Krzysztof Kieslowski

Precocemente scomparso a  55 anni (nato a Varsavia nel 1941 e morto a Parigi nel 1996)  Kieslowski ha fatto in tempo ad affermarsi in meno di un decennio come uno dei maestri del cinema mondiale , con la  forza della sua poetica e  delle sue innovazioni stilistiche .  Formatosi alla celebre scuola di Lodz ,  fino agli anni ’80 - eccettuato un suo primo lungometraggio , Senza fine, che già precorre le tematiche su cui svilupperà il suo cinema -  K. svolge soprattutto attività di documentarista .

In questa veste riprende le proteste operaie e popolari degli anni ’70  in Polonia , preludio al movimento Solidarnosh .  E  in quei primi anni  del movimento nasce il suo sodalizio con Krzysztof Piesiewick , che , oltre ad essere geniale scrittore di cinema , è stato avvocato difensore proprio in alcuni processi contro Solidarnosh . Piesiewick  diverrà  cosceneggiatore principe di K., e ad essi  si unirà il compositore Zibgnew Preisner  che firmerà le più importanti colonne sonore  del  regista polacco. Ed è  nella prima metà degli anni ’80 che nasce l’idea del celebre Decalogo : K. assieme a Piesiewitck  visita una mostra di affreschi rinascimentali in cui sono rappresentati i vari comandamenti delle tavole bibliche. Sull’onda  delle suggestioni  di quella mostra , tra i due emerge il progetto di elaborare  cinematograficamente  dieci episodi che , partendo ognuno da un comandamento , se ne serva come spunto e  “provocazione” per un affresco sulla condizione dell’uomo contemporaneo. E’ un’opera titanica e  praticamente “impossibile” sulla carta , pena il rischio di un risultato mediocre se non grottesco, considerati anche gli scarsissimi mezzi a disposizione dei due autori : gli episodi sono infatti finanziati solo dalla televisione di stato polacca e sono concepiti unicamente come film brevi di 50’-55’ l’uno, destinati appunto , in  dieci puntate,  al piccolo schermo. Questi film brevi vengono elaborati tra il 1887 e il 1888 ed escono nel 1988-89  . Contemporaneamente al  Festival di Cannes del 1988 vengono  proiettati in edizioni più lunghe il 6° episodio ( “Non commettere atti impuri” )  a titolo “Breve film sull’amore” e il 5° ( “Non uccidere”) a titolo” Breve film sull’uccidere”. La critica rimane subito impressionata  da  questo autore  e nasce così il “caso Kieslowski”.

Nel 1990 i circuiti d’essai d’Europa cominciano a proporre il Decalogo in cicli settimanali di 2 episodi ognuno . Tra i primi a proporre l’opera  ( e il primo in Italia)  è il circuito fiorentino dell’Alfieri Atelier . Da fenomeno iniziale soprattutto presso un pubblico di  cinéphiles, Kiesslowski comincia a diventare un autore riconosciuto in altre fasce e distribuito su scala mondiale .Si trasferisce a Parigi e  comincia ad avere mezzi più importanti con multiproduzioni europee a dominante francese.E’ del 1991 La doppia vita di Veronica , dove il tema dell’identità e appunto del “doppio”, già delineata in vari episodi del Decalogo , prende consistenza in uno straordinatrio personaggio femminile.

Tra il 1993  e il 1994 Kieslowski  realizza la cosiddetta “Trilogia del colore” , “Film Blu”, “Film Rosso , “ Film Bianco” .  Qui lo spunto è derivato dai tre colori della bandiera francese e ai tre grandi temi ideali che essi rappresentano : il “rosso” la fraternità , la passione ; il “Blu” la libertà, il “bianco” l’eguaglianza . In ognuno di questi episodi si distinguono attori ed attrici straordinari : Jean Louis Trintignant  e Irene Jacob in “Rosso” , Juliette Binoche in “Blu” , e Jerzy Stuhr in “Bianco”.  Ma ancora più straordinario  è appunto il modo in cui, a partire da questi spunti, Kieslowski riesca a restituirci i molteplici aspetti dell’esistenza,  i chiaroscuri e le varie forze che si agitano dietro ad ogni agire umano e  il discorso sempre aperto e mai concluso sui sensi  della vita . Questo modo particolarissimo racchiude la cifra distintiva del suo essere maestro , e non solo di cinema.  Il tono dei suoi film non è mai quello di un’elucubrazione filosofica, né comunque  di un soggetto “ a tesi”,  confessionali o laiche che siano. In realtà il parlato è sempre discreto e distillato, e la recitazione degli attori è in costante “sottrazione” . In tutto ciò  emerge  la sfolgorante serie di immagini con cui  riesce a parlarci , l’intensità e la sintesi del  narrare , i dettagli simbolici con cui colpisce le  emozioni ,ma arriva  anche alla nostra intelligenza. Prima di morire Kieslowski aveva già in parte elaborato le sceneggiature per un'altra affascinante“Trilogia”:   quella dei tre canti della Divina Commedia . E’ certo che il rammarico per la perdita di questo grande autore è ancora maggiore nel considerare quanto ci ha offerto in meno di un decennio e quanto avrebbe ancora potuto darci.

IL DECALOGO  / ATTO PRIMO / IO SONO IL SIGNORE DIO TUO : NON AVRAI ALTRO DIO ALL’INFUORI DI ME

La prima cosa che ci  “aggalla” instintivamente dopo aver visto il primo episodio del Decalogo - ed essere entrati nel fascino aspro dei suoi successivi 9 “film brevi” – è la riflessione di quanta pellicola si spreca nel cinema attuale per inseguire effetti speciali a tutti i costi e quanto sterile e fuori luogo sia il ritornello puntuale sulla mancanza di “idee”, causa ( e afflizione) del suddetto cinema  d’oggi. Kieslowski ci dimostra come , con pochi mezzi , senza grandi ambientazioni , si possa condensare in 55’ un cinema ricchissimo  e creativo, rara  sintesi di immagini, emozioni, suspence , con soluzioni geniali di macchina,luci, dettagli , mediante cui veniamo proiettati nel cuore dei sentimenti e dei bisogni che ci abitano ogni giorno , e contemporaneamente avvinti dall’intensità del narrare . Eppure Kieslowski ha girato il Decalogo quasi vent’anni fa . Eppure lo ha  girato nella periferia di Varsavia in un quartiere di ceto medio , agli albori del crollo del Muro di Berlino . Eppure, nonostante tutto ciò,  le vicende dei   vari personaggi, alcuni dei quali  si incontrano casualmente nell’ascensore di un condominio o lungo la strada provenienti da episodi diversi,  sembrano appartenerci e ci rimbalzano tutta la loro attualità. 

Già i titoli dei suoi primi film per la tv ( Il caso, Senza fine, Destino cieco )lasciavano presagire lo sviluppo tematico successivo che avrebbe intrigato l’autore di Varsavia. I film del Decalogo individuano una condizione esistenziale, ma anche sociale e culturale ,  e su questa fanno intervenire l’imprevisto che appunto per alcuni è “il caso” , per altri “il destino cieco” . Non vi è un atteggiamento nichilista in questo , ma  “sacrale” in senso laico : porsi di fronte al terribile e all’indecifrabile della vita , e starci ponendosi le domande ultime in cui ci imbattiamo , volenti o nolenti , nella nostra quotidianità . E , a queste domande, formulare risposte sempre aperte , dai margini bianchi sempre da riempire, “senza fine” , come nella migliore tradizione talmudica o del pensiero critico occidentale. Kieslowski non giudica, né sceglie , ma osserva; non con gli occhi dell’entomologo, ma con quelli  partecipanti  di un giovane testimone muto, che  ricorre di volta in volta, nei momenti cruciali dei vari episodi. C’è una sorta di compassione e  condivisione delle fatiche,travagli,dolori dei personaggi  rappresentati . Lo sguardo di Kieslowski è uno sguardo ravvicinato, con uso dei primi piani, e con i suoi personaggi chiusi spesso in spazi ridotti.  E poi l’uso dei dettagli che , senza cadere in simbolismi astrusi , fa diventare direttamente metafore incalzanti e prerivelatrici , una macchia d’inchiostro che si spande, una carogna di cane congelata, delle piante che appassiscono, la goccia che cade da una conduttura, la mosca che disperatamente cerca di risalire verso l’orlo del bicchiere .Nel primo episodio , che ha per titolo appunto Io sono il Signore Dio tuo : non avrai altro Dio all’infuori di me” ,  a contendersi idealmente l’animo del bambino - che poi sarà vittima in qualche modo di questi due modi di concepire l’esistenza – da una parte  vi è il padre , intellettuale scientista , che pensa che tutto possa essere ridotto a calcolo matematico , dalla lingua alle nostre funzioni concrete – e , pertanto , previsto e programmato scientificamente . Dall’altra la sorella del padre, la zia del bimbo, un’insegnante che  è animata da una fede religiosa . Ma Kieslowski non prende parte né a favore dell’uno, né dell’altro : in ognuno rileva frammenti di umano , e la negazione di Dio da parte del padre, ha la stessa grandezza umana della fede della zia. Verrebbe da pensare che il modo drammatico in cui evolve l’episodio rappresenti la sconfitta del razionalismo materialista ad ogni  costo : il computer diceva che il ghiaccio sul lago  a quella temperatura non doveva rompersi, e che quindi il bimbo poteva andare a pattinarci senza pericolo.E invece il ghiaccio si rompe, e il bimbo annega . La scena  dell’attesa di notte , di fronte al lago infranto, e alle macchine dei soccorsi, che  fanno emergere i corpi delle vittime, di fronte a una folla muta e in ginocchio, con la musica di Preisner che monta e pervade, è una delle scene di cinema più alto degli ultimi vent’anni. Ma  Kieslowski non oppone ,allo scacco dello scientismo neopositivista ,la fuga sic et simpliciter nella fede assoluta .Il protagonista va sì in chiesa, va di fronte al tabernacolo, di fronte all’immagine della Madonna , ma lo rovescia . E la Madonna sembra versare una lacrima. Ma altrettanto bene K. ci mostra che essa è provocata dal calore delle candele che liquefano la tela L’uomo di fronte al mistero si ribella, chiede perché,ma la risposta è sempre aperta. E Kieslovski  accompagna questo travaglio con rispetto e pietas.