Terrence Malick

(a cura di Sam Sassoli)

Padre geologo di origine libanese, madre irlandese, il cognome in arabo significa “re”, Terrence Malick (Stati Uniti – Texas- 1943) è una leggenda vivente e soltanto con 4 film in trent’anni di carriera!

Mito della regia, enigmatico ed emblematico, si esprime caratterizzandosi per un autoisolamento senza compromessi in cui non c’e’ spazio per interviste, serate di gala o conferenze stampa; del tutto inaspettata la comparizione al festival di Berlino per “la sottile linea rossa”.

Non a caso odia la televisione considerata diseducativa e vera e propria spazzatura.

La ricerca di una sua foto è un’impresa ardua, tanto che, nella notte degli oscar 1999, nel corso del filmato di presentazione delle nominations alla regia, nella sequenza a lui dedicata non è apparsa nessuna immagine che lo ritraesse, se non la sedia della regia con dietro scritto il nome.

Laureato ad Harward, dopo essersi mantenuto agli studi di psicologia e filosofia lavorando presso una fattoria, è personaggio eccentrico, poliedrico, non è solo cineasta eccezionale ma anche insegnante di filosofia, giornalista e pure ornitologo (non a caso le sue descrizioni della natura sono di grande lirismo e di radiosa intensità).

La sua è una cinematografia caratterizzata da una insistente e per ceti versi ardua narrazione, anche per la presenza di una continua ed ammaliante voce off (voice over- voce fuori campo).

Questo dettaglio, tutt’altro che trascurabile, ci fa intuire appieno la poetica di Malick, percepire il mondo dall’esterno e dall’interno nello stesso strabiliante modo : la voce off è una narrazione si’ esterna ma che riempie l’animo e la mente dello spettatore ed ha la capacità di diventare la voce stessa di chi guarda il film.

In un certo senso il narratore off è, in Malick, il nostro inconscio che a poco poco prevale su di noi.

Questo modo di procedere si riscontra soprattutto nei primi due film dove le scene, la trama, il vissuto dei personaggi viene narrato attraverso l’introspezione individuale dei pensieri.

Diverso è il caso de “La sottile linea rossa” dove le voci addirittura si moltiplicano e sfociano nelle più recondite emozioni che diventano stavolta “corale dell’animo inquieto”, eco tribale di un mondo di silenzi che sconfina nell’urlo.

Malick esordisce nella settima arte come autore dell’interessante sceneggiatura di

“Per una manciata di soldi”, del 1972, diretto da Stuart Rosemberg, con il polveroso e rigido Lee Marvin e Paul Newmann protagonista e produttore.

Nel 1973 il primo film come autore “La rabbia giovane”;

si tratta di un dramma psicologico ispirato ad un fatto di cronaca , lo spettatore resta in bilico tra coinvolgimento assoluto e distacco feroce dai protagonisti, due adolescenti che si lasciano dietro, in giro per gli stati uniti, una scia di omicidi.

I volti dei fuggiaschi, sono quelli indelebili di due attori ancora acerbi; la splendida Sissy Spacek, con le gote rosa di chi ancora vive nel mondo dei fumetti, così adatta a far trasparire tutta l’innocenza e l’alienazione del contesto e poi il ruggente Martin Sheen provetto Brando che gioca allo specchio fingendosi duro.

Nel 1978 esce nelle sale il suo secondo film “I giorni del cielo”, premio per la miglior regia al festival di Cannes, ma anche New York film Critics Award, premio Oscar della fotografia (in 70 millimetri) e tante altre onorificenze.

Da molti viene ritenuto il film a colori più bello visivamente parlando; del film va ricordata anche la splendida colonna sonora di Morricone .L’opera viene acclamata dalla critica di tutto il mondo; nella storia ancora un dramma  psicologico ed una fuga.

Il cinema di Malick non somiglia a quello di nessun altro: i suoi personaggi, soprattutto ne “la sottile linea rossa”, sono soli e sempre disperati, restano a lungo nella memoria dello spettatore, difficile il godimento dello spettacolo cinematografico, che diventa uno studio sulla cattiveria, la codardia, il coraggio e le debolezze ancestrali dell’essere umano; la narrazione e lo stile filmico, caratterizzati continuamente dalla voce fuori campo è resa con un poetico ma decisamente inquietante tono introspettivo; la macchina da presa, a parte la cura maniacale dei dettagli, scruta con occhio affascinato una paradisiaca natura suprema e sconfinata indifferente agli avvenimenti.

Le inquadrature, perfettamente strutturate, sono opportunamente eleganti e i volti degli interpreti, braccati da spietati primi piani, appaiono in tutta la loro sconvolgente realtà.

Un cinema per così dire “bigger than life”, la realtà di Malick è la realtà della natura come governatrice assoluta degli istinti umani.

Questo continuo sconfinare corrisponde metaforicamente all’incapacità dell’uomo a restare dentro la natura, dentro un ambiente naturale strutturato e quindi la fuga è l’unica alternativa, in un altro stato, in un altro mondo anche, ma pur sempre si è inseguiti dal destino, componente insita della stessa natura, primordiale ed eccelsa.

Un altro aspetto di Malick è una sorta coerente lentezza; lento ad esempio è stato il parto de “la sottile linea rossa” , tratto da un romanzo autobiografico di 500 pagine di James Jones scritto nel 1962, Malick ha impiegato ben 10 anni per riadattarlo cercando di mantenere il benché minimo dettaglio dello scrittore.

Lento nella stessa realizzazione dei film, si pensi che la sottile linea rossa (1998) viene  dopo 20 anni di silenzio, anni nei quali  Terrence si è ritirato in Francia dedicandosi alla sue attività intellettuali, filosofiche soprattutto e alla realizzazione de “la sottile linea rossa”.Dopo 20 anni tuttavia la sua lentezza è stata di grande coerenza e ha portato alla realizzazione di un capolavoro.

La sottile linea rossa è un allucinato e visionario affresco sugli orrori della guerra e sullo sperdimento dei soldati di fronte a tale incubo. Incubo sembra essere la parola più adatta, ben fotografato dalle immagini che sono di un’intensità disarmante, a volte sfiorano la schizofrenia.

Il cinema di Terrence malick reca un messaggio fortemente antropologico dove l’uomo “rabbioso” e desideroso di soprusi, uccide per assicurarsi il predominio, oppure, “obbligato” lo fa perché costretto dalle sue stesse regole sociali.

In opposizione a Salvate il soldato Ryan di Spielberg, dove c’e’ sempre qualcuno da salvare e da riportare a casa per un messaggio di speranza finale, nel cinema di Malick de “la sottile linea rossa” il punto focale della narrazione è nelle crudeltà ma soprattutto nelle incongruenze che guidano l’assurda ferocia dell’essere umano, nella perdita di qualsiasi dignità dove nulla si salva e nessuna speranza sopravvive.

La fortuna di Malick e soprattutto l’entrata ormai perenne nella leggenda gliel’hanno assicurata alcuni collaboratori d’eccezione: in primis va citato il fotografo “Nestor Almendros”, tra i più grandi di sempre, purtroppo scomparso nel 92, protagonista di quei colori così densi e stranianti al tempo stesso ne i “giorni del cielo”.

Eppoi certe atmosfere della campagna americana ne “la rabbia giovane” , ricordano per certi aspetti i paeasggi di Hopper, sembrano appartenere a un mondo in apparenza calmo e rarefatto eppure velato da un’’inquietudine sottile e penetrante.

Gli stessi attori che Malick sceglie sono spesso pienamente azzeccati, pensiamo al mefistofelico Warren Oates, padre tirannico e artista fallito in “la rabbia giovane” o al giovane ed estatico Richard Gere ne “i giorni del cielo”, o al team eccezionale de “la sottile linea rossa” in cui stavolta veleggiano Nick Nolte e Sean Penn.

I suoi attori sono appieno ciò che il regista desidera, simboli della potenza e della complessità della natura, persone capaci di ruoli alterni, ambigui, in cui comunque il male prevale sul bene. Tutti i film di Malick sono film anzitutto antropologici, persino l’ultimo molto discusso “The new world (2005) dove l’america viene riscoperta in tutte le sue splendide contraddizioni ma dove, come in tutti i suoi film, ciò che conta di più è l’immagine.L’immagine come specchio dell’incontro tra natura e uomo, l’immagine come poesia di un artista che ha saputo coniugare la filosofia al cinema, la storia alla psicologia individuale.