"Kaos" (1984)

di Paolo & Vittorio Taviani

ITALIA 1984 REGIA Paolo e Vittorio Taviani Durata 160 min.

ATTORI: Margarita Lozano, Claudio Bigagli, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Biagio Barone, Omero Antonutti, Regina Bianchi.

5 episodi da "5 Novelle per un anno" di Luigi Pirandello:

L’altro figlio, Mal di luna, La giara, Requiem, Colloquio con la madre.

Splendido esempio di come si possa partire da testi di grande  strutturazione  come queste novelle pirandelliane , senza cadere nell”illustrazione”, ma anzi amarle  veramente e rispettarle , scomponendole in parte e facendole rivivere “ tirando fuori tante cose nostre , come da una cascata che mischia l’acqua sua con la nostra”.  Il Pirandello qui scelto dai Taviani  parla del mondo dei contadini siciliani, del dolore, della sofferenza  e anche del grottesco e del paradosso, con una capacità unica  di utilizzare anche storie banali  per arrivare al sublime e all’universale.  I Taviani hanno illuminato la pietas virile  di cui sono intrise queste storie e , dal naturalismo delle novelle originarie , hanno esternato scenari, gesti ed azioni secondo un’enfasi melodrammatica  ed epica, nel senso alto  da loro  spesso raggiunto. La musica evocativa di Nicola Piovani sottolinea questa epica ,  e il corvo  catturato e poi liberato nel prologo -  e  che congiunge i vari episodi tra loro  col suo scampanellìo e il suo volo  sopra  le umane vicende -  non è un segno di malaugurio, ma di   una sorta di riscatto per chi ha le ali tarpate e non può spiccare il “grande volo” . Kaos come il nome greco del borgo natale di Pirandello, Kaos ancora inteso non come confusione ,  ma  come intreccio complesso ed armonico di tante storie una insieme all’altra , una galassia  di emozioni ed immagini  con un legame misterioso e affascinante ,  significato dal  volo del  corvo. Le soluzioni espressive con cui cinematograficamente i Taviani  hanno interpretato queste Novelle sono magistrali  sia nei movimenti della macchina da presa che  nell’uso del colore e della luce  : per esempio ne La giara c’è la ricerca di un colore tipo  thè sull’oro , mentre Mal di luna non a caso è tutto blu , e  nel Colloquio con la madre - per il racconto che questa fa di quando tredicenne  viaggia con i genitori verso l’esilio sulla tartana -  l’isola della Pomice  appare  in  un abbagliante connubio  di  bianco e azzurro  , e ne L’altro figlio, il dramma della migrazione , di queste tante “esistenze destituite” , avviene su un sentiero assolato , in una natura avara ma bellissima  , e gli addii si piangono con i rami del salice , con una pianta grassa ai bordi della strada che resiste caparbia nella speranza e nell’illusione :  come  la madre che scrive invano ai suoi figli lontani e intanto allontana quello vicino.   Oltre a questa , tante altre sono le immagini memorabili che rimangono impresse  : in Mal di luna il dolore  dell’uomo sotto la luna  che urla straziato e  scuote all’infinito un contorto piccolo ulivo , e ancora l’incantamento di lui  bimbo sempre sotto la luna mentre la madre falcia di notte in  una dimensione  autenticamente universale ; e  sempre la luna  “stimola”  la danza arcaica che  i contadini fanno attorno alla giara,  in un rito propiziatorio della fertilità e assieme   ricompattamento comunitario  rispetto  alla proprietà feudale, mentre in Requiem ritrovano coesione  attorno al cimitero , come  un atto  fondativo di un nucleo civico primario , proprio  come  dalle necropoli  nascevano gli embrioni della civitas; e nell’epilogo ,  Pirandello che in carrozza  ripassa per la piazza e ripercorre  tutti i luoghi salienti degli episodi precedenti, il sentiero lungo il mare, gli uliveti che lo spettatore riconosce , ritrovando volti e paesaggi  già incontrati. Sul canovaccio pirandelliano i Taviani  inseriscono    simbolismi legati  alla dimensione dell’eros e della fertilità , specie in Mal di Luna e ne La giara ,  e i riferimenti alla dimensione profonda, inconscia  della condizione  umana  sono  visivamente  resi  anche  nel contrasto  tra  gli interni oscuri , onirici e gli  spazi esterni  pieni di luce , dove ogni fotogramma ha la grana  di pitture ora impressioniste, ora rievocanti Pelizza da Volpedo. E  poi  i  magistrali movimenti della macchina da presa  che allestisce sempre  una  scena   totale ricavandola  dal paesaggio,  adeguandola di volta in volta alla  drammatizzazione dei quattro  episodi e  creando  autentiche  “platee” e “balconate” naturali , dove  si intrecciano i vari punti di vista dei protagonisti e comprimari , suggerendo le reciproche  rappresentazioni : l’occhio di chi guarda e seleziona, e a sua volta è visto, in un narrare organizzato come un palcoscenico girevole. Proprio come atti unici di un’opera “cantata” , con poesia e pathos , dalla  macchina da presa .

I REGISTI DI KAOS: I  FRATELLI TAVIANI

Paolo e Vittorio Taviani  sono nati entrambi a San Miniato di Pisa  rispettivamente nel 1931  e nel 1929 Con Valentino Orsini formano inizialmente un “collettivo” di lavoro  e dopo aver firmato alcune regie teatrali , nel 1954 passano al cinema realizzando diversi documentari. Dopo la collaborazione con J.Ivens  alla sceneggiatura e regia di L’Italia non è un paese povero , dirigono nel 1962 Un uomo da bruciare, liberamente ispirato alla vita e all’assassinio mafioso del sindacalista siciliano Nicola Carnevale ( Gian Maria Volontè ), e nel 1963 I fuorilegge del matrimonio sul tema del divorzio . Distaccatisi da Orsini realizzano poi nel 1967 I sovversivi che conferma la loro rigorosa adesione ad un cinema civile , rivolto a un’indagine critica della società italiana  e a una riflessione sui problemi e le crisi della sinistra , non disgiunte da  una ricerca profonda di invenzione espressiva e linguistica.  Questa ricerca  stilistica dà i suoi frutti  nella tensione allegorica  di Sotto il segno dello scorpione  ( 1969 ) (G.M.Volontè, Lucia Bosè, Giulio Brogi ) ,originale  e anche inquietante  apologo ideologico in forma di favola mitica , sullo sfondo di un’epoca arcaica ,il cui conflitto di base riguarda la diversa concezione  che dello sviluppo storico possono avere due generazioni e due tendenze rivoluzionarie.

Questo tema ritorna nel 1971 in San Michele aveva un gallo , che ha al suo centro la  figura di un  anarchico internazionalista  (interpretato da  Giulio Brogi ) di fine Ottocento - film da molti considerato la loro opera più risolta -  e nel 1974 in Allonsanfan ,  con Marcello Mastroianni nei panni  di un patrizio lombardo , ex giacobino , ex ufficiale di Bonaparte  che  nel periodo della restaurazione  tradisce i compagni di lotta.  Ricorrendo qui  a Visconti  e al melodramma ,per travisarlo criticamente, i Taviani rimescolano ancora le carte della narrazione tradizionale  e continuano la loro riflessione  sulla sinistra politica : grandi anche   Laura Betti, Lea Massari, Mismy Farmer . Nel 1977  con  Padre padrone  vincono  la Palma d’oro a Cannes , narrando, dal romanzo autobiografico di Gavino Ledda , la lotta di un pastore sardo ( Saverio Marconi ) contro le regole del suo mondo patriarcale ,  rappresentato dal genitore ( Omero Antoniutti ) ,  alla ricerca di una nuova libertà e identità. E’  un film intenso e lucido  “che assomiglia al paesaggio sardo : ventoso e scabro, enigmatico e violento , soffuso di una luce che gli dà la nobiltà maestosa  di un quadro antico” . Nel 1982 La notte di San Lorenzo , ancora con Omero Antonutti, Margarita Lozano , Claudio Bigagli , Massimo Bonetti , tutti già in Kaos : è un’ elegiaca e fantastica rievocazione  di un episodio minore della seconda guerra mondiale in Toscana , in continua oscillazione tra ricordi personali e memoria collettiva : riceve ancora a Cannes il premio speciale della Giuria. Nel 1984 Kaos , ispirato alle Novelle  per un anno di Pirandello , inaugura un ricerca che  porta i Taviani a confrontarsi  con grandi testi della tradizione lettararia e che produce, nel corso degli anni,  nel  1990 Il sole anche di notte ( Julian Sands , Nastassia Kinski  , Rutger Vogler ) da un racconto di Tolstoj , nel 1996 Le affinità elettive da Goethe ( con Fabrizio Bentivoglio e Isabelle Huppert ),  e  nel 1998 Tu ridi , ancora da Pirandello, A proposito di questa  versione cinematografica  da  Le  affinità elettive , Morando  Morandini  ha scritto che “ i Taviani hanno fatto un film che ha la progressione di una tragedia di Racine , lo splendore e la freddezza di un diamante , la raffinatezza cromatica e scenografica  del rococò, combinata col nitore neoclassico e i primi brividi del romanticismo” . Meno riuscito , nella seconda fase della loro carriera , Good Morning  Babilonia ( 1987 )  ( Greta Scacchi, Nicolas Cage , Vincent Spano ) ,  epica e fastosa ricostruzione della vita e delle figure di due scalpellini toscani che si ritrovano a lavorare in America sul set  di Intolerance di Griffith . Fiorile ( 1993 ) invece è un’ allegoria patinata  circa l’ attrazione che il denaro esercita  sulla borghesia , attraverso  la storia di una famiglia toscana dal ‘700 ad oggi : anche in questo film l’eleganza stilistica è meno incisiva rispetto  ai momenti più felici dei Taviani.