La
campagna che si estende attorno al centro di Mirabello non presenta, a
chi la osservi con occhio distratto, caratteristiche salienti di
particolare interesse che la differenzino sostanzialmente dalle terre
circostanti della Pianura Padana. Si direbbe che questo paesaggio si
sia sempre presentato, fin dai tempi più remoti, così come appare
oggi: un ordinato succedersi di poderi e coltivazioni; una rete di
strade fiancheggiate da canali e da scoli che l'uomo controlla e cura
al proprio servizio; case isolate, borgate e paesi tranquilli ora in
continuo sviluppo.
Invece, studiando un poco più a fondo la
storia passata, remota e recente, di questo paese, ci si rende
immediatamente conto di quanto e quali profonde trasformazioni,
determinanti per il modo di vivere e di essere della popolazione,
questo ambiente ha subìto col trascorrere dei secoli.
Le condizioni ambientali del territorio di
Mirabello e vicinanze, nei tempi passati sono state condizionate e
trasformate dallo scorrere disordinato e dal continuo tracimare e
rompere delle acque scendenti dalle Alpi (Po) e dall'Appennino (Reno),
che, ricoprendo queste terre durante le frequenti piene e lasciandole
alternativamente asciutte nei periodi di magra, ne provocarono ora
l'allagamento e l'impaludamento, ora, depositando detriti e torbide,
l'innalzamento, il graduale prosciugamento e il progressivo
ampliamento dell' habitat umano. È inutile, per mancanza di
testimonianze attendibili o verificabili, svolgere un'indagine sui
tempi remotissimi in cui l' intero territorio che si estendeva d'
Aquileia a Ravenna era una vastissima landa valliva coperta e
alternativamente prosciugata dalle acque: sappiamo solo che in epoche
successive durante le quali le terre rimasero scoperte dagli
acquitrini per periodi duraturi, la zona vide il fiorire di diverse
civiltà di cui rimangono pochissime tracce o leggende (es. la
leggenda della città di Ansalaregina). Nel corso dei secoli intanto,
nelle località meglio favorite dalle condizioni naturali, la vita si
affermava e si evolveva rapidamente e la storia segnava,
coll'affermarsi delle autorità centrali, un nuovo capitolo.
La Chiesa (legazioni di Bologna e
Ravenna), l'Impero (attraverso Milano e Comacchio), gli Estensi di
Ferrara, la Repubblica di Venezia, il Duca di Modena, cominciarono a
contendersi il controllo dei corsi d'acqua, delle vie interne di
navigazione, dei territori, delle valli pescherecce e di tutto quanto
poteva avere valore economico e strategico. Iniziano da questo momento
le testimonianze più attendibili sul territorio.(Mirabello:
il territorio, l'uomo - premessa)
La Contessa Matilde di Canossa e i
Monaci di Nonantola (sec. XI-XII) estesero la loro autorità
amministrativa fino alla nostra zona, con una azione che, per quei
tempi, potremmo definire "illuminata". Con la politica delle
"partecipanze" risvegliarono nei pochi residenti l'interesse
per la loro terra, li stimolarono ad una attività di bonifica,
guidandoli con un certo successo nel tentativo di riscatto dei terreni
paludosi ad un'economia agricola produttiva. A questo proposito
ricordiamo che una tradizione riporta l'origine del nome di Mirabello
alla famosa contessa Matilde, la quale avrebbe esclamato "mira
quanto è bello" osservando un maestoso filare di pioppi, che si
dilungava in linea retta verso Casumaro. Ma è fin troppo chiaro, per
molte ragioni, che questo racconto ha tutti i caratteri di quelle
innumerevoli fioriture di leggende, che nel corso dei secoli
idealizzano i grandi avvenimenti ed i personaggi insigni. Negli anni
fra il due e il trecento la zona compresa, grosso modo, fra Cento,
Bondeno, Ferrara e Poggio Renatico (Mirabello è al centro) doveva
presentarsi come uno sconfinato acquitrino, pressoché ininterrotto,
dal quale, su modesti rialzi del terreno che permettevano comunque
stentate condizioni di vita, sorgevano qua e là "castelli"
e "ville". (Mirabello: il
territorio, l'uomo - Il territorio)
Leggiamo infatti, in una delle più
antiche testimonianze sicure sui territori circostanti Mirabello, le
seguenti parole intorno a due località notissime nella nostra zona,
il Castello e la Torre dell'Uccellino (edificata nel 1242) e la Tor
Verga (1307):
"Il Castello dell'Uccellino è
in prossimità di valli con grande abbondanza d'acqua; è fortificato,
circondato da fossati e da alte mura con una buona torre; detto
Castello dista da Bologna 25 miglia e dalla città di Ferrara 5 miglia
circa. La Tor Verga si trova tra acque e valli, situata in un luogo di
passaggio, attraverso il quale molti vanno alla città di Ferrara e ad
altre località che sono oltre il Po con merci per conto proprio od
altrui; detta torre non è molto possente a causa della posizione, ma
può resistere tuttavia ad un assalto non troppo impetuoso: in essa
risiede un custode, che percepisce 6 fiorini e mezzo dalla Camera".
(Dal Codice diplomatico dei domini temporali
della Santa Sede, Roma. Descrizione della città di Bologna e della
sua Contea fatta dal 1371) ("Per la storia di Mirabello" -
Ottobre 1907)
L'importanza strategica ed
economica di questa zona, come via più breve di passaggio e
smistamento dei traffici e l'esigenza di possedere il controllo delle
acque, spinsero gli interessati a dare inizio a opere di
canalizzazione, prima in mezzo alle Valli, poi incanalando il Reno,
sia pure fra malsicuri argini pensili quasi rettilinei, che da S.
Agostino toccavano Mirabello e si spingevano fino al Po nei pressi
della Salvatonica (1526).
Nel 1452 il Reno ruppe, tanto che
Casumaro e Finale rimasero sommerse. Nel 1497 venne incanalato nel
Panaro; ma, non diminuendo i pericoli ed i guai, nel 1522 Alfonso I
duca di Ferrara ed i bolognesi si accordarono per immettere il Reno
nel Po di Primaro. Questo avvenne 4 anni dopo, appunto nel 1526, alla
bocca o rotta di donna Silvia, ora Porotto: ma il guaio fu ancora
maggiore perché il Po di Ferrara, canalizzato al servizio della città,
aveva modesta portata d'acqua e pendenza poco meno che trascurabile. (Mirabello:
il territorio, l'uomo - Il territorio)
Nel XVII secolo si moltiplicano gli
studi di idraulica e sempre più numerose appaiono le relative carte
topografiche, tracciate dagli esperti per ricercare come risolvere nei
migliore dei modi il problema del Reno che, con le sue piene rompeva
ripetutamente quei fragili argini (costruiti solo col materiale
disponibile sul luogo: tronchi, fascine e terra). Nel 1604, come un
compromesso che avrebbe dovuto essere provvisorio (e la cui durata non
fu poi rispettata) Ferrara ottenne che le acque del Reno fossero
dirottate dal Po poco a nord di Mirabello e immesse nella Sanmartina.
Sotto il controllo della Assunteria delle acque di Bologna, ma in
continuo conflitto di competenze, tale sistemazione rimase
sostanzialmente invariata fino a quando, poco prima della metà del
sec. XVIII non si riuscì più a far fronte a tre ampie rotte
successive (Bisacca del 1731, che dirottò il Reno a nord di
Mirabello; Annegati del 1735 e Panfilia del 1752); abbandonato quasi
completamente a se stesso il fiume, per forza propria o immettendosi
in canali tracciati precedentemente dall'uomo e ora raccordati tra
loro, indirizzò il suo corso verso est, sempre più a sud, fino a
raggiungere l'alveo abbandonato del Po di Primaro e trovare finalmente
tregua nel letto attuale. Si può affermare che dalla canalizzazione
del Reno in Po di Ferrara (ca. 1530) che rappresenta il primo serio
tentativo di sistemazione del fiume, fino al 1752 e oltre, la storia
delle condizioni ambientali del territorio di Mirabello e dintorni sia
caratterizzata dalle successioni delle varie rotte. (Mirabello:
il territorio, l'uomo - Le rotte del Reno e il corso attuale)
Ricordiamo infatti che nel 1600 il Reno
aveva già il suo fondo proprio sull'attuale nostra strada statale
Cento-Ferrara (Corso Italia), tuttora fiancheggiata da argini (Argine
Vecchio e Argine Postale). Anzi nel nostro paese esisteva un
"passo" da dove veniva guadato il fiume: all'inizio del
secolo era ancora testimoniato da una barchetta di ferro appesa agli
embrici di una casa in Via Giovecca e una tradizione paesana ricorda
che questa veniva chiamata "la casa del passatore". (Cenni
intorno a Mirabello - 1911)
Primi
documenti su Mirabello
Nelle
poche terre "alte" della zona attorno a Mirabello, che,
attraverso inondazioni, alluvioni e rigurgiti dei fiumi, erano rimaste
emerse e pressoché indenni dalle loro conseguenze, l'uomo si era da
tempo insediato e, spinto dal bisogno, era venuto sviluppando un'
economia, quasi unicamente agricola, che col tempo lo porterà a
costruire cascine, gruppi di case, borgate e paesi. Tra le località
abitate che in seguito raggiunsero una certa importanza, anche
amministrativa e religiosa, spiccano fin dal remoto medioevo Cento,
Bondeno, S.Agostino, Poggio Renatico, Malalbergo, cittadine che ancora
oggi, a distanza di secoli, possono essere considerate i più
importanti centri del territorio. Ma il loro sviluppo fu faticoso e
lento: l'intero comune di S.Agostino (oggi a 8 Km. circa da Mirabello)
nel 1507 non contava che 36 case e al massimo trecento
"anime". (Mirabello: il territorio,
l'uomo - Popolamento)
A questo periodo, precisamente al 1509,
risale il primo documento a nostra conoscenza che rechi in maniera
esplicita il nome di MIRABELLO. Il dott. Cavicchi parla di una
lettera (Archivio di Stato di Bologna) che il Cardinale Papiense,
Legato di Bologna, indirizza il 4 gennaio 1509 alla bolognese Dorotea
che chiedeva il permesso per costruire un piccolo
"laboratorio" presso il Canale Naviglio: "...letta
la tua domanda e ritenute giuste le tue ragioni e considerazioni: a te
un edificio per lavorare il ferro... i cereali e i legumi e qualsiasi
altra cosa a te più gradita... fintanto che non esista la molitura
del frumento in citato luogo volgarmente chiamato MIRABELLO..."
Il Cardinale autorizza anche a sfruttare le acque del Reno e a
costruire una piccola "chiusa": "...di prendere
l'acqua necessaria per l'uso del suddetto edificio e dei lavori dal
fiume Reno e di condurla liberamente in perpetuo per te, i tuoi eredi
e successori..." ed aggiunge di fare attenzione che la chiusa
non provochi impedimento "...cosicché le navi dalla città di
Bologna possono venire senza impedimento e da quella possono ritornare
alla città di Ferrara".
Ricordiamo che a quei tempi era
difficile, se non impossibile, trovare il nome di Mirabello in quanto
la zona era spesso denominata S.Agostino di Sotto o S.Agostino delle
"Paludi" a causa delle proibitive condizioni di vita. Quando
però le acqua cominciarono a ritirarsi e il graduale elevarsi del
terreno portò al prosciugamento di sempre nuovi appezzamenti, gli
abitanti delle borgate vicine cominciarono ad affluire verso la nostra
zona investendo fatica, impegno e lavoro.
Da un punto di vista
amministrativo, all'inizio del medioevo, anche la nostra zona
dipendeva da abbazie e conventi, che solevano affidare le terra da
bonificare in "enfiteusi" (cessione al lunga scadenza di
terre incolte con l'impegno che venissero bonificate) a famiglie
signorili, le quali si tramandavano tali assegnazioni da padre in
figlio, ma vivevano nelle città e, generalmente, si disinteressavano
di quei beni, scarsamente produttivi (latifondo) o li concedevano a
loro volta in locazione a famiglie contadine del luogo.
Sulle mappe troviamo segnati di
preferenza i nomi dei "casati" nobiliari: i Sampietri e i
Pratesi i Ghiselleri ma soprattutto, importanti per la storia di
Mirabello, i Ruini, i Prosperi (originari della Toscana), i Malvezzi e
gli Aldrovandi(bolognesi).(Mirabello: il
territorio, l'uomo - Popolamento)
Non è questa la sede, ovviamente, per analizzare in modo preciso come
è stato fatto nella ricerca di Bione-Rinaldi, le imprese signorili
che hanno operato a Mirabello fino al 1780 circa. Mi sembra utile però
riportare almeno brevi informazioni su queste famiglie in quanto i
loro nomi sono indissolubilmente legati alla nostra storia.
Tra i tanti casati che imposero
l'autorità sulla nostra zona, quello il cui nome ricorre più spesso
nei documenti è senza dubbio quello dei MALVEZZI. Tennero
vaste proprietà nella nostra zona, a San Carlo e soprattutto nello
"spron", località che ha lasciato a lungo perplessi gli
studiosi sulla sua esatta collocazione (Mirabello non era ancora
diviso dal Reno) e sulla sua ampiezza, anche perché citata con
denominazioni diverse . Dopo scrupolosi studi si è appurato che lo
"Spron Malvezzi" comprendeva le terre vallive attorno alla
Torre Verga, a monte di via degli Scotti (zona di Vigarano) e lungo il
Layno (Riolo), a cavallo della Via Giovecca e a sud dell'argine del
Castagno (strada per Casumaro) fino, probabilmente alla Torre dei
Chiarelli e oltre: la zona era vastissima. Col tempo i Malvezzi
cominciarono a vendere, rivolgendo ad altro i propri interessi, ma la
loro "impresa" segnò certo il primo e più notevole
intervento della nobiltà cittadina nelle nostre campagne e il loro
nome rimase a lungo (e rimane ancora) tra quelli ricordati come
proprietari di beni nella nostra zona. Il "Casino Malvezzi"
residenza signorile costruito intorno alla metà del '700, è stato
sede fino a pochi anni fa dell'Amministrazione delle Bonifiche
Ferraresi.
Il problema del Reno frattanto si
andava risolvendo con la costruzione, come abbiamo visto, di due
lunghi argini che da S. Agostino, passando sulla destra dell' abitato
di Mirabello (che già andava delineandosi), portavano le acque al Po
di Ferrara. Pur rimanendo Mirabello sulla sinistra del fiume (vedi poi
la nascita della prima Chiesa), un' altra proprietà da ricordare è
quella dei RUINI, sulla sponda destra, soprattutto perché le
loro terre furono in seguito acquistate dal Cardinal Pompeo
Aldrovandi. Centonovanta tornature nei comuni di S.Agostino e di
Galliera furono comprati nel 1612 da Monsignor Lelio Ruini ma la
sfortuna e diverse vicende economico-giudiziarie portarono la famiglia
e i loro beni completamente in rovina. Alla soluzione delle loro
controversie aveva contribuito, dietro le quinte, la
"diplomazia" del Card. Aldrovandi, che di quei beni, con
astute manovre, si era già assicurato la proprietà.
Intanto sulla sinistra del Reno
si stava sviluppando una vera e propria economia agraria, per quei
tempi razionalmente condotta ed economicamente attiva. Accanto ai beni
sempre presenti dei Malvezzi, di quelli dei Ghiselleri, degli Ariosti
e di altri proprietari, un particolare interesse presentano i
documenti che si riferiscono i PROSPERI anche perché
riguardano il centro stesso di Mirabello. Prospero de Ser Conforti
originario di Lucca, si trasferì a Ferrara al servizio degli Estensi,
coll'ufficio di Segretario del Duca. La famiglia affermatasi alla
Corte, assunto il cognome "Prosperi" e arricchitasi, pensò
di investire i guadagni in una proprietà agraria. Stiamo parlando non
più e solo delle terre che circondano Mirabello, ma del suo stesso
abitato. I Conti Prosperi dovettero essere soddisfatti della loro
proprietà e si ambientarono bene tra la popolazione del nostro paese,
dove costruirono un notevole palazzo (ora inesorabilmente in rovina)
ed eressero la Chiesetta di San Bartolomeo, allora suffraganea di
quella di S.Agostino, legando anche il loro nome ad una via, che in
seguito la toponomastica ha erroneamente confuso con un'altra. I loro
beni costituirono di fatto il centro stesso di Mirabello, nell'
"isola" determinata dallo sdoppiarsi dell'argine sinistro
proprio all'altezza del "traghetto" sul Reno, unico punto di
passaggio tra le due rive. Nonostante la diversione che dirottò
definitivamente il Reno più a nord, la situazione attuale non è
sostanzialmente mutata da allora: l'arteria principale di Mirabello
segue oggi l'antico greto del fiume (da qui l'antica espressione "andear
in Ren"), e l'antico abitato dei Prosperi, dentro l'argine,
corrisponde, quasi esattamente, al vecchio centro cittadino. Quando i
conti Prosperi abbiano lasciato Mirabello e perché richiederà altri
studi, ma è nei loro beni che sono succedute le genti attuali, i
"mirabellesi", che abitano e posseggono le case, che
affollano le strade e i bar, che lavorano e godono i frutti delle
proprie fatiche e di quelle, secolari, dei loro predecessori.
La famiglia ALDROVANDI è
di origine antica e non è nostro compito ricercare quando siano
iniziate le sue fortune: a noi basta ricordare che attraverso
matrimoni (e relative doti), successioni, acquisti ed enfiteusi
possedeva terre un po' ovunque nella Legazione: a Piumazzo (molini), a
Decima di Persiceto, a Castel de' Brutti, a Monteveglio e in tante
altre località, oltre, naturalmente a numerose case a Bologna, tutte
più o meno nella zona di S. Maria maggiore in (via) Galliera, e...
un' "osteria", assai redditizia, nel porto del Canale
Naviglio (Il canale Naviglio da Bologna, attraverso Malalbergo, si
riallacciava a Ferrara). Ma è sulla destra del Reno che possiamo
seguire la più audace, interessante, la più "moderna"
"impresa signorile", che rappresentò nel sec. XVIII una
vera pagina di storia politica, tecnica ed economica; una vicenda che
indusse ad intervenire, sollecitati dai privati, persino il Pontefice
e l'Imperatore, otre che i governi degli stati interessati. Si tratta
del tentativo, condotto con straordinario impegno, spese e rischio
della famiglia dei Conti Aldrovandi per crearsi, sulla destra del Reno
all'altezza di Mirabello, un vero e proprio "feudo" riunendo
una vasta possessione in una zona in gran parte guasta e ancora
valliva, asciugando e bonificando le terre sommerse o improduttive
fino a costruire un'ampia tenuta autosufficiente e capace di
assicurare al casato sicuri e notevoli profitti con fornaci, molini,
fabbri, falegnami, negozi di alimentari, peschiere, risaie ed ogni
sorta di iniziativa "industrializzata". Alla testa di questa
grandiosa impresa c'era il Cardinal Pompeo Aldrovandi (1668 - 1752)
che fu persino in "odore" di Papato e per quaranta giorni
contese la tiara ad un'altro bolognese, il Cardinale Lambertini, poi
Papa Benedetto XIV. Divenuto Vescovo di Novadelfia ebbe altri
incarichi, ma preferì rivolgere il proprio maggior impegno alle sue
terre di Mirabello, aiutato e seguito fedelmente e ciecamente dal
fratellastro Filippo (1660 - 1748), senatore ed ambasciatore. Una
delle sue "battaglie" più grandi fu la realizzazione della
"famosa" chiavica sul Reno per controllare, domare e
utilizzare convenientemente le sue acque e regolare le sue torbide che
dovevano "alzare" quelle terre fertili. Tra progetti
ambiziosi, riflessioni sulle spese sempre eccedenti i preventivi,
modifiche e rinunce, la chiavica viene a poco a poco definendosi e
realizzandosi; le opposizioni furono molteplici ma non riuscirono a
fermare la frenetica volontà dell'Aldrovandi che, mentre i lavori
sono ancora da ultimare, già pensa come sfruttare la forza delle
acque del Reno, che è convinto ormai di poter dominare. Accanto a
tale impresa gli Aldrovandi non avevano però trascurato altre due
iniziative che dovevano assicurare alla famiglia prestigio sociale e
materiale benessere: la costruzione di due palazzi, ospitali e simboli
di magnificenza; uno, il principale, a Bologna; l'altro sulla tenuta
di Mirabello. Del Palazzo di Bologna ("Palazzo Montanari"),
sorto in via Galliera non è qui il caso di parlare, se non per
ricordare che i laterizi utilizzati per la costruzione vennero tutti,
o quasi, prodotti nelle fornaci di Mirabello e trasportati a Bologna
lungo il Naviglio. Il Palazzo di Mirabello (ora Soncini Sessa) fu
costruito in più riprese con una procedura che si potrebbe definire
"in economia", su disegno dell'Angelini. L'economia (i
lavori erano condizionati dalle momentanee disponibilità di denaro e
di mano d'opera), non escluse però la ricerca di una signorilità e
di un decoro che non trascuravano i particolari: lo scalone fu fatto
disegnare dall'architetto del palazzo di Bologna, Alfonso Torreggiani
(1682 - 1764), l'orologio e la campana furono richiesti ad artigiani
specializzati di Venezia e Ravenna e ad uno specialista fu affidata la
pittura dell'arme del casato, che avrebbe dovuto essere scolpita (come
poi fu) nel sasso, ma che non trovava una collocazione idonea nello
stretto architrave d'ingresso.
È il momento di massima attività
e di massimo splendore per il casato. Nuove terre vengono da loro
messe a razionale coltura; vengono fatte nuove piantagioni di frutteti
e di siepi; vecchie case vengono restaurate: una buona parte del sogno
"utopistico" del Cardinale si è già concretamente
realizzata. Ma la bonifica procede a rilento; la chiavica non può, da
sola, assicurare un adeguato flusso di torbide e le nuove paurose
rotte del Reno (Bisacca, Annegati e Panfilia) allagando tutti i
terreni della zona con escrescenze naturali, compiranno sì
quell'innalzamento a lungo ricercato lasciando terreni fertili e
asciutti ma lasciarono anche, sul momento (specialmente dopo la rotta
Annegati - 1735), uno spettacolo desolante. Terreni appena riscattati
e messi a coltura e le piantagioni devastati dalla piena; il palazzo,
malamente protetto da arginelli e posto in luogo poco alto, circondato
e minacciato dalle acque; il molino ormai inattivo; la chiavica
irrimediabilmente inutilizzabile. Ma l'uomo non era tipo da
scoraggiarsi: tra le sue precedenti iniziative c'era quella delle
risaie; la vista di tant'acqua gli suggerì di potenziarle al massimo.
Nel 1752, però, il Cardinale
Pompeo, ottantaquattrenne, moriva; nel 1748 era morto il Conte
Filippo. Gli Aldrovandi possedevano ancora in vari paesi infinite
risorse, ma la figura dell'erede, Il Conte Raniero, appare spenta nei
confronti di quella dello zio, al cui nome unicamente resta legato il
ricordo, positivo se pur criticabile, dell' "impresa Aldrovandi
di Mirabello". (Mirabello: il
territorio, l'uomo - Popolamento - Le Imprese Signorili)
Siamo giunti ormai a fine 1700 e
mi sembra giusto inserire qui un'altra testimonianza su Mirabello,
ritrovata dal dott. Cavicchi. Si tratta di una breve descrizione del
nostro paese tratta dal libro del Calindri "Descrizione ovvero
prospetto generale della pianura bolognese" (Bologna
1785). Parlando di S.Agostino, nella
trattazione comprende anche Mirabello e così scrive: "oltre
la terra di S.Agostino, detto già S.Agostino delle Paludi, abitato da
circa 45 famiglie, evvi il borghetto di Mirabello, rinomato per la
fiera di San Bartolomeo che suol essere abbondante di bestiame e di
contratti, abitato da 6 famiglie ed il borghetto di San Carlo con
osteria e posta di cavalli, abitato da 13 famiglie. Il diritto di
collazione di S.Bartolomeo di Mirabello è della famiglia Prosperi ed
in questo borghetto vi è un'osteria privilegiata, macello, salara e
bottegaio di merci, ed è la Chiesa fornita di buone suppellettili,
argenteria ed organo e passa per uno de' migliori di questa parte di
diocesi della pianura bolognese. Son quivi da vedersi le padronali
abitazioni delli palazzi delle Famiglie Aldrovandi, Monti, Prosperi,
Orsati". (Per la storia di Mirabello
- 1907)
Oggi Mirabello si trova in
provincia di Ferrara ma la Parrocchia fa parte della Diocesi di
Bologna. E una caratteristica infatti che il nostro paese ebbe nei
diversi secoli è proprio quella che si trovò costantemente sulla
linea di confine prima del Ducato Estense col territorio bolognese poi
della Legazione di Bologna con quella di Ferrara, rimanendo però
sempre incorporato con Bologna fino al periodo napoleonico. Dopo
lunghi e meticolosi studi il dott. Cavicchi trasse queste conclusioni
circa il territorio di Mirabello:
-
Dai tempi antichi
fino alla Rivoluzione Francese, Mirabello fece parte del
territorio bolognese ed ebbe dipendenza amministrativa ed
ecclesiastica da S.Agostino.
-
Mirabello non seguì
mai le sorti di Cento e Pieve.
-
Dal 1797 a tutto il
1816, Mirabello fu compreso nel dipartimento del Basso Po; mentre
S.Agostino entrò nel dipartimento del Reno. Perciò, durante
questo periodo di tempo, Mirabello era considerato come territorio
ferrarese.
-
Dal 1797 al 1805
Mirabello fu unito al Comune di Burana.
-
Dal 1805 al 1816
Mirabello fu unito al Comune di Poggio Renatico.
-
Dal 1816 al 1859
Mirabello tornò a essere unito al Comune di S.Agostino ma facendo
parte della Legazione di Bologna.
-
Dal 1859 ai
nostri giorni (ovvero al 1907, data degli studi di Cavicchi),
Mirabello è rimasto col Comune di S.Agostino, ma è compreso nel
territorio di Ferrara. (Per
la storia di Mirabello - 1907)
Naturalmente non è compito mio, ma degli studiosi, commentare o
discutere queste interessanti informazioni.
Siamo giunti ormai in
un'epoca in cui la stampa si sta diffondendo, anche in giornaletti
locali o manifesti murali, che ci permettono di seguire alcune vicende
del paese. Anche la fotografia ci permette da questo momento di
documentare una storia che è ormai "storia dei nostri
nonni"; una storia per molti aspetti tuttora attuale.
Mirabello è Comune
autonomo dal 1 agosto 1959, con decreto del Presidente della
Repubblica Giovanni Gronchi e conta oggi circa 3500 abitanti.
Davide
Casari
Ho utilizzato, oltre
a piccole ricerche personali, questo materiale:
-
"Mirabello. Il
territorio - L'uomo". Ricerca storica e cartografica a cura
di Franco Rinaldi e Carlo Bione. La ricerca venne presentata
presso il Comune di Mirabello nel 1980 come guida alla lettura
della relativa mostra. La documentazione fotografica è di Ermanno
Carletti.
-
"Cenni intorno
a Mirabello" del dott. Filippo Cavicchi. Vennero presentati
la prima volta sul "numero unico" dell'Inaugurazione del
Campanile di Mirabello (ottobre 1905) e ripubblicati, con qualche
correzione, sul Bollettino della Diocesi di Bologna nel settembre
del 1911 dal quale si trasse un volumetto.
-
"Per la storia
di Mirabello" del dott. Filippo Cavicchi. Si tratta di un
quaderno scritto a mano e datato 17 ottobre 1907, Imola. Dovrebbe
essere inedito. Le interessanti informazioni che riporta qui il
Cavicchi non vennero stampate, forse perché molto
"tecniche", nel volumetto successivo del 1911 (vedi
sopra).
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