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Storia di Cosenza

La Magna Grecia VIII-III sec. a.C.

Caput Brutiorum. Antichissima città calabra e metropoli dei Bruzi nell'800-600 a.C. Consentia fece parte della civiltà greca. Divenne meta degli Itali, dai quali si staccò un ceppo, quello dei Bruzi, che da nomade divenne stabile. Nacque Cosenza, si narra che a fondarla sia stato Brettio, figlio di Ercole, infatti i Bruzi erano decisamente forti, spietati e rudi nei modi. Nel 370 a. C. Dionisio a capo dei Lucani espugnò Cosenza. Nel 356 a.C. sancita la pace, passata alla storia come la pace di "donna Brettia", iniziò lo splendore della Città che divenne la Caput Brutiorum del Regno Brettico, al quale aderirono i Bruzi, i Sanniti e gli stessi Lucani. Nel 275 a.C. la Confederazione Bruzia, con a capo Cosenza, strinse alleanza con Pirro re d'Epiro nella lotta contro Roma, ma la forza di Roma va al di là di quella dei Bruzi, e Cosenza venne ammessa alla Repubblica. Nel 218 a. C. approfittando dell'impegno di Roma nella 2^ guerra punica, Cosenza si alleò con Annibale per un estremo tentativo di ribellione, ma, sconfitta da Servilio, vinne punita ancor più di prima perdendo così la funzione di Città stato. La Confederazione venne sciolta. Cosenza ancora protagonista nel corso della guerra civile del 73 a.c. con Spartaco che mosse un'ennesima rivolta contro Roma, con lui sono condivisi desideri di libertà e indipendenza, ma anche questa volta dovranno essere accantonati.Nel 29 a.C. Cosenza divenne colonia sotto Augusto, il quale concesse la cittadinanza romana alla Città, nacque la Via Popilia, la via che congiungeva Roma alla Sicilia. E' il fiorire di relazioni mercantili ed economiche, di una "universitas" che ben presto divenne punto di riferimento della cultura. Pancrazio viene nominato primo vescovo della Città. Nel 305 d.C. l'Imperatore Massiminiano si stabilisce nel centro bruzio per sedare un'altra rivolta, questa volta di ordine religioso ; con l'eliminazione di Bulla, iniziò la martoriata storia del cristianesimo a Cosenza. Numerosi i martiri tra cui San Dionigi e San Callisto. Nel 313 d. C. con l'editto di Milano i cristiani escono dalla clandestinità, liberi di professare la propria fede. E' l'inizio di un secolo di benessere, pace e splendore, la cui fine è sancita dall'ìnvasione di Alarico re dei Goti.Lo stesso morì, durante l'invasione, nei pressi della città nel 410, e secondo la leggenda, fu seppellito dal suo popolo, con una parte del bottino di Roma, alla confluenza del fiume Crati col Busento. Nel 554 d.c. l'esercito di Giustiniano sconfisse gli ostrogoti; Narsete entrò a Cosenza e con l'era bizantina la città divenne nuovamente capitale di tutte le terre meridionali liberate dai bizantini. Nel 568 Giustino il Giovane, nipote di Giustiniano, divenne Imperatore e con lui Cosenza divenne ducato. In questo periodo fiorirono le lettere, nacque la prima scuola musicale e si formarono le nuove classi dirigenti.

Cosenza del '700

Federico II

Il duomo di Cosenza,1222

Le dominazioni. Nel 664 i longombardi, con a capo Romualdo Duca di Benevento, conquistarono Cosenza, che aderì al Ducato. Con la pace benedettina, siglata a Cosenza nel 665, bizantini e longombardi assicurarono al Bruzio un periodo di pace. La parte meridionale della penisola è appannaggio bizantino, mentre, i longobardi occupavano il Nord della Calabria, compresa la Città di Cosenza, che in questo periodo è capitale della Calabria. Nel 689 il Vescovo Giuliano fa della Città di Cosenza sede del Concilio della Chiesa. Nell'852 i saraceni partono alla conquista della Calabria e del Bruzio, e dopo 5 tentativi, i motivi di questo accanimento risiedono nell'importanza strategica e per la ricchezza della città di quel tempo, Abstaele, loro capo, trasse in inganno la Città, infatti l'Emiro saraceno minacciò di occupare Rende, Carolei e Mendicino, legati a Cosenza da un patto d'alleanza, che per questo motivo intervenne in loro difesa sguarnendo la difesa della Città, la quale resasi vulnerabile cadde sotto l'assedio dei saraceni. Nel 916 l'Emiro cadde vittima di una congiura di palazzo, gli successe Olcobechio, il quale venne deposto dopo la sua conversione al cristianesimo. Nel 958 con Abulcassimo i musulmani mirarono ad una rifondazione della Città. Ma ben presto ritornò a sventolare sulla Città la croce bizantina. Cosenza cambiò nome e divenne Costanza, le razzie musulmane, la resero una piccolissima città, passò da 120.000 abitanti a soli 15.000. Agli inizi dell'anno 1000 i normanni divennero i padroni della città, la cui presenza è testimoniata dal Castello da loro edificato, e ampliato, in seguito, da Federico II. Nel 1184 fù colpita da uno spaventoso terremoto e riedificata attorno ai due fiumi. Nel 1192 i normanni furono sconfitti dagli svevi e Federico II, Re di Sicilia, il 30 gennaio del 1222 inaugurò il Duomo. Lo stesso tenne a battesimo lo stemma di Cosenza, in campo azzurro i sette colli, sentinelle dell'indipendenza della città. Alla sua morte gli subentrò Manfredi. Con gli Angioini (1268-1302) divenne il centro amministrativo più importante della Calabria settentrionale, ciò è testimoniato dalla presenza dei numerosi monumenti come la Cattedrale romanica del XII sec., dov'è tutt'ora seppellita Isabella d'Aragona. Ai d'Angiò subentra Roberto Duca di Calabria che con l'editto del 1335 istituì a Cosenza la Regia Corte, sottolineando il ruolo che la città svolgeva nell'organizazione del regno.

Telesio e Campanella

Il Rinascimento. Nel XV sec. iniziarono le lotte tra Aragonesi ed Angioini. Tutto terminò con l'incoronazione di Luigi XII. Il re angioino e Ferdinando d'Aragona stipularono un trattato per la pacifica convivenza di aragonesi e angioini nel Regno di Napoli. A Luigi XII andò Napoli, la Campania e gli Abruzzi, a Ferdinando, la Puglia, Basilicata e Calabria, questo secondo regno con Capitale Cosenza. Siamo agli albori del 1500, sono anni di progresso, soprattutto culturale, l'Accademia Cosentina riuniva gli intelletti migliori, una Cosenza dotta, saggia e ricca che nel 1539 accolse trionfalmente Carlo V. Agli inizi del 600 sono sempre gli spagnoli a dominare Cosenza, ma la popolazione era in fermento e ben presto il malcontento degenera in lotta armata. E' Tommaso Campanella il sobillatore; per la seconda volta venne chiusa l'Accademia Cosentina (centro di cultura fondata da Gian Aulo Parrasionel XVI sec. ebbe largo influsso sulla cultura del Mezzogiorno e diffuse le nuove idee democratiche e innovatrici che portarono alle agitazioni del 1813, ma sopratutto quella del 1844. Cosenza fu anche Patria del filosofo e naturalista Bernardino Telesio(1509), e del poeta Galeazzo di Tarsia.), Cosenza dichiarata "nemica della Spagna" è costretta a pagare un ingente somma di denaro per non diventare feudo e perdere la sua storica indipendenza. Il Sedile, antichissimo organo di governo e simbolo dell'indipendenza cosentina, convocò tutti i nobili per trovare la somma necessaria, ma furono ancora una volta i Casali a salvare l'indipendenza della città.

Fucilazione dei fratelli Bandiera

Francesco II Re delle due Sicilie

Il Risorgimento. Nel XVIII sec iniziò la dinastia dei Borboni di Napoli e di Sicilia. Nel 1707 Cosenza è sede del Sinodo Diocesano, mentre nel 1735 la città è visitata da re Carlo III. Le molteplici visite dei sovrani succedutesi nei vari secoli stanno a confermare la centralità che a quell'epoca Cosenza aveva. Nel 1799 il Cardinale Ruffo a capo di un esercito, risalendo la penisola, puntò decisamente su Cosenza , in quanto cuore del movimento repubblicano meridionale dei Salfi e Bisceglia, nonchè centro massonico. La lotta è impari e Cosenza terminò la sua breve storia repubblicana. Agli inizi dell'800 incombeva sull'Europa il ciclone Bonaparte e la Calabria risultava essere in una posizione strategica per il controllo del Mediterraneo. Il 12 aprile 1806 Cosenza torna in mano francese e il giorno dopo anche Napoleone arriva a Cosenza. Appena nominato re delle Due Sicilie, Gioacchino Murat visita Cosenza per risolvere il problema del Brigantaggio, che sostenuto dai Borboni cercò di mettere a soqquadro la città, che invece tornò ad avere una certa effervescenza culturale ed una febbrile attività innovativa. Nel 1811 cominciarono a formarsi le prime logge carbonare nei dintorni di una città che non trova mai una sua identità politica. Dal 1816 al 1825, Cosenza, ritorna al regno delle due Sicilie con Ferdinando I. Dopo il terremoto del 1832, anche Francesco II, "Franceschiello" visitò la città per alleviare le sofferenze causate dal sisma. Verso il 1840 comincia a farsi forte il desiderio di un'unità nazionale, i movimenti liberali sono sempre attivi, tra repressioni e piccole rivincite si tentòdi sabotare il regno borbonico.- In seguito alla spedizione dei moti mazziniani del 1844 i fratelli Bandiera furono fatti prigionieri e fucilati nel Vallone di Rovito, nei dintorni della città. Ciò, in Italia, da il via "alla scintilla di un odio inestinguibile verso la tirannide". Nel 1844 arrivarono a Cosenza nuovamente il re e la regina per dimostrare che Cosenza era città fedele, ma nessuno li accolse, scatenando così la rabbia del sovrano. Lo stesso avviene nel 1853. Nel 1860, allo sbarco di alcuni garibaldini sulle coste calabresi, i liberali cosentini irruppero in città al grido "Italia, Garibaldi, e Vittorio Emanuele", iniziò la ririrata dei Borboni, il comitato insurrezionale si pose alle dipendenze di Garibaldi. Cosenza entrò a far parte del regno d'Italia. Il generale entrò in città, i cosentini lo accolsero con tiepido entusiasmo. Nello stesso anno Cosenza fù tra le prime città a proclamare Vittorio Emanuele Re d'Italia. Cosenza passò sotto un'altra dominazione, la più bieca, cinica ed emarginante, quella dei Piemontesi.

Cosenza nel 1914

Corso Mazzini

Ponte sul Crati

Primo novecento e I Guerra mondiale. Nei primi anni del '900 Cosenza perse l'importanza, paradossalmente, che aveva acquisito sotto le dominazioni straniere. Perse la sua identità di capitale, cadde in una profonda crisi culturale, amministrativa e financo igienica, infatti in quegli anni perirono molte persone per il dilagare della malaria. Abbandonata a se stessa, in quanto non più crocevia di traffici commerciali, ma perifieria di un centro ancor oggi distante, ma che all'inizio del secolo, per la mancanza assoluta di infrastrutture viarie, era irrangiungibile. Solo nel 1915, in piena guerra mondiale, Cosenza venne dotata del collegamento ferroviario con il mare (Paola) e successivamente con Castrovillari, mentre la popolazione cresceva raggiungendo i 30.000 abitanti, 1/4 dei quali dediti all'agricoltura, il 10% al commercio. In fermento era solo l'attività politica. Agli albori del fascismo, Cosenza città si mantiene distante da questa ideologia, infatti il segnale chiaro si ebbe nelle elezioni politiche del 1924, quando il socialista Pietro Mancini, appoggiato dagli ambienti massonici, ebbe la meglio sul fascista Michele Bianchi. Il governo della città era in mano fascista però, anche se moderato, rappresentato da Tommaso Arnoni. Durante la sua podestà ottenne molti fondi necessari per eseguire quelle opere divenute ormai improcrastinabili, basti pensare che la città nuova non era ancora dotata nè di strade, nè di fognature. Risolti i problemi di modernizzazione della città, si presentarono quelli della successione di Arnoni. Beghe interne al partito non facilitarono questo passaggio, creando così un periodo di ingovernabilità, aggravato anche da un sempre più crescente dissenso politico che si cercò di attenuare con una forte repressione. Ma non bastò, in città era pregnante  l'atteggiamento di critica e distacco nei confronti del fascismo. I fautori principali di questa opposizione furono il socialista Pietro Mancini e il comunista Fausto Gullo, nonchè il sacerdote popolare Carlo de Cardona.

Cosenza durante bombardamenti anglo-americani della II^ Guerra mondiale.

Rovine in piazza Carmine.

Teatro Rendano.

Dittatura fascista e II Guerra mondiale. Verso il finire degli anni '30 l'azione fascista si intensificò, proprio su di un territorio che si era mostrato ostile, con tutta la sua forza propagandistica e non solo, visto che si cercò di eliminare in ogni modo l'influenza conservatrice della famiglia e della Chiesa sulla gioventù. I giovanni cosentini vennero educati alla cultura fascista e allontanati da una Chiesa oppositrice al regime. Questa nuova cultura, inculcata fin dai primi anni di vita, diede i suoi frutti prima dello scoppiare della II Guerra mondiale, quando anche i cosentini si lasciarono abbagliare dalla grandeur del colonialismo fascista, invece di preoccuparsi delle ripercussioni negative che la politica autarchica del regime avrebbe avuto sulla già fragile economia della città. Nel 1939 Mussolini arrivò a Cosenza, ma oltre alla pomposità della visita questa non lasciò effetti vantaggiosi nella vita dei cosentini. Anzi, diede spunto all'opposizione di farsi sentire e di criticare l'alleanza con la Germania e disprezzare l'ormai più che certa entrata in guerra dell'Italia al loro fianco. Per fortuna Cosenza non ebbe danni rilevanti durante la guerra, solo nel 1943 durante i bombardamenti anglo-americani subì nove incursioni che causarono 136 vittime. A peggiorare fu invece la situazione socio-economica ormai alla paralisi. Terminata la guerra, bisognava ristabilire l'ordine amministrativo e politico e gli inglesi scelsero come Prefetto Pietro Mancini il quale nominò come Sindaco l'amico di partito Francesco Vaccaro. Le elezioni del '46, sull'onda nazionale, consegnarono invece la città alla Democrazia Cristiana di Maurizio Quintieri. Cosenza continuò ad essere sempre più povera, nel 1950 il numero di famiglie senza tetto era di 1307, mentre 436 erano le famiglie che vivevano ancora in baracche.

Giacomo Mancini e Riccardo Misasi

L'Università.

Boom economico e partiti politici. Negli anni del boom economico (decennio '51-'61) Cosenza riprese vitalità come in ogni altra parte d'Italia; furono costruiti 29.133 vani senza però alcuna regolamentazione edilizia. La speculazione edilizia richiamò in città latifondisti e famiglie della borghesia terriera provenienti dalla provincia. Famiglie forti, piccoli e medi proprietari di suoli grazie alla rendita edilizia modificarono totalmente il loro tenore di vita, facendo scomparire o quasi il ceto agricolo. La Dc governava con la quasi maggioranza assoluta in tutto il paese, a Cosenza la storia si ripeteva, in quanto l'opposizione di sinistra veniva condotta sempre da un Mancini, Giacomo, figlio di Pietro. Questi sotto lo pseudonimo di Gino Verità iniziò a pubblicare una serie di articoli contro gli esponenti del potere di allora che suscitarono grosse polemiche nella Dc cosentina. Intanto nelle elezioni politiche del '58, grazie all'appoggio dell'azione cattolica, emergeva e veniva eletto parlamentare l'alterego a Giacomo Mancini, Riccardo Misasi (recentemente scomparso). Nel frattempo Cosenza cresceva, nel 1971 la popolazione superò i 100.000 abitanti, il 50% dei quali proveniente dall'entroterra. Dietro la spinta nazionale anche a Cosenza nacque una giunta comunale Dc-Psi. Questa operò delle scelte contraddittorie sul piano dell'edilizia urbana, di cui ancora oggi si subiscono gli effetti negativi. Vennero creati grandi quartieri popolari completamente staccati dal centro urbano, emarginando dalla vita civile decine di migliaia di famiglie appartenenti ai ceti meno abbienti. La nuova identità urbana, con una divisione per quartiere decisamente classista, si produce anche nella città vecchia, in cui alla fuga dei ceti borghesi verso la città nuova, corrispose l'insediamento nei vecchi edifici di famiglie di immigrati. Venne quindi soddisfatta l'esigenza di costruzioni a basso prezzo, ma creata una situazione di degrado urbano ed emarginazione sociale che si sta avviando alla risoluzione dopo 25 anni con l'ultima giunta Mancini. Importante fù invece, la scelta di dotare la città di importanti assi viarie, urbane ed extraurbane, grazie al contributo dell'allora Ministro ai Lavori Pubblici Giacomo Mancini (1964): L'autostrada Salerno-Reggio Calabria fu costruita nelle adiacenze della città; il collegamento tra lo svincolo autostradale e la superstrada per la Sila; il ponte, denominato di "Mancini", che collegava la città nuova alla vecchia; iniziati i lavori della nuova ferrovia Cosenza-Paola e redatto il progetto della nuova stazione ferroviaria. Nello stesso periodo, nasceva l'idea di far sorgere un' università a Cosenza, di tipo nuovo, basata sulla residenzialità di docenti e discenti, sul numero chiuso, che agevolasse l'ingresso agli studenti più meritevoli ed ai meno abbienti, su una aggregazione dipartimentale della ricerca e della didattica, la prima del tipo in Italia, con corsi di laurea innovativi e legati alla realtà territoriale. Si scelse di edificarla a nord del capoluogo, indirizzando così anche lo sviluppo urbano dello stesso verso la cittadina di Rende sede oggi dell'Università. A favore di questa soluzione si schierarono Francesco Principe, socialista, ma avversario di Mancini e l'allora Ministro alla Pubblica Istruzione Misasi. Mancini invece proponeva una collocazione a sud della città, verso Piano Lago. Ciò avrebbe consentito l'accentramento della città vecchia e la sua rivitalizzazione socio-economica.

Il ponte sul Crati così come dovrebbe essere

Viale Giacomo Mancini

L'era moderna, Cosenza verso il 2000. Nel 1981 Cosenza contava 106.000 abitanti, ma da quella data cominciò lo spopolamento (oggi ne conta poco più di 70.000) e lo spostamento verso le zone residenziali di Rende, Castrolibero e Vadue, mentre la città vecchia viene completamente abbandonata a se stessa. Nel '75 si formò una giunta completamente di sinistra con a capo il socialista Iacino. L'ascesa delle sinistre si verificò nel momento in cui si diede l'ultimo colpo allo sviluppo industrale della zona. Il segnale che questo governo lasciò fù la quintuplicazione degli spazi verdi rispetto a quelli creati nei vent'anni di governo Dc, ed il rianimarsi dell'attività culturale, in quel periodo infatti il Rendano fù dichiarato teatro di tradizione. Ma di lì a poco si ricominciò con una forte instabilità politica, prima una giunta di centro-sinistra che produsse 4 crisi amministrative in 5 anni, poi nel 1985, grazie all'accordo tra Francesco Principe e Mancini, divenuto il primo Presidente della Giunta regionale ed il secondo Sindaco di Cosenza si tentò una rinascita, impedita però da quelle che possono essere chiamate incongruenze politiche che fecero dimettere Mancini e e passare nuovamente la mano alla Dc. Successivamente ritornarono i socialisti in giunta, con il figlio di Mancini, Pietro. Fù eletto un volto nuovo della politica, ma restò in carica poco tempo perchè la disgregazione di alcuni gruppi consiliari riportò il Comune alla Dc e all'avvocato Carratelli. Pietro Mancini ebbe però il tempo di iniziare l'opera di rivitalizzazione della città vecchia che solo il padre, rieletto Sindaco nella metà degli anni novanta, stà continuando brillantemente. Con l'anziano Sindaco, Cosenza stà cercando di riprendersi il ruolo di centro guida sia economico che culturale della provincia cosentina. La città non ha mai vissuto un periodo così effervescente dall'Unità in poi, tanti i progetti terminati e quelli avviati. Sopratutto si stà cercando di porre rimedio agli errori del passato, in primis, rendendo la città unica e interamente vivibile, senza sacche di emarginazione, dal centro storico ai quartieri popolari. La città vecchia recuperata dal punto di vista urbanistico e sociale è divenuta ormai centro di attrazione turistico-culturale di tutta la provincia e non solo, mentre con il progetto del viale parco e della metropolitana leggera si stà cercando di avvicinare Cosenza alla sua Università non solo in senso geografico ma anche didattico. Poi la "città dei ragazzi", il centro servizi universitario, la "città del sole" che verrà collegata al centro cittadino con un magnifico ponte e tanto altro ancora, vogliono rendere Cosenza un città europea dal carattere bruzio. sondaggi

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