Un po' di storia...

 

Indietro

     La campagna che si estende attorno al centro di Mirabello non presenta, a chi la osservi con occhio distratto, caratteristiche salienti di particolare interesse che la differenzino sostanzialmente dalle terre circostanti della Pianura Padana. Si direbbe che questo paesaggio si sia sempre presentato, fin dai tempi più remoti, così come appare oggi: un ordinato succedersi di poderi e coltivazioni; una rete di strade fiancheggiate da canali e da scoli che l'uomo controlla e cura al proprio servizio; case isolate, borgate e paesi tranquilli ora in continuo sviluppo.
     Invece, studiando un poco più a fondo la storia passata, remota e recente, di questo paese, ci si rende immediatamente conto di quanto e quali profonde trasformazioni, determinanti per il modo di vivere e di essere della popolazione, questo ambiente ha subìto col trascorrere dei secoli.
     Le condizioni ambientali del territorio di Mirabello e vicinanze, nei tempi passati sono state condizionate e trasformate dallo scorrere disordinato e dal continuo tracimare e rompere delle acque scendenti dalle Alpi (Po) e dall'Appennino (Reno), che, ricoprendo queste terre durante le frequenti piene e lasciandole alternativamente asciutte nei periodi di magra, ne provocarono ora l'allagamento e l'impaludamento, ora, depositando detriti e torbide, l'innalzamento, il graduale prosciugamento e il progressivo ampliamento dell' habitat umano. È inutile, per mancanza di testimonianze attendibili o verificabili, svolgere un'indagine sui tempi remotissimi in cui l' intero territorio che si estendeva d' Aquileia a Ravenna era una vastissima landa valliva coperta e alternativamente prosciugata dalle acque: sappiamo solo che in epoche successive durante le quali le terre rimasero scoperte dagli acquitrini per periodi duraturi, la zona vide il fiorire di diverse civiltà di cui rimangono pochissime tracce o leggende (es. la leggenda della città di Ansalaregina). Nel corso dei secoli intanto, nelle località meglio favorite dalle condizioni naturali, la vita si affermava e si evolveva rapidamente e la storia segnava, coll'affermarsi delle autorità centrali, un nuovo capitolo.
      La Chiesa (legazioni di Bologna e Ravenna), l'Impero (attraverso Milano e Comacchio), gli Estensi di Ferrara, la Repubblica di Venezia, il Duca di Modena, cominciarono a contendersi il controllo dei corsi d'acqua, delle vie interne di navigazione, dei territori, delle valli pescherecce e di tutto quanto poteva avere valore economico e strategico. Iniziano da questo momento le testimonianze più attendibili sul territorio.
(Mirabello: il territorio, l'uomo - premessa)
      La Contessa Matilde di Canossa e i Monaci di Nonantola (sec. XI-XII) estesero la loro autorità amministrativa fino alla nostra zona, con una azione che, per quei tempi, potremmo definire "illuminata". Con la politica delle "partecipanze" risvegliarono nei pochi residenti l'interesse per la loro terra, li stimolarono ad una attività di bonifica, guidandoli con un certo successo nel tentativo di riscatto dei terreni paludosi ad un'economia agricola produttiva. A questo proposito ricordiamo che una tradizione riporta l'origine del nome di Mirabello alla famosa contessa Matilde, la quale avrebbe esclamato "mira quanto è bello" osservando un maestoso filare di pioppi, che si dilungava in linea retta verso Casumaro. Ma è fin troppo chiaro, per molte ragioni, che questo racconto ha tutti i caratteri di quelle innumerevoli fioriture di leggende, che nel corso dei secoli idealizzano i grandi avvenimenti ed i personaggi insigni. Negli anni fra il due e il trecento la zona compresa, grosso modo, fra Cento, Bondeno, Ferrara e Poggio Renatico (Mirabello è al centro) doveva presentarsi come uno sconfinato acquitrino, pressoché ininterrotto, dal quale, su modesti rialzi del terreno che permettevano comunque stentate condizioni di vita, sorgevano qua e là "castelli" e "ville".
(Mirabello: il territorio, l'uomo - Il territorio)
      Leggiamo infatti, in una delle più antiche testimonianze sicure sui territori circostanti Mirabello, le seguenti parole intorno a due località notissime nella nostra zona, il Castello e la Torre dell'Uccellino (edificata nel 1242) e la Tor Verga (1307):
      "Il Castello dell'Uccellino è in prossimità di valli con grande abbondanza d'acqua; è fortificato, circondato da fossati e da alte mura con una buona torre; detto Castello dista da Bologna 25 miglia e dalla città di Ferrara 5 miglia circa. La Tor Verga si trova tra acque e valli, situata in un luogo di passaggio, attraverso il quale molti vanno alla città di Ferrara e ad altre località che sono oltre il Po con merci per conto proprio od altrui; detta torre non è molto possente a causa della posizione, ma può resistere tuttavia ad un assalto non troppo impetuoso: in essa risiede un custode, che percepisce 6 fiorini e mezzo dalla Camera".
(Dal Codice diplomatico dei domini temporali della Santa Sede, Roma. Descrizione della città di Bologna e della sua Contea fatta dal 1371) ("Per la storia di Mirabello" - Ottobre 1907)
       L'importanza strategica ed economica di questa zona, come via più breve di passaggio e smistamento dei traffici e l'esigenza di possedere il controllo delle acque, spinsero gli interessati a dare inizio a opere di canalizzazione, prima in mezzo alle Valli, poi incanalando il Reno, sia pure fra malsicuri argini pensili quasi rettilinei, che da S. Agostino toccavano Mirabello e si spingevano fino al Po nei pressi della Salvatonica (1526).
      Nel 1452 il Reno ruppe, tanto che Casumaro e Finale rimasero sommerse. Nel 1497 venne incanalato nel Panaro; ma, non diminuendo i pericoli ed i guai, nel 1522 Alfonso I duca di Ferrara ed i bolognesi si accordarono per immettere il Reno nel Po di Primaro. Questo avvenne 4 anni dopo, appunto nel 1526, alla bocca o rotta di donna Silvia, ora Porotto: ma il guaio fu ancora maggiore perché il Po di Ferrara, canalizzato al servizio della città, aveva modesta portata d'acqua e pendenza poco meno che trascurabile.
(Mirabello: il territorio, l'uomo - Il territorio)
      Nel XVII secolo si moltiplicano gli studi di idraulica e sempre più numerose appaiono le relative carte topografiche, tracciate dagli esperti per ricercare come risolvere nei migliore dei modi il problema del Reno che, con le sue piene rompeva ripetutamente quei fragili argini (costruiti solo col materiale disponibile sul luogo: tronchi, fascine e terra). Nel 1604, come un compromesso che avrebbe dovuto essere provvisorio (e la cui durata non fu poi rispettata) Ferrara ottenne che le acque del Reno fossero dirottate dal Po poco a nord di Mirabello e immesse nella Sanmartina. Sotto il controllo della Assunteria delle acque di Bologna, ma in continuo conflitto di competenze, tale sistemazione rimase sostanzialmente invariata fino a quando, poco prima della metà del sec. XVIII non si riuscì più a far fronte a tre ampie rotte successive (Bisacca del 1731, che dirottò il Reno a nord di Mirabello; Annegati del 1735 e Panfilia del 1752); abbandonato quasi completamente a se stesso il fiume, per forza propria o immettendosi in canali tracciati precedentemente dall'uomo e ora raccordati tra loro, indirizzò il suo corso verso est, sempre più a sud, fino a raggiungere l'alveo abbandonato del Po di Primaro e trovare finalmente tregua nel letto attuale. Si può affermare che dalla canalizzazione del Reno in Po di Ferrara (ca. 1530) che rappresenta il primo serio tentativo di sistemazione del fiume, fino al 1752 e oltre, la storia delle condizioni ambientali del territorio di Mirabello e dintorni sia caratterizzata dalle successioni delle varie rotte.
(Mirabello: il territorio, l'uomo - Le rotte del Reno e il corso attuale)
      Ricordiamo infatti che nel 1600 il Reno aveva già il suo fondo proprio sull'attuale nostra strada statale Cento-Ferrara (Corso Italia), tuttora fiancheggiata da argini (Argine Vecchio e Argine Postale). Anzi nel nostro paese esisteva un "passo" da dove veniva guadato il fiume: all'inizio del secolo era ancora testimoniato da una barchetta di ferro appesa agli embrici di una casa in Via Giovecca e una tradizione paesana ricorda che questa veniva chiamata "la casa del passatore".
(Cenni intorno a Mirabello - 1911)

Primi documenti su Mirabello

    Nelle poche terre "alte" della zona attorno a Mirabello, che, attraverso inondazioni, alluvioni e rigurgiti dei fiumi, erano rimaste emerse e pressoché indenni dalle loro conseguenze, l'uomo si era da tempo insediato e, spinto dal bisogno, era venuto sviluppando un' economia, quasi unicamente agricola, che col tempo lo porterà a costruire cascine, gruppi di case, borgate e paesi. Tra le località abitate che in seguito raggiunsero una certa importanza, anche amministrativa e religiosa, spiccano fin dal remoto medioevo Cento, Bondeno, S.Agostino, Poggio Renatico, Malalbergo, cittadine che ancora oggi, a distanza di secoli, possono essere considerate i più importanti centri del territorio. Ma il loro sviluppo fu faticoso e lento: l'intero comune di S.Agostino (oggi a 8 Km. circa da Mirabello) nel 1507 non contava che 36 case e al massimo trecento "anime". (Mirabello: il territorio, l'uomo - Popolamento)
      A questo periodo, precisamente al 1509, risale il primo documento a nostra conoscenza che rechi in maniera esplicita il nome di MIRABELLO. Il dott. Cavicchi parla di una lettera (Archivio di Stato di Bologna) che il Cardinale Papiense, Legato di Bologna, indirizza il 4 gennaio 1509 alla bolognese Dorotea che chiedeva il permesso per costruire un piccolo "laboratorio" presso il Canale Naviglio: "...letta la tua domanda e ritenute giuste le tue ragioni e considerazioni: a te un edificio per lavorare il ferro... i cereali e i legumi e qualsiasi altra cosa a te più gradita... fintanto che non esista la molitura del frumento in citato luogo volgarmente chiamato MIRABELLO..." Il Cardinale autorizza anche a sfruttare le acque del Reno e a costruire una piccola "chiusa": "...di prendere l'acqua necessaria per l'uso del suddetto edificio e dei lavori dal fiume Reno e di condurla liberamente in perpetuo per te, i tuoi eredi e successori..." ed aggiunge di fare attenzione che la chiusa non provochi impedimento "...cosicché le navi dalla città di Bologna possono venire senza impedimento e da quella possono ritornare alla città di Ferrara".
      Ricordiamo che a quei tempi era difficile, se non impossibile, trovare il nome di Mirabello in quanto la zona era spesso denominata S.Agostino di Sotto o S.Agostino delle "Paludi" a causa delle proibitive condizioni di vita. Quando però le acqua cominciarono a ritirarsi e il graduale elevarsi del terreno portò al prosciugamento di sempre nuovi appezzamenti, gli abitanti delle borgate vicine cominciarono ad affluire verso la nostra zona investendo fatica, impegno e lavoro.
       Da un punto di vista amministrativo, all'inizio del medioevo, anche la nostra zona dipendeva da abbazie e conventi, che solevano affidare le terra da bonificare in "enfiteusi" (cessione al lunga scadenza di terre incolte con l'impegno che venissero bonificate) a famiglie signorili, le quali si tramandavano tali assegnazioni da padre in figlio, ma vivevano nelle città e, generalmente, si disinteressavano di quei beni, scarsamente produttivi (latifondo) o li concedevano a loro volta in locazione a famiglie contadine del luogo.
       Sulle mappe troviamo segnati di preferenza i nomi dei "casati" nobiliari: i Sampietri e i Pratesi i Ghiselleri ma soprattutto, importanti per la storia di Mirabello, i Ruini, i Prosperi (originari della Toscana), i Malvezzi e gli Aldrovandi(bolognesi).
(Mirabello: il territorio, l'uomo - Popolamento)
Non è questa la sede, ovviamente, per analizzare in modo preciso come è stato fatto nella ricerca di Bione-Rinaldi, le imprese signorili che hanno operato a Mirabello fino al 1780 circa. Mi sembra utile però riportare almeno brevi informazioni su queste famiglie in quanto i loro nomi sono indissolubilmente legati alla nostra storia.
       Tra i tanti casati che imposero l'autorità sulla nostra zona, quello il cui nome ricorre più spesso nei documenti è senza dubbio quello dei MALVEZZI. Tennero vaste proprietà nella nostra zona, a San Carlo e soprattutto nello "spron", località che ha lasciato a lungo perplessi gli studiosi sulla sua esatta collocazione (Mirabello non era ancora diviso dal Reno) e sulla sua ampiezza, anche perché citata con denominazioni diverse . Dopo scrupolosi studi si è appurato che lo "Spron Malvezzi" comprendeva le terre vallive attorno alla Torre Verga, a monte di via degli Scotti (zona di Vigarano) e lungo il Layno (Riolo), a cavallo della Via Giovecca e a sud dell'argine del Castagno (strada per Casumaro) fino, probabilmente alla Torre dei Chiarelli e oltre: la zona era vastissima. Col tempo i Malvezzi cominciarono a vendere, rivolgendo ad altro i propri interessi, ma la loro "impresa" segnò certo il primo e più notevole intervento della nobiltà cittadina nelle nostre campagne e il loro nome rimase a lungo (e rimane ancora) tra quelli ricordati come proprietari di beni nella nostra zona. Il "Casino Malvezzi" residenza signorile costruito intorno alla metà del '700, è stato sede fino a pochi anni fa dell'Amministrazione delle Bonifiche Ferraresi.
       Il problema del Reno frattanto si andava risolvendo con la costruzione, come abbiamo visto, di due lunghi argini che da S. Agostino, passando sulla destra dell' abitato di Mirabello (che già andava delineandosi), portavano le acque al Po di Ferrara. Pur rimanendo Mirabello sulla sinistra del fiume (vedi poi la nascita della prima Chiesa), un' altra proprietà da ricordare è quella dei RUINI, sulla sponda destra, soprattutto perché le loro terre furono in seguito acquistate dal Cardinal Pompeo Aldrovandi. Centonovanta tornature nei comuni di S.Agostino e di Galliera furono comprati nel 1612 da Monsignor Lelio Ruini ma la sfortuna e diverse vicende economico-giudiziarie portarono la famiglia e i loro beni completamente in rovina. Alla soluzione delle loro controversie aveva contribuito, dietro le quinte, la "diplomazia" del Card. Aldrovandi, che di quei beni, con astute manovre, si era già assicurato la proprietà.
       Intanto sulla sinistra del Reno si stava sviluppando una vera e propria economia agraria, per quei tempi razionalmente condotta ed economicamente attiva. Accanto ai beni sempre presenti dei Malvezzi, di quelli dei Ghiselleri, degli Ariosti e di altri proprietari, un particolare interesse presentano i documenti che si riferiscono i PROSPERI anche perché riguardano il centro stesso di Mirabello. Prospero de Ser Conforti originario di Lucca, si trasferì a Ferrara al servizio degli Estensi, coll'ufficio di Segretario del Duca. La famiglia affermatasi alla Corte, assunto il cognome "Prosperi" e arricchitasi, pensò di investire i guadagni in una proprietà agraria. Stiamo parlando non più e solo delle terre che circondano Mirabello, ma del suo stesso abitato. I Conti Prosperi dovettero essere soddisfatti della loro proprietà e si ambientarono bene tra la popolazione del nostro paese, dove costruirono un notevole palazzo (ora inesorabilmente in rovina) ed eressero la Chiesetta di San Bartolomeo, allora suffraganea di quella di S.Agostino, legando anche il loro nome ad una via, che in seguito la toponomastica ha erroneamente confuso con un'altra. I loro beni costituirono di fatto il centro stesso di Mirabello, nell' "isola" determinata dallo sdoppiarsi dell'argine sinistro proprio all'altezza del "traghetto" sul Reno, unico punto di passaggio tra le due rive. Nonostante la diversione che dirottò definitivamente il Reno più a nord, la situazione attuale non è sostanzialmente mutata da allora: l'arteria principale di Mirabello segue oggi l'antico greto del fiume (da qui l'antica espressione "andear in Ren"), e l'antico abitato dei Prosperi, dentro l'argine, corrisponde, quasi esattamente, al vecchio centro cittadino. Quando i conti Prosperi abbiano lasciato Mirabello e perché richiederà altri studi, ma è nei loro beni che sono succedute le genti attuali, i "mirabellesi", che abitano e posseggono le case, che affollano le strade e i bar, che lavorano e godono i frutti delle proprie fatiche e di quelle, secolari, dei loro predecessori.
       La famiglia ALDROVANDI è di origine antica e non è nostro compito ricercare quando siano iniziate le sue fortune: a noi basta ricordare che attraverso matrimoni (e relative doti), successioni, acquisti ed enfiteusi possedeva terre un po' ovunque nella Legazione: a Piumazzo (molini), a Decima di Persiceto, a Castel de' Brutti, a Monteveglio e in tante altre località, oltre, naturalmente a numerose case a Bologna, tutte più o meno nella zona di S. Maria maggiore in (via) Galliera, e... un' "osteria", assai redditizia, nel porto del Canale Naviglio (Il canale Naviglio da Bologna, attraverso Malalbergo, si riallacciava a Ferrara). Ma è sulla destra del Reno che possiamo seguire la più audace, interessante, la più "moderna" "impresa signorile", che rappresentò nel sec. XVIII una vera pagina di storia politica, tecnica ed economica; una vicenda che indusse ad intervenire, sollecitati dai privati, persino il Pontefice e l'Imperatore, otre che i governi degli stati interessati. Si tratta del tentativo, condotto con straordinario impegno, spese e rischio della famiglia dei Conti Aldrovandi per crearsi, sulla destra del Reno all'altezza di Mirabello, un vero e proprio "feudo" riunendo una vasta possessione in una zona in gran parte guasta e ancora valliva, asciugando e bonificando le terre sommerse o improduttive fino a costruire un'ampia tenuta autosufficiente e capace di assicurare al casato sicuri e notevoli profitti con fornaci, molini, fabbri, falegnami, negozi di alimentari, peschiere, risaie ed ogni sorta di iniziativa "industrializzata". Alla testa di questa grandiosa impresa c'era il Cardinal Pompeo Aldrovandi (1668 - 1752) che fu persino in "odore" di Papato e per quaranta giorni contese la tiara ad un'altro bolognese, il Cardinale Lambertini, poi Papa Benedetto XIV. Divenuto Vescovo di Novadelfia ebbe altri incarichi, ma preferì rivolgere il proprio maggior impegno alle sue terre di Mirabello, aiutato e seguito fedelmente e ciecamente dal fratellastro Filippo (1660 - 1748), senatore ed ambasciatore. Una delle sue "battaglie" più grandi fu la realizzazione della "famosa" chiavica sul Reno per controllare, domare e utilizzare convenientemente le sue acque e regolare le sue torbide che dovevano "alzare" quelle terre fertili. Tra progetti ambiziosi, riflessioni sulle spese sempre eccedenti i preventivi, modifiche e rinunce, la chiavica viene a poco a poco definendosi e realizzandosi; le opposizioni furono molteplici ma non riuscirono a fermare la frenetica volontà dell'Aldrovandi che, mentre i lavori sono ancora da ultimare, già pensa come sfruttare la forza delle acque del Reno, che è convinto ormai di poter dominare. Accanto a tale impresa gli Aldrovandi non avevano però trascurato altre due iniziative che dovevano assicurare alla famiglia prestigio sociale e materiale benessere: la costruzione di due palazzi, ospitali e simboli di magnificenza; uno, il principale, a Bologna; l'altro sulla tenuta di Mirabello. Del Palazzo di Bologna ("Palazzo Montanari"), sorto in via Galliera non è qui il caso di parlare, se non per ricordare che i laterizi utilizzati per la costruzione vennero tutti, o quasi, prodotti nelle fornaci di Mirabello e trasportati a Bologna lungo il Naviglio. Il Palazzo di Mirabello (ora Soncini Sessa) fu costruito in più riprese con una procedura che si potrebbe definire "in economia", su disegno dell'Angelini. L'economia (i lavori erano condizionati dalle momentanee disponibilità di denaro e di mano d'opera), non escluse però la ricerca di una signorilità e di un decoro che non trascuravano i particolari: lo scalone fu fatto disegnare dall'architetto del palazzo di Bologna, Alfonso Torreggiani (1682 - 1764), l'orologio e la campana furono richiesti ad artigiani specializzati di Venezia e Ravenna e ad uno specialista fu affidata la pittura dell'arme del casato, che avrebbe dovuto essere scolpita (come poi fu) nel sasso, ma che non trovava una collocazione idonea nello stretto architrave d'ingresso.
       È il momento di massima attività e di massimo splendore per il casato. Nuove terre vengono da loro messe a razionale coltura; vengono fatte nuove piantagioni di frutteti e di siepi; vecchie case vengono restaurate: una buona parte del sogno "utopistico" del Cardinale si è già concretamente realizzata. Ma la bonifica procede a rilento; la chiavica non può, da sola, assicurare un adeguato flusso di torbide e le nuove paurose rotte del Reno (Bisacca, Annegati e Panfilia) allagando tutti i terreni della zona con escrescenze naturali, compiranno sì quell'innalzamento a lungo ricercato lasciando terreni fertili e asciutti ma lasciarono anche, sul momento (specialmente dopo la rotta Annegati - 1735), uno spettacolo desolante. Terreni appena riscattati e messi a coltura e le piantagioni devastati dalla piena; il palazzo, malamente protetto da arginelli e posto in luogo poco alto, circondato e minacciato dalle acque; il molino ormai inattivo; la chiavica irrimediabilmente inutilizzabile. Ma l'uomo non era tipo da scoraggiarsi: tra le sue precedenti iniziative c'era quella delle risaie; la vista di tant'acqua gli suggerì di potenziarle al massimo.
       Nel 1752, però, il Cardinale Pompeo, ottantaquattrenne, moriva; nel 1748 era morto il Conte Filippo. Gli Aldrovandi possedevano ancora in vari paesi infinite risorse, ma la figura dell'erede, Il Conte Raniero, appare spenta nei confronti di quella dello zio, al cui nome unicamente resta legato il ricordo, positivo se pur criticabile, dell' "impresa Aldrovandi di Mirabello".
(Mirabello: il territorio, l'uomo - Popolamento - Le Imprese Signorili)
       Siamo giunti ormai a fine 1700 e mi sembra giusto inserire qui un'altra testimonianza su Mirabello, ritrovata dal dott. Cavicchi. Si tratta di una breve descrizione del nostro paese tratta dal libro del Calindri "Descrizione ovvero prospetto generale della pianura bolognese"
(Bologna 1785). Parlando di S.Agostino, nella trattazione comprende anche Mirabello e così scrive: "oltre la terra di S.Agostino, detto già S.Agostino delle Paludi, abitato da circa 45 famiglie, evvi il borghetto di Mirabello, rinomato per la fiera di San Bartolomeo che suol essere abbondante di bestiame e di contratti, abitato da 6 famiglie ed il borghetto di San Carlo con osteria e posta di cavalli, abitato da 13 famiglie. Il diritto di collazione di S.Bartolomeo di Mirabello è della famiglia Prosperi ed in questo borghetto vi è un'osteria privilegiata, macello, salara e bottegaio di merci, ed è la Chiesa fornita di buone suppellettili, argenteria ed organo e passa per uno de' migliori di questa parte di diocesi della pianura bolognese. Son quivi da vedersi le padronali abitazioni delli palazzi delle Famiglie Aldrovandi, Monti, Prosperi, Orsati". (Per la storia di Mirabello - 1907)
       Oggi Mirabello si trova in provincia di Ferrara ma la Parrocchia fa parte della Diocesi di Bologna. E una caratteristica infatti che il nostro paese ebbe nei diversi secoli è proprio quella che si trovò costantemente sulla linea di confine prima del Ducato Estense col territorio bolognese poi della Legazione di Bologna con quella di Ferrara, rimanendo però sempre incorporato con Bologna fino al periodo napoleonico. Dopo lunghi e meticolosi studi il dott. Cavicchi trasse queste conclusioni circa il territorio di Mirabello:

  • Dai tempi antichi fino alla Rivoluzione Francese, Mirabello fece parte del territorio bolognese ed ebbe dipendenza amministrativa ed ecclesiastica da S.Agostino.

  • Mirabello non seguì mai le sorti di Cento e Pieve.

  • Dal 1797 a tutto il 1816, Mirabello fu compreso nel dipartimento del Basso Po; mentre S.Agostino entrò nel dipartimento del Reno. Perciò, durante questo periodo di tempo, Mirabello era considerato come territorio ferrarese.

  • Dal 1797 al 1805 Mirabello fu unito al Comune di Burana.

  • Dal 1805 al 1816 Mirabello fu unito al Comune di Poggio Renatico.

  • Dal 1816 al 1859 Mirabello tornò a essere unito al Comune di S.Agostino ma facendo parte della Legazione di Bologna.

  • Dal 1859 ai nostri giorni (ovvero al 1907, data degli studi di Cavicchi), Mirabello è rimasto col Comune di S.Agostino, ma è compreso nel territorio di Ferrara. (Per la storia di Mirabello - 1907)

       Naturalmente non è compito mio, ma degli studiosi, commentare o discutere queste interessanti informazioni.
        Siamo giunti ormai in un'epoca in cui la stampa si sta diffondendo, anche in giornaletti locali o manifesti murali, che ci permettono di seguire alcune vicende del paese. Anche la fotografia ci permette da questo momento di documentare una storia che è ormai "storia dei nostri nonni"; una storia per molti aspetti tuttora attuale.
        Mirabello è Comune autonomo dal 1 agosto 1959, con decreto del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e conta oggi circa 3500 abitanti.

                                                                                                                      Davide Casari 

 Ho utilizzato, oltre a piccole ricerche personali, questo materiale:

  • "Mirabello. Il territorio - L'uomo". Ricerca storica e cartografica a cura di Franco Rinaldi e Carlo Bione. La ricerca venne presentata presso il Comune di Mirabello nel 1980 come guida alla lettura della relativa mostra. La documentazione fotografica è di Ermanno Carletti.

  • "Cenni intorno a Mirabello" del dott. Filippo Cavicchi. Vennero presentati la prima volta sul "numero unico" dell'Inaugurazione del Campanile di Mirabello (ottobre 1905) e ripubblicati, con qualche correzione, sul Bollettino della Diocesi di Bologna nel settembre del 1911 dal quale si trasse un volumetto.

  • "Per la storia di Mirabello" del dott. Filippo Cavicchi. Si tratta di un quaderno scritto a mano e datato 17 ottobre 1907, Imola. Dovrebbe essere inedito. Le interessanti informazioni che riporta qui il Cavicchi non vennero stampate, forse perché molto "tecniche", nel volumetto successivo del 1911 (vedi sopra).

 

Indietro