"Così ridevano" (1998)

Italia 1998 REGIA: Gianni Amelio

ATTORI: Enrico Lo Verso, Francesco Giuffrida, Claudio Contartese, Vittorio Rondella, Irene Vistarini, Paolo Sena

Assieme al Ladro di Bambini e a Lamerica , Così ridevano ( Leone d’oro a Venezia 1998 ) completa una ideale trilogia : anche qui la storia di esistenze proletarie , il rapporto in filigrana tra adulti e adolescenti , qui in un arco di tempo tra il 1958 e il 1964 a Torino . Anche qui la Storia , lo scorrere del tempo , raccontata attraverso le passioni , le inquietudini e le contraddizioni di due esseri umani . L’amore fraterno non era stato mai rappresentato al cinema in modi così accesi e profondi , nella cornice del cosiddetto “familismo amorale” alimentato tra le genti del Sud italiano. In questa storia si rispecchiano gli anni cruciali della grande immigrazione al Nord di tanti meridionali , in una enorme rivoluzione che trasformava la società italiana e le sue culture da contadine a urbane , con una violenza di mutamento sociale che feriva soprattutto le esistenze “ultime”. A prima vista viene in mente Rocco e i suoi fratelli , altri hanno pensato anche a Scorsese , ma , a parte l’ispirazione , questo grande film di Amelio ha un suo stile personalissimo . Qui l’esplorazione sociologica , cede alla dimensione del dramma , l’intento documentario diventa soprattutto romanzo anche nella struttura del film in sei capitoli . Se ne Lamerica si cercava di togliere il più possibile colore ( la luce , anche nel giorno, era soprattutto livida ) in un film fotograficamente poco contrastato , in Così ridevano i neri sono profondissimi e i rossi color del sangue : la straordinaria fotografia di Luca Bigazzi in super35 rende un effetto sgranato , in rapporti di luce molto accentuati . In una Torino ripresa come una città dal fascino misterioso e senza confini , come l’indefinita quintessenza della città del nord, il film è un susseguirsi di splendide immagini piene di sintesi metaforica , ma il tutto con lievità, senza appesantimenti intellettualistici. Si vede la grande capacità di Amelio di raccontare una storia con linguaggio cinematografico elegante e nello stesso tempo appassionato , in una continua ricerca del mezzo espressivo più adeguato a rendere un’atmosfera , uno stato d’animo , ma senza cercare ruffianerie , a costo di risultare arduo. In Così ridevano , per rendere la durezza e la fisicità propria dell’ambiente sociale e culturale in cui effettivamente i due fratelli vivono , c’è l’uso del dialetto strettissimo, a volte di difficile comprensione , e da qui una grande essenzialità visiva e sonora : per esempio nell’ultimo episodio si intrasentono come dei rumori ,mentre c’è il pranzo all’aperto , proprio per ridare il sapore di certi film anni ’60 con una colonna sonora piatta, con rumori mescolati. E’ un film inquietante , di grande intensità , che emoziona e nello stesso tempo lascia tracce indelebili di riflessione . E’ un film molto più spietato dei due precedenti di questa trilogia . Nel Ladro di bambini per esempio alla fine si lasciava intravedere una qualche conciliazione nel rapporto tra i fratelli, con la bambina che copre con la giacchetta le spalle del fratellino che ha freddo e che accetta senza più scontrosità questo contatto affettuoso . Ne Lamerica Loverso/ Gino vive un’odissea e viene spogliato poco a poco del suo essere occidentale rampante e consumistico fino ad albanesizzarsi. Dallo sguardo sempre più assorto e angosciato sembra capire profondamente il cambiamento che lo attraversa e quando il vecchio sulla nave poggia la testa sulla sua spalla lui non si sposta, accetta quest’uomo che dorme e forse che muore, come una specie di Enea che si porta sulle spalle il padre Anchise dopo la caduta della sua civiltà. In Così ridevano Lo Verso/ Giovanni è uno che è diventato un altro e non se ne rende conto . Addirittura è uno che condanna al carcere la persona che più ama e vuol continuare a credere di farle ancora del bene : perde il treno per accompagnare il fratello , perché è andato a prendergli una gazzosa “ per fargli ancora del bene” , e rimane con questa gazzosa in mano prigioniero del suo “familismo amorale” e della mancata coscienza della sua integrazione negativa di ex proletario , che ha perso ogni radice , mentre il fratello con lo sguardo perso e disperato, deve sorbirsi dall’educatore/accompagnatore , sul treno che lo riporta al carcere , le barzellette sceme e crudeli per la sua condizione, tratte dalla rubrica dei lettori “ Così ridevano” della ‘Domenica del Corriere’. E parte la canzone di Neil Sedaka. A schermo ormai buio .