Il Professore
Tratto dal romanzo "Gli anni del disagio"Raffaele Crispino

Il professore stava seduto fuori al terrazzo a prendere il sole.Indossava dei pantaloni corti ed era a dorso nudo.
Quando sentì il campanello squillare, si sentì disturbato.
Non aveva voglia di vedere nessuno in quel momento. Voleva essere lasciato in pace.Non si mosse, anzi poggiò le gambe sulla sedia che aveva messo davanti allo sdraio; nonostante il campanello continuasse a squillare.
Impaziente si alzò. Attraversò la grande stanza con passo lento e stanco, ed aprì la porta.
Non fece certo salti di gioia quando vide Gualdi.
- Entra, entra pure, - disse, allontanandosi dalla porta d'ingresso.
Ritornò al suo posto d'osservazione, non dimenticando però di preparare una sedia per il suo amico.
Edoardo lo raggiunse. Non si mise a sedere subito. Si fermò e poggiò le mani sulla ringhiera di ferro, tenendogli le spalle.
- Laura non c'è? - chiese Edoardo.
- No. Sono solo. Come vedi sono solo. E tu, ...come te la passi? Ho saputo, sai, di Manuela... Mi dispiace, mi dispiace tanto, - disse, aggiustandosi con una mano gli occhiali scuri che gli erano scivolati sul naso, e inumidendosi le labbra con la lingua.
Gualdi lo trovò abbastanza strano. Non lo riconosceva più. Eppure lui, il professore, Giacomo Filimbeni lo aveva aiutato così tante volte con i suoi giusti consigli.
Si accese una sigaretta. Si girò. Lo fissò; poi si mise a sedere di fronte a lui. Lì faceva caldo. Il sole picchiava forte in testa.
- Manuela, già! - sospirò. - Fra pochi giorni sarà fuori. L'avvocato dice che potrà lasciare il carcere a fine mese.
- Scusami,... scusami tanto. - lo interruppe il professore. - Scusami se non mi sono fatto sentire. Certo che avrei fatto meglio a venire da te.
Edoardo non replicò. Si portò la sigaretta alla bocca. Aspirò e fece uscire dalle narici il fumo.
Ora c'era silenzio. Quel silenzio dolce e riposante di un pomeriggio caldo d'estate; poi il rumore di un motore di macchina in accelerazione.
Quando si affacciò dal terrazzo, Edoardo vide che una macchina dei carabinieri si fermava davanti all'ingresso della palazzina.
Poco dopo il campanello squillò. Il professore aprì la porta. Il maresciallo fece il suo dovere ed andò via.
Edoardo abbassò lo sguardo e cercò di non incrociare gli occhi del suo amico.
- Corruzione, - disse Giacomo, senza aggiungere altro.
Gualdi ci rimase. Non sapeva nulla. Era vero che non si vedevano da un bel po' di tempo, ma al bar, gli amici, l'ambiente. Nessuno aveva parlato di questo guaio che gli era capitato.
Ecco perché era taciturno ed aveva quello sguardo assente.
Il professore si alzò. Andò in cucina, prese dal frigo due coca cola con cannuccia e ritornò di nuovo a sedersi.
- Ma tu,.... perché sei venuto? Oh,scusa. E che non ci sto più con la testa. Sono brutale. Antipatico,... e fesso, - farfugliò mentre tirava la linguetta della lattina. -Sì. Sono proprio fesso. Hai visto, no! I carabinieri. Ho gli arresti domiciliari. Che bella pacchia! Ma io ne uscirò. Vedrai. Anche lei se n'accorgerà. Ma tu..., per quale motivo sei venuto?-
- Ero venuto per chiederti... Ma vista la situazione, non penso che...-
- Quale situazione? Non preoccuparti.
Il suono del telefono lo tolse dall'impiccio di dovere per forza parlare.
Il professore si alzò ed andò a rispondere.
Era Laura.
Edoardo lo sentì che gridava stizzito; poi lo vide ritornare calmo e sereno.
Il professore prese l'asciugamano e si asciugò il viso, poi accese la radio. Sentì "Penny Lane" dei Beatles.
Gualdi alzò gli occhi. C'era l'ombrello, la radio, ma non riusciva a vedere il secchio d'acqua.
- L'acqua è dentro. Nel bagno. Preferisco fare una doccia e mettermi al sole.Del resto sono cambiate molte cose dal tempo del nostro amico Filippo. -
- Già, Filippo..., - disse, sottovoce, Gualdi.
Filippo era anche amico suo. Era morto da un paio di mesi per un intervento chirurgico al fegato.Era andata male.
A Filippo non piaceva andare al mare; allora si organizzava.
Sul piccolo terrazzo della sua casa metteva un ombrellone e una sedia a sdraio. Alla sua destra aveva una sedia dove metteva la radio. Dietro alla sedia a sdraio metteva una tinozza, piena di ghiaccio con bibite e caffè.
E poi metteva al sole a scaldare un tinello pieno d'acqua.
Verso le due del pomeriggio, dopo aver mangiato, si sedeva soddisfatto sulla sua sdraio e guardava davanti a sé. Quasi cercasse di scoprire qualcuno sulla sua fantomatica spiaggia.
Poi incominciava a leggere "Black Macigno o Capitan Miki.
"Slip, bum! Slash! Ah, Boom, boom. Maledette giubbe rosse", lo potevi sentire gridare stizzito.
Poi quando il sudore gli bagnava la fronte, lasciava stare Black Macigno, e si asciugava.
Era arrivato il momento di fare... il bagno.
Allora si avvicinava alla piccola tinozza, piena d'acqua, e con un piccolo secchiello si versava l'acqua sulla faccia, sulle braccia, sul capo.
Quando stava sulla... sua spiaggia, non indossava mai il costume. Al massimo aveva un pantalone corto.Indossava sempre una camicia a maniche lunghe per nascondere la cicatrice grande che aveva sul braccio.
Non seppero mai come s'era prodotto quella ferita.
- Era Laura- disse.


Guardi non rispose. Rimase muto. Prese una sigaretta dal taschino e se la infilò in bocca. Il sole picchiava forte sulla sua testa e il sudore incominciava a bagnargli la fronte.
Non cercò un posto all'ombra.
- Uffa! Entriamo che questo cazzo di sole mi sta spaccando il cervello. -
Edoardo lo seguì. Prima non l'aveva notato, ma ora che vedeva bene, si rese conto che la stanza era un po' in disordine.
Si vedeva la mancanza di una donna o di qualcuno che facesse le pulizie.
- Almeno tu hai Manuela. Mi sai dire … chi ho io? Nessuno. Il preside della mia scuola non si è neanche degnato di farmi una telefonata. E gli altri, i miei estimabili e ineguagliabili colleghi? Niente. Per loro sono già colpevole. Bollato e cancellato.-
Edoardo stava per dire qualcosa, ma pensò che non era il caso.
- Laura, la bella e dolce Laura. L'unico successo della mia vita, sai dirmi dov'è?… Avresti fatto bene a sposarla tu, con te avrebbe avuto una vita migliore. E poi… perché ti lasciò, non lo ho mai saputo.-
- Passerà, Giacomo. Passerà. Tu riuscirai a farcela. Non sei uno qualunque, - lo confortò Edoardo.
- Sì, ce la farò. Passerà. Anche l'uragano alla fine passa, ma vedi poi che cosa lascia dietro di se: distruzione e morte. Se avessi più coraggio, aprirei quella porta e andrei al mare. Invece, …aspetterò. Aspetterò ancora un po'.-
Edoardo l'abbracciò,lo strinse forte a sé, poi andò via.
Avrebbe fatto meglio a non venire. Pensò al suo amico e al suo stato di prostrazione. In questi casi basta un nulla per farti saltare il cervello, ma pensò che non era il tipo da fare una sciocchezza, il professore era una persona equilibrata.
Stava per aprire lo sportello della macchina, quando notò che di colpo nel viale era piombato il silenzio. Poi… un colpo di pistola.

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