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Il Maestro della luce.
Incontriamo Remo Guerrini, il responsabile della
Unità di Progettazione per gli impianti di illuminazione
pubblica ed artistica dell'Acea di Roma.

di Alfredo Mariani

Fotografare significa "scrivere con la luce". E questa attività, l'attività del fotografo, non deve essere riferita esclusivamente a quelle persone che impressionano su di una pellicola gli elementi di un campo visivo che hanno ritenuto meritevoli di diventare una immagine fotografica, ma
invece essere estesa, propriamente estesa, a tutti coloro i quali adoperano la luce per intervenire sull'ambiente, sulla materia, sulle percezioni degli uomini.
Quando il sole tramonta i luoghi e le città possono vivere della nuova vita loro conferita dalla illuminazione artificiale. La qualità dell'arredo urbano, la vivibilità stessa dei centri abitati dipende moltissimo dalle scelte tecniche e compositive che i "light designer" operano sulle strade e sulle architetture. Siano così antiche da essere testimoni di secoli di storia, oppure edifici contemporanei di nessun valore artistico, le scelte relative alla qualità dell'illuminazione realizzano e determinano nuovi aspetti, funzionali ed estetici, degli ambienti vissuti dall'uomo. E finalmente anche in Italia l'esigenza di creare attraverso la luce, di esaltare e sottolineare oppure di nascondere, di guidare lo sguardo ed i passi dei cittadini nei percorsi notturni, sta sempre più assumendo l'importanza dovuta a questa vera e propria forma di arte in grado di presentare ogni sera ed ogni notte, agli occhi dei cittadini suoi necessari fruitori, spettacoli di abbagliante bellezza o fastidiosi ed invadenti luminarie.
La città di Roma, attraverso la sua Azienda Comunale Elettricità ed Acque (ACEA SpA), si è posta all'avanguardia nel settore degli interventi di illuminazione operati sui più importanti monumenti, ridisegnando completamente, negli ultimi anni, il volto notturno della Capitale ed estraendo dall'oscurità quei marmi e quelle forme così tanto celebrate alla luce solare. Fotografare.info ha voluto incontrare Remo Guerrini, da più di tre anni Responsabile dell'Unità di Progettazione per gli impianti di illuminazione pubblica e artistica dell'Acea, ed ha avuto la sorpresa di trovarsi di fronte un personaggio che, ancora prima di essere un tecnico esperto e di grandissima preparazione, è un artista attivamente impegnato che ha unito una formazione classica agli studi in elettrotecnica, che cura la sua formazione estetica attraverso la storia dell'arte e svolge una intensa attività come concertista di musica antica, medioevale e barocca e come direttore di un gruppo vocale.
"Sì, ho sempre creduto che nel mio settore la formazione culturale dovesse sempre accompagnare la preparazione tecnica, proprio perché ho la fortuna di vivere e lavorare in una città come Roma, dove ogni pietra è espressione di sapienza tecnico-ingegneristica e contemporaneamente di una precisa volontà artistica. La mia passione personale per la luce ed i miei interessi artistici sono stati favoriti dalla formazione all'interno della mia stessa Azienda, dove ho avuto a disposizione tutto il patrimonio tecnico e di esperienza dell'Acea, sicuramente tra i migliori al mondo se non, in assoluto, il più valido!"

Quale è la strategia di intervento per la nuova illuminazione di un monumento?

Prima di tutto occorre un'analisi della illuminazione pubblica già esistente nella zona. Quindi si passa allo studio delle varie epoche del tessuto urbanistico ed al riconoscimento delle sue particolarità. Una vera e propria 'analisi logica', una fase che può anche essere lunga e complessa, svolta insieme con esperti archeologi. Come nel caso del Foro Romano dove, nelle stesse aree, sono presenti resti appartenenti a periodi e tecniche costruttive differenti. Occorre "comprendere" i momenti particolari di ogni stile ed i suoi elementi fondamentali: capitelli, pavimentazioni, colonne, mura, archi, statue… Svolgiamo una analisi puntuale per ogni elemento, seguendo l'iter progettuale che ci siamo dati e che è quello che definiamo di "illuminazione architetturale", cioè un metodo che persegue la scelta di rendere l'osservazione del monumento la più aderente possibile alla sua struttura, evitando ogni deformazione. Difatti occorre sempre tenere presente che la luce può anche stravolgere… Certo. Noi siamo per il rispetto delle strutture compositive che stanno alla base delle architetture che illuminiamo. Dobbiamo fare attenzione alla luce artificiale, ma la sua presenza può essere indispensabile per cogliere particolari che non sarebbero altrimenti apprezzabili, nemmeno di giorno. Basti pensare alla trabeazioni del Pantheon, che sono state illuminate da pochi anni e che prima non erano visibili a causa del contrasto di luminosità con l'ambiente esterno.

Secondo Lei le scelte di intervento sono in qualche modo obbligate o esistono diverse scuole di pensiero riguardo l'illuminazione artistica dei monumenti?

Possono esserci differenti regole, e ognuna giusta per l'ambiente in cui si opera. Voglio dire che ogni volta bisogna progettare l'intervento e che non si può pensare a una metodologia precostituita e che sia valida per tutte le situazioni. Per esempio si può decidere di isolare il monumento dalle aree circostanti, oppure di fonderlo in un insieme armonico costituito da molti altri elementi grazie alle luci. A volte arriviamo ad illuminare anche gli alberi per legare tra loro architetture non contigue, e questa decisione è evidente nella unicità del percorso di tutta l'area archeologica del centro di Roma.

Ma veniamo adesso a parlare della illuminazione del monumento simbolo di Roma, cioè del Colosseo. Quali sono le sue caratteristiche?

La storia recente della illuminazione del Colosseo vede tre fasi distinte: prima degli anni '80 si trattava di una illuminaione esclusivamente per proiezione a distanza, con tutti i problemi che questa può comportare: una elevata spesa energetica data dall'uso delle lampade ad incandescenza allora disponibili, ed una intensità luminosa sulle superfici del monumento comunque troppo bassa. In sostanza il Colosseo si distingueva appena dallo sfondo scuro, e risultava ammantato da un tenue chiarore che sicuramente non lo evidenziava. Nel 1988 è stato presentato un progetto che ci ha permesso per la prima volta di entrare dentro il Colosseo, ponendo lampade alo iodio alla base delle arcate. L'autore di questo intervento è stato Piero Stocchi, che io considero un maestro per quanto riguarda la illuminotecnica e che ha addirittura ideato nuovi tipi di lampade, quali quelle che ancora oggi sono immerse in tutte le fontane della nostra città. Il suo progetto vinse anche un importante premio internazionale, ma prevedeva comunque ancora una proiezione esterna con le lampade ad incandescenza. La terza fase è quella attuale, nella quale l'illuminazione esterna è stata ritoccata con l'installazione di lampade a ioduri metallici per restituire il colore originale del travertino, mentre internamente è rimasta la illuminazione allo iodio che però dovrebbe essere presto sostituita da un nuovo progetto. Questo perché adesso sono illuminati i vuoti, creando una sorta di effetto in negativo rispetto all'immagine diurna del Colosseo, mentre invece andremo a portare luce sui volumi, sugli aggetti, e a lasciare i vuoti nell'ombra, proprio come avviene con la luce naturale.

Concludiamo questo incontro con l'Arch. Remo Guerrini facendo insieme con lui una riflessione sul grande sviluppo tecnologico che i materiali per l'illuminotecnica hanno registrato in questi ultimi anni, soprattutto dal punto di vista del design funzionale, cioè della capacità delle attuali lampade di dirigere ed indirizzare la luce. Molti nuovi modelli sono costruiti proprio sulle esigenze degli utilizzatori, con i produttori pronti ad un dialogo che per loro può essere solo proficuo, potendo contare sull'esperienza degli stessi committenti. Pensate che molte delle lampade utilizzate sui monumenti romani sono state fornite da una ditta statunitense che produceva un unico modello creato per le stazioni di servizio americane, e che è stato adattato dal team dell'Acea. Altro grande sviluppo è quello dato dalla possibilità di ottenere rese luminose di elevata intensità con wattaggi limitati, obiettivo reso attuabile soprattutto grazie al posizionamento delle lampade direttamente a ridosso del monumento e non più a distanza dello stesso. A titolo di esempio ricordiamo che la cupola della chiesa di San Carlo al Corso, la seconda in altezza a Roma dopo San Pietro, è completamente illuminata con poche migliaia
di watt.


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