ragionevole durata" e allergico ai "proscioglimenti per intervenuta prescrizione", ancora una volta è costretto a rinviare. Quando si dice la sfortuna. A questo punto, non gli resta che seguire l'esempio dell'amico e coimputato Acampora. Il quale, stufo dei continui rinvii, ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato per Imi-Sir. Il 21 luglio scorso, finalmente, è arrivata la tanto agognata sentenza: 6 anni di galera e 1000 miliardi di risarcimento all'Imi. Ora Previti, impaziente com'è di avere "un processo rapido", farà sicuramente altrettanto.