"Lamerica" di Gianni
Amelio (1994)
ITA-FRA 1994 REGIA: Gianni Amelio
ATTORI: Enrico Lo Verso,Carmelo Di Mazzarelli, Michele
Placido, Piro Milkani, Elida
Janushi, Esmeralda Ara.
Dopo Il
Ladro di bambini Amelio con
Lamerica allarga gli spazi del
racconto , e lo scenario geografico e temporale si allarga a dismisura
in un film epico di grande coralità , per nulla
condiscendente con lo spettatore E’ infatti
un film che turba , spiazza
e inquieta e che
nel contesto del nostro cineforum ci
permette di fare molte osservazioni e
riflessioni sui termini del rapporto tra cinema
e spettatore e che pone con forza interrogativi
e questioni sulle varie
forme di linguaggio cinematografico .
Per dissipare un equivoco che potrebbe fuorviare
grandemente la fruizione de Lamerica
, va subito chiarito che esso non è un film sull’Albania , ma in realtà sull’ Italia , e ancora
di più sulle tragedie di qualsiasi
dopoguerra ,
sulle ferite , sullo sbandamento collettivo
che prende al crollo di un
regime, di un sistema di valori , sulle radici del dolore e dei bisogni che
conseguono al vuoto di riferimenti e di
civiltà che tale crollo trascina..
L’Albania del post- crollo del
Muro di Berlino , è quindi per Amelio una
metafora di una condizione umana cosmica
, e Lamerica
è in realtà il viaggio in un paese “ astratto” , in un immaginario collettivo che
ci riguarda tutti , nel nostro passato, presente
e futuro : un grande affresco “astratto”, una costruzione meta-reale di una
realtà in fallimento . Lamerica
, in questo senso siamo noi stessi , siamo ciascun uomo
, e infatti nelle scene finali i volti
degli albanesi sulla nave
in esodo verso le coste pugliesi alla fine diventano ( si trafigurano ne)
i volti della nostra gente emigrata
cent’anni prima per
un'altra “lamerica” . “Come
rappresentare tutto questo , raccontarlo attraverso il cinema
, qual’era lo “sguardo’ giusto
, onesto da adottare per questo mondo ?” , si chiedeva Amelio mentre
elaborava il film . E quello che viene fuori
è il fascino di un percorso artistico, di una ricerca
straordinaria , una vera e propria esplorazione di un linguaggio nuovo , eccentrico
rispetto alla tradizione : anche questa sarà materia
di discussione e di analisi
nel nostro dibattito .
Per parlare di queste “ verità” de Lamerica
in definitiva Amelio
si convinceva che “ lo sguardo ‘neorealista’ , con un’immagine povera, sgranata e
mezzi di fortuna, sarebbe stato ipocrita” oltre che inadeguato .
La macchina da presa doveva cogliere l’istante in cui un uomo qualsiasi
viene casualmente travolto da quello che si rivela essere un girone dantesco .
Ecco quindi la scelta del cinemascope , non per spettacolarizzare
una narrazione epica , ma per riflettere lo sguardo spaventato
di quell’uomo , per disegnare scenari
mai a misura umana , con il
teleobbiettivo che schiaccia gli
emigranti in costante corsa sui più
disparati e sovraffollati mezzi di trasporto, con una luce dai toni sempre lividi. Amelio
era fin dall’inizio del progetto perfettamente consapevole di star facendo un
film sull’Italia, e di andare in Albania per
“dissotterrare l’Italia dei padri” , della memoria storica di generazioni
di emigrazioni , dello sfacelo del paese dopo la guerra ,
e nel contempo per affrontare in chiave traslata il proprio doloroso vissuto di
ragazzo calabrese con padre emigrato in America che non
richiamava mai
la famiglia a ricongiungersi
con lui. Lamerica
è quindi una ricognizione
interiore , profonda che come una
sorta di Paisà scopre aneddoti, situazioni , incontri
, in un’epica della solitudine , che porta a morire inosservati e in
silenzio su un camion stipato di
gente , vittima di un doppio accecamento: perché
insegue sogni fasulli e questi sono sogni che appartengono agli altri.
Alla fine , dai primissimi piani sui volti dei giovani che sulla nave sorridono
puliti , si può cogliere
il contrasto tra l’orrore del presente e la speranza del futuro , tra
il fango di cui è fatto l’uomo e lo scintillìo che a volte lo anima. E’
questo è l’ elemento dinamico , vitale che Gino/Lo Verso e gli spettatori
potranno raccogliere . Se vorranno.
E via
di questo passo per affrontare
assieme nel dibattito,
criticare anche, i termini di questa avventura artistica che indipendentemente dai suoi esiti ha smosso e sprovincializzato le acque del nostro cinema,
indicando nuove direzioni , su cui
“osare”.